Argentina: Identita' cercasi disperatamente
23 giugno 2004 - Horacio ¨¨ un gigante alto quasi due metri. I suoi genitori adottivi, forse non immaginavano che proprio questa caratteristica sarebbe stata fatale ad una bugia portata avanti per 25 anni. Perch¨¨ Horacio, 27 anni, figlio di desaparecidos, ha saputo chi erano i suoi genitori solo due anni fa, quando si chiamava Cesar e nessuno aveva avuto il coraggio di dirgli che era stato adottato. Oggi ha preso il nome di suo padre, guerrigliero ucciso nel '75 dai militari, prima che Horacio nascesse.
Cos¨¬, per 25 anni, Cesar ¨¨ vissuto a fianco del generale che lo tenne a battesimo e che lo consegn¨° alla madre adottiva, domestica presso di lui. Il militare, morto due anni fa in carcere, anche se non fu direttamente responsabile della morte dei genitori di Horacio, prese parte alle torture, alle sparizioni e al terrorismo di stato che insanguin¨° l'Argentina degli anni 70.
Riccioluto e dinoccolato, Horacio sorride mentre comincia a raccontare la sua storia. ¡°Cominciai ad aver dubbi sulla mia identit¨¤ durante l¡¯adolescenza- spiega-. Vedevo i miei genitori molto diversi da me. Fisicamente non c¡¯era nessuna somiglianza. Non osai mai chiedere se ero stato adottato. I miei zii, fiutando il dubbio, mi raccontavano che il mio bisnonno era altissimo, proprio come me.
Poi, dopo aver scoperto la mia identit¨¤, mi resi conto che tutti i miei vicini di casa sapevano che ero figlio di desaparecidos.
Nell¡¯ottobre del 2002, decisi finalmente di sciogliere il dubbio. Avevo paura, ¨¨ chiaro. La ricerca dell¡¯identit¨¤ ¨¨ un processo doloroso, si associa ai sensi di colpa verso chi ti ha fatto crescere. E insieme, al disorientamento nello scoprire che la tua famiglia adottiva ¨¨ in qualche modo connivente con chi ti ha ucciso i genitori".
"Fu la mia ragazza a darmi coraggio: a Buenos Aires c¡¯¨¨ una banca del sangue, istituita nel 1987. Qui, chi ha avuto parenti o figli scomparsi durante la dittatura, pu¨° depositare il proprio sangue per poi confrontarlo con chi ha dubbi sulla propria identit¨¤. Mi sottoposi ad un prelievo e aspettai 18 giorni le prove di identificazione. Confermarono i miei sospetti: ero figlio di desaparecidos. Nei giorni seguenti, con l¡¯aiuto delle madri di Plaza de Mayo, andai a conoscere la mia famiglia biologica, i miei zii. Abitavano a Buenos Aires, a soli 15 minuti dal quartiere dove avevo passato tutta la vita. A casa loro vidi le foto di me piccolissimo in braccio a mia madre. Era impressionante la somiglianza tra noi due. Scoprii che fu uccisa quando avevo pochi mesi, che si chiamava Liliana, che mi aveva dato il nome di mio padre, scomparso prima che io nascessi. Cos¨¬, da Cesar, diventai Horacio. Fu come una rinascita, un insieme di allegria e di tristezza".
"Da un po¡¯ di tempo -continua Horacio - non vedo pi¨´ la mia famiglia adottiva. Questa scoperta ha traumatizzato anche loro. Si sono giustificati dicendo che volevano proteggermi e che avevano paura di quel generale che ancora faceva parte della loro vita: viveva accanto a noi e mia madre lavorava per lui. Tutto vero, ma ¨¨ ancora difficile, per me, accettare tanta ambiguit¨¤.
Oggi la mia vita ¨¨ cambiata, mi sento pi¨´ tranquillo. Ogni giorno scopro nuovi dettagli sulla vita e la personalit¨¤ dei miei genitori biologici. Non si pu¨° vivere senza passato. Per questo ho accettato di lavorare qui, dando una mano alle madri di Plaza de Mayo, nella gestione del centro.
Ogni giorno, i nostri psicologi
affrontano 3, 4 casi di gente alla ricerca della propria identit¨¤".
In Argentina, sono ancora pi¨´ di 400 i figli di desaparecidos che attendono di scoprire la vera famiglia. Dopo anni di ricerche, le madri di Plaza de Mayo, con l¡¯aiuto della banca del sangue, ne hanno identificati 77.
¡°L¡¯ansia della ricerca di identit¨¤ ¨C spiega Tatiana Ruarte, una delle psicologhe del centro e anch¡¯essa figlia di desaparecidos - si ¨¨ intensificata dopo la crisi economica del 2001. Di fronte a tanto disastro, in parte inatteso, non solo l¡¯uomo della strada, ma anche i sociologi, la stampa e addirittura il cinema, hanno sentito il bisogno di domandarsi ¡®chi siamo¡¯ e ¡®come siamo potuti arrivare fino a questo punto¡¯. Le ragioni, inevitabilmente, affondavano le radici non solo nel decennio di Menem, ma anche nelle tragedie della dittatura. Questa ferita pesa e condiziona ancora la nostra societ¨¤: cercare la verit¨¤ e pretendere giustizia ¨¨ l¡¯unico modo per rimarginarla¡±.
Paola Erba
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