Latina

Argentina: uno specchio lontano

La societa' argentina attuale funziona in maniera ingiusta,con forti diseguaglianze tra le classi sociali e quello che e' peggio e' che la stessa società accetta di funzionare con metà della popolazione marginalizzata
2 novembre 2004
Eric Calcagno (trad. A. Bariviera)
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: Attac

Trasformare la nostra società in un modo concreto, con gli attuali rapporti
di forza e l'attuale sistema di rappresentanza, forse sarà possibile
attraverso i meccanismi di massa per l'inserimento nel mercato del lavoro.

Come se fosse una costante, il 17 ottobre 1945 è ancora una di quelle date
non risolte in una storia argentina irrisolta. Difatti, ogni gruppo
politico, ogni settore sociale ha una versione particolare di quel momento,
e che corregge in relazione ai bisogni del momento.

Troviamo tutte le interpretazioni possibili, che confondono quel momento con
la marcia su Roma o la presa del Palazzo d'Inverno, come se fossimo
condannati a ripetere eventi appartenenti ad altre storie, in una dinamica
circolare. Certo è che nessuna interpretazione è così efficace - e dominante
- dell'ottobre 1945 come l'oblio, fatto su misura dallo stablishment e dalla
complicità obiettiva delle commemorazioni formali.

Cerchiamo, comunque, di accennare alcune linee di riflessione.

Dal colpo di stato del 1930 (bisognerà studiare il rapporto fra le crisi e i
colpi di stato, tra gestione delle uscite dalle crisi e il potere politico)
le due principali correnti politiche, conservatori e radicali, utilizzavano
uno schema mentale ereditato dalla generazione degli anni ottanta. Quella
presa del potere, come rassicurazione e riproduzione di uno schema sociale,
economico e culturale non rispondeva più all'evoluzioni reale.

Dato che la crisi mondiale, l'avvio della seconda guerra mondiale e il
conflitto interno buttarono a terra le premesse sulle quali l'oligarchia
terriera aveva vissuto i suoi anni migliori. Il sistema di centro periferia,
che aveva funzionato pienamente durante i cinquanta anni di "pace e
amministrazione" promessi da Roca era arrivato alla fine.

C'era un fatto economico fondamentale, generato dalla condizione mondiale e
nel quale un paese della periferia poco poteva intervenire: l'interscambio
delle materie prime con i manufatti non aveva più lo stesso peso, lo stesso
impatto. Di fronte alla crisi e all'interruzione dei rapporti economici
internazionali nasce la sostituzione delle importazioni nelle officine di
Rivadavia , nel sud, nelle vicinanze della città-porto.

Era presente anche una importante evoluzione nelle condizioni politiche: lo
Stato non era più il testimone lontano ma effettivo degli interessi
latifondisti. Per poter preservare il proprio potere, era necessario uno
Stato che garantissi la continuità nel predominio politico - la truffa
patriottica - e che nello stesso tempo consentissi una uscita dalla crisi.
Nuove tasse, commissioni per il controllo delle carni e dei cereali, la
Banca Centrale.

Dal punto di vista sociale, questa sostituzione delle importazioni iniziò
l'era delle migrazioni interne. Allo stesso modo che gli immigranti europei
avevano lasciato la Spagna o l'Italia in cerca di una situazione economica
migliore, questa volta erano gli abitanti dell'interno del paese che
cercavano migliori stipendi, generato dalla maggiore produttività
dell'incipiente industria. Valeva la pena di venire alla capitale.

Questi tre elementi, sostituzione delle importazioni, intervento dello
Stato, esodo rurale, spiegano almeno in parte la comparsa di vasti settori
sociali rappresentati in modo disuguale dalle strutture politiche
dell'epoca. Ed è allora, prima del 1945 , quando si intravede la possibilità
di nuove forme di rappresentanza politica, che iniziarono la loro gestazione
.
Il 17 ottobre è la messa in scena - gloriosa per alcuni, tragica per altri,
ineluttabile per tutti - del peso reale di questi settori sociali
nell'ambito politico.
Il 1945 è anche l'anno nel quale gli apporti dell'industria alla ricchezza
nazionale supera, per la prima volta, la agricoltura.

Conservatori tradizionali e radicali antiperonisti declinano e scompaiono:
Nasce il peronismo e l'intransigenza radicale. La via argentina verso la
modernità?

Il tempo è passato.
Il ciclo incominciato nel 1945 termina nel 1976. Da allora le strutture
politiche, economiche, sociali, sono cambiate. Al posto di un discorso dove
l'asse centrale era il popolo come concetto operativo e dove lo Stato era
presente nella pratica politica, negli anni novanta si è imposta la difesa
del libero flusso dei capitali e del tipo di cambio monetario; le politiche
dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione, dell'integrazione sociale e
nazionale sono state sostituite dall'apertura commerciale, la
derregolamentazione finanziaria, le privatizzazioni, la flessibilità
lavorativa. I prelievi del surplus economico e dei redditi naturali sono
passati dalle mani dello Stato - cioè della politica - alle mani del mercato
finanziario e delle concentrazione dei gruppi economici - cioè la
non-politica -; la domanda interna come motore dell'economia è stata
sostituita dalla domanda esterna e dal consumo di lusso; l'attività
industriale cedette di fronte al settore finanziario; dall'unità nazionale
alle province inaccesibili; dalla programmazione ai programmi del Banco
Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, solo per citare alcuni
esempi.

Oggi esistono anche dei settori sociali che non hanno una rappresentanza
politica formale: Sono i 18 milioni di persone che vivono al di sotto del
confine della povertà. Ma non sono il prodotto di una dinamica di crescita,
ma sono il frutto della disindustrializzazione dal punto di vista economico,
della diserzione dello Stato come rappresentante della Nazione, ma
sopratutto dalla defezione delle èlites politiche, imprenditoriali,
sindacali, ecclesiastiche, militari, universitarie.

L'uscita dalla crisi che viviamo attualmente, con maggiore risonanza
sull'occupazione, permette un'integrazione sociale progressiva al passo con
il recupero. Ma il fondo della questione è che la società argentina attuale
funziona, funziona in modo ingiusto, disuguale secondo il ceto sociale, e
quello che forse è peggio, questa stessa società accetta di funzionare con
la metà della popolazione emarginata.

Da questo il bisogno dei mezzi di comunicazione dominanti di realizzare
analisi senza storia - "viviamo in un presente perpetuo" -, essenzialistici
- "soltanto l'investimento estero ci salverà" - , naturalisti - "il problema
è che i negri non vogliono lavorare. Sono così" -.

Trasformare la nostra società in modo concreto, con i rapporti di forza
attuali e con l'attuale sistema di rappresentanza, forse sarà possibile
attraverso meccanismi di massa per l'inserimento nel mercato del lavoro.
Senza togliere importanza ai programmi sociali esistenti, il cui merito è
evidente, pensiamo che le strutture sociali, politiche, culturali
dell'Argentina di oggi non resisteranno all'accesso degli emarginati al
salario, al consumo e ai diritti sociali di base.

Napoleone conosceva qualcosa al riguardo. Di fronte alla guerra
convenzionale praticata durante il secolo XVIII, dove tutte erano personaggi
di stile e vinceva quello che sapesse distribuire meglio le truppe,
Napoleone mise il popolo nel campo di battaglia: gli avversari non capirono
più niente.

Così successe ad ottobre del 1945, quando in una politica argentina di
gentiluomini apparvero altri soggetti sociali, altri discorsi, altri modi di
fare.

Note: traduzione di Alejandra Bariviera a cura di Peacelink

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