Il ritorno della Dottrina Monroe incombe minaccioso sull'America Latina
www.reporterassociati.org: "Venezuela: quel telegramma di Josè Maria Aznar a Gorge Bush pieno di elogi verso i golpisti"
- 01 dicembre 2004
Dopo la "pacificazione" dell'Afghanistan e la conferma delle "libere elezioni" in Irak per la fine di Gennaio, Bush sembra spostare le sue mire espansionistiche verso l'America Latina allo scopo di sferrare una vera e propria guerra senza quartiere nei confronti del continente sudamericano. In un articolo apparso sul sito rebelion.org si preannunciano le prossime mosse dell'amministrazione Bush, a partire dal tentativo, non nuovo, di sostituire Chavez con un presidente filostatunitense. Del resto il Venezuela sembra ormai divenuto per gli Stati Uniti un'ossessione pari a quella di Cuba, tanto che fin dal 2002 la Cia era a conoscenza dei preparativi per rovesciare Chavez tramite un golpe. La notizia, riportata dai media statunitensi e ripresa dal sito reporterassociati.org, è stata rivelata da Eva Gollinger, avvocatessa che ha studiato i documenti declassificati dalla Cia ed ha scoperto come gli Usa avessero partecipato al tentativo di colpo di stato che aveva portato a Miraflores, seppure per poco tempo, il presidente degli industriali venezuelani Carmona. Inoltre questa rivelazione, pubblicata dal quotidiano americano "Newsday", ha provocato un certo clamore anche in Europa per l'esistenza di un telegramma inviato dall'allora premier spagnolo Aznar a Bush in cui elogiava il colpo di stato contro Chavez.
Se il Venezuela è al primo posto nella lista nera di Bush, tanto da essere inserito tra i cosiddetti "stati canaglia", Heinz Dieterich traccia su rebelion.org la mappa di tutte quelle che saranno le prossime ingerenze degli Stati Uniti in America Latina. Sulla base di un esplicito ritorno alla Dottrina Monroe, Frank J.Gaffney, Presidente del Centro per le Politiche di Sicurezza del Pentagono, ha già esortato Bush a mettere in pratica una strategia aggressiva nei confronti dei "regimi antistatunitensi" in Sudamerica, di cui farebbero parte il governo Lula, per la verità finora molto ligio alle imposizioni del Fondo Monetario Internazionale, l'Uruguay del neoeletto Tabarè Vasquez, che assumerà ufficialmente il mandato presidenziale dal 1 Marzo e di conseguenza deve ancora muovere i suoi primi passi, l'Argentina, i movimenti sociali dell'Ecuador (che stanno cercando di far cadere Gutierrez, abile e raccogliere i loro voti per poi tradire tutte le promesse della campagna elettorale) e ovviamente Cuba. L'intento di Bush, quindi, è quello di prevenire quel progetto di "integrazione sudamericana a livello statale sul piano economico, politico, culturale e militare, un cocktail per la costruzione di un'alleanza strategica tra i governi rispettivi ed i movimenti popolari latinoamericani", scrive Dieterich, un programma a cui già stavano lavorando Lula e Kirchner e adesso rafforzato dalla presenza dell'uruguayano Vasquez, ma di certo non si tratta di un piano eversivo o rivoluzionario, quanto piuttosto della costruzione di un'agenda comune per difendersi da una vera e propria aggressione pianificata dal governo statunitense.
Proprio allo scopo evitare una violenta destabilizzazione da parte degli Stati Uniti, lo scorso 18 Novembre si sono riunite la Confederazione di nazionalità indigene dell'Ecuador (Conaie), il Movimento per la Repubblica Bolivariana dell'Ecuador e l'Assemblea Permanente per i diritti umani ha stilato un manifesto in cui si esorta a difendere gli interessi latinoamericani e a fermare il pericoloso avanzamento dell'agenda Bush: l'unico protagonista col potere, la visione strategica ed il dinamismo necessario per ostacolare questo progetto, conclude Dieterich, è Hugo Chavez.
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