La nuova Strategia di Costruzione di Pace in Chiapas
La presentazione, che ha visto la partecipazione di numerose autorità cittadine, tra cui l’arcivescovo di San Cristobal de las Casas Rodrigo Aguilar Martínez, è stata aperta da un rituale tzotzil (uno dei gruppi etnico-linguistici principali della regione) con aghi di pino, incenso, candele e corone di fiori, mediato dalle autorità tradizionali della vicina città di Chamula, luogo storico di resistenza della cultura indigena chiapaneca.
La nuova strategia di Pace, hanno chiarito le autorità, sarà portata avanti attraverso un inasprimento delle pene per esponenti della criminalità organizzata, un programma di raccolta di denunce di corruzione e programmi scolastici e di salute pubblica nella regione per aumentare il benessere della popolazione, con particolare attenzione all’istruzione e alla salute di bambinə e ragazzə. Non è mancato un fugace riferimento alle recenti minacce territoriali del neoeletto Presidente Trump e alla sua politica di tolleranza zero rispetto ai flussi migratori e di prevaricazione territoriale (finora soltanto a parole) che sembra echeggiare la politica Rooseveltiana del Big Stick ma con toni decisamente più aggressivi.
Le autorità hanno affermato, senza entrare in dettagli, che continueranno a seguire un approccio umanitario al tema della migrazione, particolarmente importante nello Stato di Chiapas, che è confinante a sud con il Guatemala e per questa ragione è storicamente attraversato da moltitudini di migranti irregolari provenienti da paesi del Mesoamerica e Sudamerica.
Non ci sono comunque dubbi però sul fatto che la nuova strategia di Pace, punto forte del programma di governo di Ramirez Aguilar, si appoggerà su un massiccio impiego delle forze di sicurezza pubbliche (esercito e polizia), i cui pick-up hanno affollato il centro di San Cristobal de Las Casas durante la giornata dedicata alla presentazione pubblica. Presenti in città per l’occasione anche militari delle FRIP (Fuerzas de Reacción Inmediata Pakal), create e presentate a dicembre dal Governo di Chiapas in un clima di esaltazione crescente. Soltanto nelle ultime settimane, le forze Pakal, che prendono il nome dal leggendario re-guerriero della città maya di Palenque (paradossalmente, uno dei siti storici più conosciuti del Chiapas e - negli ultimi anni - una delle zone di maggiore attività di gruppi armati legati al narcotraffico e ai carteles) hanno arrestato decine di funzionari di polizia accusati di corruzione, in diverse città dello Stato di Chiapas.
Sorge una domanda: come potrà la repressione armata, per quanto giustificata da una situazione ormai insostenibile e percepita dagli abitanti della regione come fuori controllo, fondare le basi di una società civile pacifica? La situazione in Chiapas sembra presentare sempre più somiglianze con la svolta emergenziale voluta dal Presidente Bukele nello Stato mesoamericano di Salvador e conferma l’estensione del cosiddetto “modello Bukele”, dopo l’Honduras, anche al sud del Messico. Certo è che la crescente insicurezza, che già un anno fa influiva negativamente sul turismo e sulla vibrante cultura di cui vive la città di San Cristobal de Las Casas, sembrava aver toccato un punto di non ritorno con l’omicidio di Padre Marcelo, parroco del quartiere di Cuxtitali e storico attivista cittadino, coinvolto in numerosi progetti di costruzione - questa sì, realmente disarmata - di pace.
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