Latina

Honduras

Isy Obed: un primo passo sulla strada della giustizia

L'ex capo delle forze armate honduregne e altri ex alti ufficiali arrestati per l'omicidio del primo martire della resistenza contro il colpo di Stato del 2009
8 gennaio 2025
Giorgio Trucchi
Le vitime del golpe Gli spari infransero il trambusto dell'aeroporto Toncontín di Tegucigalpa. Erano iniziati mentre la folla attendeva l'arrivo dell'aereo che riportava in patria il presidente Manuel Zelaya, vittima di un colpo di stato civile-militare che lo aveva rovesciato una settimana prima.
Mi precipitai insieme ad altri colleghi nella piccola piazza dove una semplice recinzione metallica separava la strada dalla pista d'atterraggio. Lo schieramento militare era imponente e gli spari continuavano.

Quando arrivammo c'era sangue, molto sangue per terra, molta confusione, grida di rabbia e indignazione. In mezzo alla tensione si parlava già di uno, forse due, morti per i proiettili dei cecchini.

Sfidando il fuoco di decine di soldati stesi a terra in posizione di tiro, la gente voleva avanzare verso la pista dove i golpisti avevano piazzato diversi veicoli per impedire l'atterraggio dell'aereo che trasportava il legittimo presidente dell'Honduras.

Intanto i notiziari stavano confermando la morte di un ragazzo di 19 anni, colpito alla nuca. Un'altra persona versava in gravi condizioni e, sotto i miei occhi, era stata caricata sul retro di un camion che si era diretto a tutta velocità verso un ospedale.

Iniziò così il massacro imposto dalla narco-dittatura e dai settori golpisti per più di dodici anni.

Isy Obed, sempre giovane

Isy Obed Murillo Mencías è stato il primo martire di questo storico atto di resistenza popolare contro la rottura dell'ordine costituzionale.

Quasi 5 anni fa, a 10 anni da quel tragico evento, tornai in quei luoghi. La famiglia del giovane assassinato e la popolazione che continuava in resistenza cercavano di commemorare la sua memoria e quella delle centinaia di vittime del golpe. Ancora una volta, il tentativo fu ostacolato da militari e polizia.

In un articolo che scrissi in quell'occasione (potete leggerlo qui in spagnolo) riportai un'intervista fatta alla madre di Isy Obed, Silvia Mencías, che, insieme al padre del giovane, chiedevano da un decennio verità e giustizia.

"I ricordi fanno male. Per me, come madre, non è facile parlare di lui. Sono passati dieci anni e il dolore è ancora intatto. Conservo il suo ricordo nel mio cuore. Isy era un giovane esemplare, impegnato nella lotta contro il colpo di Stato. Gli abbiamo insegnato a essere socialmente attivo, a difendere il popolo".

Era domenica e la signora era andata a messa. Al termine della funzione chiamò il marito per sapere come andasse la situazione all'aeroporto.

"Ho chiamato diverse volte, ma non rispondeva nessuno. Ero disperata. Ho continuato a provare finché alla fine sono riuscita a parlare con Christian, mio figlio maggiore".

Silvia ricorda che il ragazzo piangeva. Le disse che stava bene e che era con suo padre e l'altro fratello Byron.

- Christian, perché stai piangendo?
- Ay mami...
- Cosa c'è che non va? Ti sei fatto male? Dove sei?
- No, sto bene. Sono qui con papà e Byron.
- E dov'è Isy?
- Oh, mamma, Isy...
- Cosa è successo a Isy?
- Mami, ti passo papà...


David Murillo prese il telefono.

- Senti amore, ora dobbiamo essere forti, ma Isy è stato ucciso...

"È stato il momento più difficile della mia vita e la prova più grande che abbia mai affrontato. E ciò che fa più male è che il suo omicidio è rimasto impunito".

Rompere l'impunità

Il 5 gennaio scorso, più di 15 anni dopo, Romeo Vásquez Velásquez, ex capo di Stato Maggiore, entrato poi in politica e diventato un alleato della narco-dittatura, è stato arrestato insieme ad altri ex alti ufficiali dell'epoca.

Sono accusati di essere responsabili dei reati di omicidio e lesioni gravi ai danni di Isy Obed Murillo Mencías e Alex Roberto Zavala Licona.

Secondo le indagini della Procura, le azioni dei soldati "sono state brutalmente sproporzionate, in quanto hanno sparato indiscriminatamente con fucili di alto calibro contro cittadini che stavano esercitando il loro diritto a manifestare pacificamente".

"Queste azioni, che hanno provocato morti e feriti gravi", continua il comunicato della Procura, "non sono stati atti isolati, ma crimini compiuti da elementi delle forze armate su ordine diretto del capo di Stato Maggiore, del suo vice e del direttore di operazioni speciali".

Per la Procura dei diritti umani, non solo non hanno supervisionato ciò che stava accadendo, ma hanno permesso e facilitato queste atrocità.

"La loro negligenza e inazione hanno costituito gravi violazioni dei diritti umani, lasciando i manifestanti alla mercé di una forza militare che ha agito con violenza disumana ed eccessiva".

Rompere l'impunità

Per la prima volta, la giustizia honduregna osa far sedere sul banco degli imputati i responsabili del sanguinoso colpo di Stato del 2009.

Il popolo honduregno spera che questo sia solo l'inizio di un lungo e necessario cammino verso la verità, la giustizia, la riparazione e la non ripetizione.

I diretti responsabili e corresponsabili, per azione e omissione, di tante morti, sparizioni, esili, incarcerazioni, torture e trattamenti disumani non sono solo i militari, ma anche persone, tante, legate alla politica, ai partiti, alle istituzioni, all'impresa privata, ai settori religiosi, ai media e alla mal chiamata "società civile".

Finché non verrà saldato l'enorme debito storico che lo Stato honduregno ha nei confronti della popolazione in termini di violazioni dei diritti umani, il Paese non potrà proiettarsi verso un futuro libero da fantasmi e ferite profonde che tardano a rimarginarsi e che sono retaggio di un passato non ancora risolto.

Fonte: LINyM (spagnolo)

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