Bolivia:torna la violenza nel Chapare
Las 12 centrales indígenas chiquitanas: CICC, CICOL, CIBAPA, ACISAR, ACISIV, CCIM, CICCH - TURUBO, CICHAR, CICHIPA, CICHGB y CIRPAS que representa a más de 500 comunidades, reunidas en Asamblea extraordinaria en las oficinas de la Organización Indígenas Chiquitana (O.I.CH.) con la participación de representantes de la Asamblea del Pueblo Guarani (APG), Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qollasuyu (CONAMAQ), Confederación Sindical Única de Trabajadores Campesinos de Bolivia (CSUTCB) y del Bloque Oriente, ante el inminente tratamiento de la Nueva Ley de Hidrocarburos en el Congreso Nacional y considerando que el poder ejecutivo en complicidad de algunos parlamentarios de los partidos tradicionales, vienen siendo portavoces y defensor de los intereses de las empresas petroleras, en desmedro de los intereses de los bolivianos expresados en el referéndum vinculante, es que nos vemos obligados a dirigirnos a la opinión pública nacional e internacional para manifestar lo siguiente:
1. Nos declaramos en estado de emergencia y movilización permanente, ratificamos nuestra unidad entre hermanos de tierras altas y bajas de Bolivia suscrita en la ciudad de Camiri, para garantizar la recuperación total de los hidrocarburos para el Estado Boliviano, el incremento de las regalías del 50% para los bolivianos, la industrialización de gas y uso doméstico para los bolivianos, la refundación de YPFB y la incorporación de los derechos económicos, sociales, culturales y ambientales en la Nueva Ley de Hidrocarburos.
2. Conminamos a los parlamentarios bolivianos a respaldar la incorporación plena del Titulo de los Derechos de las comunidades y pueblos indígenas y originarios en la Nueva Ley de Hidrocarburos, toda vez que esta sustentada en los derechos establecidos en el Convenio 169 de la OIT, reconocida por la Ley 1257, por lo que su aplicación es obligatoria por parte del estado boliviano.
3. El pueblo indígena chiquitano reforzará la vigilia permanente sobre el Congreso Nacional junto a nuestros hermanos de tierras altas y bajas de Bolivia, con la finalidad de garantizar el fiel cumplimiento de nuestras demandas y la de todos lo bolivianos.
4. En este momento histórico para los bolivianos, donde está en juego el futuro de la patria y la de nuestros recursos estratégicos, es que convocamos a todos los sectores sociales del país a sumarse a la movilización de los pueblos indígenas, originarios y campesinos de Bolivia, a fin de evitar que los intereses de las empresas petroleras respaldadas por el Gobierno y por algunos parlamentarios antipatriotas, se sobrepongan sobre los intereses de los bolivianos.
5. Advertimos al Gobierno y al parlamento Boliviano de que serán los directos responsables de las consecuencias que pudieran derivarse del Levantamiento indígena, Originario y campesino en caso de que los intereses de los bolivianos sean desconocidos durante la aprobación de la Nueva Ley de Hidrocarburos.
Es dado en la sede de la Organización Indígena Chiquitana del pueblo de Concepción a los 27 días del mes de septiembre del presente año.
Le cause
L’8 di settembre il governo nazionale ha approvato la “Nuova strategia Integrale Boliviana per la Lotta contro il Narcotraffico 2004-2008” che necessita di un investimento di 958 milioni di dollari dei quali solo il 10 per cento uscirà dalle casse boliviane - il resto verrà dato dalla comunità internazionale, principalmente dagli Stati Uniti. I cocaleros hanno bollato questa strategia antidroga come la “politica del ricatto”.
La strategia antidroga mira ad eliminare tutte le coltivazioni di coca nel Chapare cochabambino e a promuovere politiche per distruggere volontariamente le coltivazioni di coca negli Yungas di La Paz. Cifre ufficiali segnalano che dal 1988 sono state distrutte più del 90% delle coltivazioni boliviane; tuttavia si stima che oggi esistano più di 25mila ettari di coltivazioni di coca: 22 mila begli Yungas e 3 mila nel Chapare. Questi sono dati governativi, quelli dei cocaleros sono diversi.
La Legge 1008 in regime di Coca e di sostanze controllate stabilisce che si intendono legali solo 12mila ettari, destinati al consumo e agli usi tradizionali.
“Il governo Mesa è uguale a quello di Gonzalo Sánchez de Lozada o a quello di Jorge Quiroga perché tutti e tre sono semplici burattini dell’imperialismo statunitense. Per loro non è importante la difesa della sovranità o della dignità nazionale, ma semplicemente eseguire gli ordini dell’impero”, ha asserito la principale dirigente delle donne cocalere di Cochabamba, Leonilda Zurita.
Il rifiuto alla nuova politica antidroga è totale tra i produttori di coca.
“Il progetto antidroga di Carlos Mesa risponde alle imposizioni degli Stati Uniti che cercano di eliminare il movimento cocalero degli Yungas e tutta la coca”, ha detto al riguardo il deputato e dirigente di La Paz Dionisio Núñez. Avallato il piano antidroga dal governo degli Stati Uniti, la Fuerzas de Tarea Consunta - composta da polizia e militari agli ordini dalla Dea statunitense - ha incrementato le operazioni per distruggere le coltivazioni di coca, cosa che ha causato scontri.
Lo scorso 4 settembre, l’ambasciatore statunitense in Bolivia David Greenlee ha inviato un messaggio al governo di La Paz con il quale confermava che ilsuo paese mantiene ferma la sua cooperazione a favore della lotta contro il narcotraffico che dipende dalla nuova politica antidroga boliviana.
Negli ultimi tempi si sono registrati molti fatti che non sono casuali nella politica nazionale: la “rinuncia per motivi di salute” del ministro Alfonso Ferrufino, rimpiazzato da Saul Lara. Lara, cochabambino, è stato assessore dei produttori di coca dal 1987 al 1988, proprio mentre si redigeva la Legge 1008, e ha difeso la legalità della coca del Chapare. Adesso, ministro del Governo, non solo ha rafforzato la politica antidroga, ma mette in pratica con puntualità i dettami del governo statunitense.
I fatti
Martedì 28 settembre, tra la gente di Bustillos , nel Tropico di Cochabamba (Chapare), si è registrato uno scontro tra effettivi della Fuerzas de Tarea Conjunta e produttori di coca, con il risultato di un morto, 19 feriti e un numero non ufficializzato di arresti. Il cocalero Juan Choque Cruz, 38 anni, è stato colpito da un proiettile in fronte, un colpo sparato da un militare che gli ha causato la morte immediata.
Lo scontro si è acceso quando le brigate per la distruzione delle coltivazioni di coca si sono incontrate con un gruppo di cocaleros organizzati che vigilavano a Bustillos, nel Parco Nazionale Isiboro Sécure. Questa regione è abitata, in maggior parte, da ex minatori che nel 1985 sono stati “messi a disposizione” dalla Corporación Minera de Bolivia (Comibol) e che hanno trovato l’unica fonte per la loro sopravvivenza nell’economia generata dalla coca; nella regione vivono anche coloni e indigeni. Cercando di fermare la distruzione dei loro campi di coca che comunque si accompagna con la distruzione dei prodotti dello sviluppo alternativo, i cocaleros si sono trovati difronte a colpi di arma da fuoco, gas lacrimogeni e proiettili di gomma.
Nell’ultima assemblea dei produttori di coca, sabato 25 settembre a Lauca Ñ, a 70 chilometri da Cochabamba, si è deciso di realizzare vigilanze pacifiche per evitare la distruzione delle loro coltivazioni.
Il futuro
La politica antidroga boliviana è sorretta da quattro pilastri: la distruzione delle piantagioni di coca, l’interdizione al narcotraffico, la prevenzione del consumo di droga e lo sviluppo alternativo integrale. La distruzione della coca è. Storicamente, ciò che genera più conflitti.
Dall’entrata in vigore della Legge 1008 si stima che sono state uccise più di 115 persone, la maggioranza produttori di coca e alcuni soldati. Nessun assassinio è stato giudicato né esistono sentenze contro chi li ha commessi. C’è la totale impunità.
Di fronte all’imposizione della politica antidroga, i produttori di coca del Tropico di Cochabamba, uniti al altri settori sociali, hanno convocato una massiccia mobilitazione per l’11 ottobre.
Questa marcia partirà da Caracollo (Oruro) per giungere a La Paz. Il 18 ottobre si calcola che la marcia possa arrivare alla sede del governo per mettere in atto una serie di mobilitazioni per ottenere risposte a tre domande concrete: rifiuto della distruzione dei campi di coca, nazionalizzazione degli idrocarburi e apertura di un processo penale contro l’ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada.
Molti settori dei movimenti sociali boliviani hanno confermato la loro partecipazione a questa marcia di protesta. Tra questi la Federación de Regentes de Bolivia, che fa parte della Coordinadora del Gas, le federazioni dei campesinos di Cochabamba, Oruro, Potosí, Santa Cruz, Chuquisaca e varie altre regioni, organizzazioni di semplici abitanti, casalinghe, professionisti e altri.
Il deputato e leader cocalero Evo Morales ha avvertito che se il governo di Carlos Mesa non modificherà la sua politica antidroga, la situazione in questo paese potrebbe aggravarsi perché le domande della gente non vengono ascoltate, al contrario di quanto accade con quelle dell’ambasciata statunitense e delle multinazionali.
In un prossimo futuro la Bolivia dovrà passare per tre tappe fondamentali: la Nuova Legge sugli Idrocarburi, le elezioni municipali del prossimo 5 dicembre, la convocazione dell’Assemblea Costituente nei primi mesi del 2005.
Gli scontri per la Coca, le minacce del governo e l’intromissione statunitense sembrano voler evitare lo sviluppo di questo processo democratico perché contrario ai loro interessi.
A un anno dalla guerra del gas, la Bolivia, ancora una volta, si ritrova al limite di una rivolta sociale...
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