Latina

Ancora non si placa la disputa sui fatti del 26 giugno scorso: colpo di stato o autogolpe?

Bolivia: l'autodistruzione del Movimiento al Socialismo

La guerra senza quartiere tra il blocco a sostegno di Morales e quello a favore di Arce ha finito per lacerare il partito, i sindacati e i movimenti sociali
17 luglio 2024
David Lifodi

Bolivia: l'autodistruzione del Movimiento al Socialismo

Colpo di stato o autogolpe? A più di due settimane dall’azione promossa e coordinata dall’ormai ex comandante delle Forze Armate Juan José Zúñiga insieme ad un manipolo di militari per destituire il presidente Luis Arce, sono ancora in molti, in Bolivia e non solo, ad interrogarsi sui fatti del 26 giugno scorso.

Premesso che l’oligarchia boliviana di certo non si sarebbe opposta al tentativo di rovesciare Arce, la crisi e la fratture al suo interno restano evidenti, per non parlare di quelle, ancora più profonde, interne al governativo Movimiento al Socialismo (Mas), dilaniato da una guerra fratricida tra evistas e arcistas che si prolunga da ormai troppo tempo e che sembra ben lontana dal concludersi.

La trentina di militari che ha seguito Zúñiga non ha provocato una sollevazione generale contro il Mas dalle caserme, anzi, ha trovato una forte mobilitazione popolare contro il tentativo golpista, in pratica l’unico momento in cui evistas e arcistas si sono trovati dalla stessa parte. Fa riflettere anche il fatto che, oltre alla stragrande maggioranza dei militari, è rimasta a guardare anche l’estrema destra boliviana, i cui principali esponenti, dall’ex inquilina golpista di Palacio Quemado Jeanine Añez a Luis Fernando Camacho, animatore, tra le altre cose, delle squadracce razziste e fasciste dell’Oriente boliviano, sono in carcere.

Quanto agli Stati Uniti, la mancata condanna del tentato golpe e la sibillina comunicazione in cui da Washington aspettavano di vedere l’evoluzione degli eventi, potrebbe far pensare ad un loro coinvolgimento, anche se l’Osa, l’Organizzazione degli Stati americani, nota per le sue posizioni molto spesso reazionarie, ha invece condannato il golpe.

In una situazione così complessa, resta il fatto che, in occasione delle prossime presidenziali, solo un candidato potrà rappresentare il Mas, Evo Morales o Luis Arce e questa forte polarizzazione all’interno del partito di governo rischia di favorire, dall’altro lato, la crescita di figure estremiste come già avvenuto in Argentina e Brasile.

Secondo quanto riportato da pressoché tutti gli organi stampa, Arce ha intimato al generale Zúñiga di rispettare l’ordine costituito, ma all’interno del Mas gli arcistas hanno incolpato gli evistas del tentato golpe e viceversa. In questo contesto si inserisce, inoltre, la guerra per il controllo del litio, a cui gli Usa sono fortemente interessati, la volontà di Arce di far aderire la Bolivia ai Brics, firmare trattati commerciali che difficilmente avranno come beneficiari i settori più deboli del paese ed una guerra senza quartiere, a discapito del paese, tra lo stesso presidente e Morales, suo antagonista all’interno del Mas.

Sono in molti a definire evismo e arcismo come due facce della stessa medaglia in quella che ormai si è trasformata in una pericolosa, quanto poco comprensibile, lotta per il potere che rischia di affossare definitivamente lo stato plurinazionale. Purtroppo, per quanto sia doloroso, la speranza che avevano rappresentato, inizialmente Morales e successivamente Arce, è via via svanita. La loro lotta è esclusivamente per conquistare una leadership politica, ma non è di confronto, bensì, soltanto, di distruzione e annientamento dell’avversario. Il Movimiento al Socialismo che sfidava gli Usa ormai non esiste più poiché è un partito dilaniato dalle correnti.

Da un lato, la sbandierata purezza ideologica evista, dall’altra il burocratismo arcista, nel mezzo quel proceso de cambio ormai morto e sepolto. In questo scenario, anche l’incursione militare di Zúñiga diventa un pretesto per alimentare il dualismo tra i due pretendenti a rappresentare il Mas. Morales ha accusato Zúñiga di essere a capo del gruppo militare Pachajcho, incaricato di eliminarlo su indicazione di Arce, che avrebbe organizzato questa messinscena per sviare l’attenzione dalla crisi politica ed economica che sta vivendo il paese, alimentata dalla mancanza di combustibile e da una crescente corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione. Lo stesso Zúñiga sostiene, a sua volta, di aver ricevuto da Arce l’autorizzazione a compiere il tentato golpe poiché la popolarità del presidente era in picchiata. Arce, inoltre, è accusato dagli evistas di ricoprire lo stesso ruolo di Lenin Moreno in Ecuador, ufficialmente uomo di fiducia di Rafael Correa, ma il realtà il cavallo di Troia utile a riportare il paese sotto le grinfie del neoliberismo.

Oggi il blocco arcista accusa quello evista di rappresentare la nuova destra e viceversa. La nuova destra boliviana, invece, quella vera, osserva e, seppur malmessa, inizia a guardarsi intorno e si frega le mani, incredula di vedere il processo di autodistruzione interno al Movimiento al Socialismo senza sentire nemmeno il bisogno di intervenire.

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