Latina

Venezuela: per l'ex comandante salvadoregno Villalobos Chavez sara' sconfitto

20 luglio 2004
Joaquín Villalobos (traduzione Rosa Villa)
Fonte: La Nación e Tal Cual

CHAVEZ SARA’ SCONFITTO

E' molto improbabile che gli elettori favorevoli a Chavez siano più di quelli che i sondaggi hanno annunciato; anzi è quasi certo che siano meno, dati i molteplici meccanismi di pressione che il governo ha messo in atto per mantenere i suoi seguaci.
Il referendum del prossimo 15 agosto in Venezuela ha un'importanza cruciale per tutta l'America Latina. Le crisi politiche di Argentina, Bolivia, Ecuador, Peru e la stessa Venezuela, trent'anni fa sarebbero sfociate in rivoluzioni radicali di sinistra o di destra con governi autoritari.
Pur con enormi difetti, la verità è che in tutti questi paesi hanno funzionato i 'fusibili' del sistema democratico, attraverso dimissioni, nomine parlamentari, convocazioni a nuove elezioni e i mezzi costituzionali disponibili per le situazioni estreme.
I colpi di Stato e le insurrezioni non sono stati la dominante e, a conferma della regola, la piccola e breve rivolta di Haiti sembrerebbe essere l'eccezione. L'Argentina ha visto passare cinque presidenti e un processo elettorale in cui, nonostante il motto popolare sia stato "vadano via ", in realtà quello che è sucesso per il bene del paese è che "tutti sono ritornati". L'Argentina stà ritornando alla normalità e il Venezuela, a spintoni, va verso un referendum. E' vero che in America Latina la democrazia non ha risolto la povertà, ma sta salvando vite di conflitti fratricidi che, se si presentassero, aumenterebbero i livelli di povertà.
Il Venezuela sta vivendo la crisi più grave, divenendo un esempio che fa tremare i paesi che non hanno consolidato le loro istituzioni, o che ancora si trovano a dover pareggiare conti e promesse politiche. Quando in tutta l'America Latina i militari ormai uscivano di scena dalla 'porta destra', in Venezuela rientravano dalla 'porta sinistra'; e, senza fare una rivoluzione, hanno prodotto un conflitto. Adesso che il referendum è una realtà, il risultato ha un'importanza essenziale per dimostrare che la politica non è una lotteria e che in essa si raccoglie ciò che si semina.

Chavez stesso è il raccolto di quelli che più lo odiano.

L' essersi opposto tanto al referendum fu un errore che converte Chavez in un contendente già moralmente e politicamente sconfitto, anche se lui dice il contrario. La sua permanenza al governo è ora incerta e questo apre tra le file dei suoi sostenitori una conflittività difficile da controllare. Esistono quattro aspetti importanti correlabili alla previsione del risultato: quello che dicono i sondaggi; il possibile impatto delle politiche clientelari o sociali di Chavez; la lotta tra il ritorno alla normalità e il prolungamento della vendetta contro il vecchio sistema politico e, finalmente, i rischi di errori e divisioni nell'opposizione.

I sondaggi sono sempre utili, ma la società venezuelana è stata sottoposta a tensioni e pressioni di straordinaria intensità, pertanto, molti dati risulteranno inesatti. Non siamo di fronte a inchieste di opinione in un paese normale ma neanche all'altro estremo di Cuba, sta di fatto che ci sono fattori che inibiscono la gente a dire quello che pensa. Se i sondaggi dicono che Chavez stà perdendo por poco, è abbastanza certo che quel margine sia maggiore, in quanto sicuramente sussistono dati nascosti relativi all'astensionismo ed al numero di persone disposte a votare contro Chavez; e se milioni di persone sono andate alle manifestazioni, altri milioni hanno firmato con nome e cognome, e la politica è diventata omnipresente, non ci sono basi serie per pensare che in Venezuela l'astensionismo e l'indifferenza costituiscano un problema.

VENEZUELA E NICARAGUA

E' quindi molto difficile che i vontanti favorevoli alla permanenza Chavez siano più di quelli indicati dai sondaggi; è più probabile che siano di meno visti i meccanismi di pressione che il governo ha attuato per conservare i suoi seguaci. Il referendum del Venezuela sarà molto simile all'elezione che perse Daniel Ortega in Nicaragua. In quell'opportunità tutti i sondaggi pronosticavano la vittoria del FSLN (Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale) e l'opposizione era più di dieci punti sotto. Nonostante, i sandinisti furono sconfitti e sorpresi dalle migliaia di voti in favore dell'opposizione provenienti dalle proprie file e financo dalle proprie case. Questo si debbe a quella maniera di governare, ora copiata da Chavez: reprimere la critica, promuovere l'adesione fanatica, con ciò producendo che tutti mentano e non dicano mai ciò che pensano.
Cuba è l'esempio più chiaro di questo sistema; e perciò Fidel Castro non indice elezioni, ma manifestazioni e concentrazioni popolari.

In quanto all'impatto delle cosidette politiche sociali di Chavez, anche se non disprezzabili, esse potrebbero essere efficaci solo in presenza di un quadro istituzionale programmatico come in Svezia o Francia, o di un corpo ideologico partigiano come quello di Cuba, dell'FSLN del Nicaragua o del PRi messicano; ma il chavismo è ancora un qualcosa di amorfo non definito ne consolidato. Sono troppi i milioni di bolivares che si pretende far scendere attraverso 'tubature strette', fatte di mero volontarismo, che finisce per generare più corruzione al vertice che risultati alla base. D'altra parte, il piano sociale di Chavez si confronta contro un avversario più forte costituito dalla 'domanda di normalità'.
Il momento culmine della vendetta contro il vecchio sistema politico è attualmente superato ed è minoranza; la forza dell'opposizione ne è prova.
Chavez, come Daniel Ortega in Nicaragua negli anni 80, chiede alla gente sacrifici per una lotta senza fine. Più percepisca la gente il rischio un permanere conflittivo, più utilizzerà il voto per cambiare la situazione. In Nicaragua, pochi giorni prima dell'elezione, il FSLN organizzò un'impressionante concentrazione pubblica, l'effetto apparente fu che i sandinisti erano invincibili, l'effetto reale fu che produssero un tale panico che portò più gente del previsto a votare contro. Paradossalmente a Daniel Ortega lo sconffissero i più poveri.

Il voto dei venezuelani sarà motivato senz'altro anche per il ritorno alla normalità e attualmente è l'opposizione a rappresentare tale idea. L'opposizione estremista si è esaurita nei tentativi di colpo di Stato e nello sciopero, adesso i moderati hanno il controllo e questo riduce molto il margine di errori e divisioni.
Ma la grande sfida di quest'opposizione non è vincere il referendum, ne arrivare al governo, ciò è già un dato di fatto. Quello che viene è la lotta per controllare i rischi che divisioni all'interno del chavismo possano stimolare divisioni nell'opposizione e che, in questo modo, il sistema politico si attomizzi in decine di minipartiti. Di conseguenza, la grande sfida è quella di ricostruire il sistema politico, riconciliare i venezuelani, ristabilire la tolleranza, evitare un'altro ciclo di vendette e finalmente accettare Chavez e il chavismo come un'espressione in più della politica venezuelana, con tutti i suoi diritti. La pace duratura non viene dalla sottomissione e l'esclusione, ma dall'educazione democratica e l'inclusione.

Note: Joaquin Villalobos è stato comandante guerrigliero nel Salvador; attualmente è ricercatore e consulente presso l'Università di Oxford in Inghilerra

traduzione di Rosa Villa

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