Guatemala: i sogni interrotti delle donne
Due anni dopo, evidenzia Human Rights Watch, la situazione non è cambiata. Il dossier “Costrette a rinunciare ai loro sogni: violenza sessuale contro le ragazze in Guatemala”, diffuso in Italia da riforma.it, punta l’indice contro i governi che, nel corso degli anni, non hanno prestato alcuna forma di assistenza alla ragazze, in gran parte adolescenti, che sono costrette a fare i conti con gravidanze precoci e forzate a causa della violenza sessuale.
Negli ultimi cinque anni, una donna su cinque che sparisce è vittima di femminicidio, ma nonostante il Guatemala, fin dal 2008, abbia approvato la Ley Contra el Femicidio, i casi di donne assassinate non hanno accennato a diminuire. Sulle vittime, così come sui loro familiari, si abbatte anche lo stigma che attribuisce spesso a loro, più che agli aggressori, la colpa delle violenze. La mancanza di supporto a livello istituzionale, che si amplifica sulle donne che vivono nelle comunità rurali e indigene, si deve sia ad una legislazione restrittiva, che prevede l’aborto terapeutico esclusivamente nei casi in cui la vita della partoriente risulti realmente a rischio, sia al retaggio di ciò che avveniva durante il conflitto armato interno (dal 19060 al 1996), quando le donne maya ixiles furono vittime di un vero e proprio genocidio.
A tutto ciò, riporta ancora Human Rights Watch, si aggiungono gli alti tassi di abbandono scolastico per le giovani in gravidanza che, nella maggioranza dei casi, sono costrette a lasciare gli studi e, talvolta, a vivere con i loro stessi aggressori, soprattutto a causa di programmi di protezione sociale previsti dallo Stato totalmente inadeguati. In questo contesto il Grupo de Apoyo Mutuo ricorda che, dietro ogni donna desaparecida, abusata o vittima di femminicidio vi è una famiglia che meriterebbe di ottenere giustizia e il diritto a sapere cosa le è accaduto.
Riforma.it riporta che il Registro nazionale delle persone del Guatemala (RENAP) ha registrato, tra il 2018 e il 2024, la gravidanza di 14.696 ragazze di età inferiore ai 14 anni divenute madri, in molti casi, contro la loro volontà. Eppure, nonostante tutto, quelle guatemalteche sono mujeres de lucha, dignidad y vida, come scritto, a ridosso dello scorso 8 marzo, da Iduvina Hernández su plazapublica.com.gt ricordando il lavoro delle donne in molteplici ambiti, da quello medico a quello accademico.
Eppure, ammonisce Cristina Quijano Carrasco, ricercatrice per i diritti delle donne presso Human Rights Watch, “la violenza sessuale rimane un problema diffuso e sistemico in Guatemala, che colpisce in modo sproporzionato le ragazze di età inferiore ai 14 anni”: per loro l’accesso ai servizi sanitari fondamentali resta quasi off-limits, in particolare per coloro che provengono dalle comunità indigene.
In Guatemala, dai territori più remoti, ma anche all’interno delle organizzazioni sociali, le donne si battono per difendere il diritto a tutelare i propri diritti nonostante una crescente criminalizzazione per il loro impegno contro l’impunità e la corruzione, basti pensare ai casi dell’ex procuratrice generale Thelma Aldana o dell’ex procuratrice dell’ufficio speciale della procura del Guatemala per la lotta all’impunità Virginia Laparra, solo per citare i più noti.
A livello generale, negli ultimi sei anni, sono migliaia i casi di violenza sessuale nei confronti di minori di 14 anni archiviati e i programmi governativi, anche quelli più recenti sotto la presidenza Arevalo, rimangono farraginosi e di difficile accesso. Senza l’adozione di riforme urgenti, difficilmente le donne guatemalteche riusciranno a riprendersi le loro vite.
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