Brasile:da una diversa trincea
alle sue precedenti attività, ma non abbandona Lula
Dopo aver lavorato due anni come consigliere speciale del presidente Luiz Inácio Lula da Silva e come coordinatore di quello che è il fiore all’occhiello dell’attuale governo, il programma Fame Zero, Frei Betto lascia Brasilia e torna alla vita religiosa e letteraria. Molto si è speculato sulla sua uscita dal governo, ma Frei Betto afferma, in un’intervista concessa al Globo, di aver solo scoperto di non avere vocazione per il servizio pubblico. Per il religioso, confidente e uno dei più grandi amici del presidente, è arrivata l’ora di recuperare la propria libertà intellettuale. Rispetto alle sue critiche al governo, ha risposto: dico solo che, nelle mie preghiere quotidiane, chiedo a Dio che sia ben risolta l’equazione tra politica economica e politica sociale.
Potrebbe evidenziare una gioia e una delusione che ha provato in questi due anni in cui ha lavorato per il governo Lula?
La più grande gioia è stata quella di aver potuto realizzare un lavoro estremamente positivo nella mobilitazione di Fame Zero e di aver contribuito a creare un ponte tra la società civile e il programma. E soprattutto quella di vedere il buon lavoro svolto dal Talher, l’équipe di educazione cittadina del progetto, che ha costruito una rete di più di 800 educatori, impegnati nei 27 Stati del Brasile per aiutare le famiglie beneficiarie del "programma Buoni Famiglia" ad aver coscienza dei propri diritti di cittadinanza e a diventare protagoniste in campo sociale ed economico. La mia unica delusione è il mancato avanzamento della riforma agraria. Siamo in ritardo rispetto al calendario prefissato. Ho riposto realmente molte aspettative sul fatto che potessimo insediare 115mila famiglie nel 2004 (sono state 90mila), ma confido nel fatto che il governo Lula recupererà il tempo perso.
C’è chi accusa Fame Zero di essere un grande miraggio del governo, di aver prodotto più propaganda che risultati. Cosa pensa di tali critiche?
Queste critiche vengono generalmente da persone che non hanno mai visto da vicino una persona affamata, che vivono in area urbana e che hanno un’ottica sbagliata su cosa sia la lotta alla fame, forse anche a causa delle precedenti campagne. Forse si aspettavano un grande mutirão (termine che in brasiliano indica l’unione di sforzi intorno ad un obiettivo comune, ndT)nazionale di raccolta di alimenti, ma, fin dalla sua concezione, Fame Zero è stato pensato come una politica pubblica di inclusione sociale, non assistenzialista. Questa era la preoccupazione numero uno. Per questo, il programma è stato portato avanti come politica di governo e non di un ministero, per aiutare le famiglie beneficiarie non solo ad avere un reddito, che ora è garantito dai Buoni Famiglia, ma anche a camminare verso l’inclusione sociale per mezzo della promozione della salute, dell’educazione, delle politiche abitative, della formazione professionale ecc.
In base alla sua valutazione, pensa che l’opinione pubblica approvi il programma, ?
Mi baso su quello che ho sperimentato dall’interno e su quello che l’opinione pubblica riconosce in tutti i sondaggi dal 2003. Tutte le volte che si chiede qual è la cosa migliore del governo, Fame Zero appare al primo posto, come nell’ultimo sondaggio Cni/Ibope, che ha assegnato un 42% di consenso al programma. D’altro lato, è comprensibile che certe persone non considerino una priorità la lotta alla fame. Questo perché, purtroppo, tra tutte le cause di morte precoce, quella che storicamente ha provocato meno mobilitazione è la fame, perché colpisce solo i miserabili. In Brasile non c’è né mancanza di alimenti, né eccesso di bocche; quello che c’è è mancanza di giustizia.
Il programma Fame Zero è sulla strada giusta?
Certamente. La storia ci insegna che una questione sociale termina solo quando diventa una questione politica. Questo è avvenuto con la schiavitù nel mondo, è avvenuto con la tortura, entrambe considerate oggi crimini orribili: è esattamente quello che il presidente Lula vuole fare con la fame e la povertà.
La sua uscita avviene nello stesso momento in cui anche diversi altri vecchi compagni di Lula hanno lasciato il governo. Si è avuta l’impressione che gli amici hanno abbandonato la barca. Lei è deluso dal governo?
In nessun modo. Per ragioni storiche, sono sempre stato molto legato ai fondatori del Pt (Partido dos trabalhadores, ndT), ai fondatori della Cut (Central Unica dos Trabalhadores, ndT): ho partecipato indirettamente a questo processo e ho offerto il mio contributo. E avendo il Pt conquistato tanti municipi, sono stato invitato diverse volte a lavorare nella sfera pubblica, ma non ho mai accettato. Perché so che la mia trincea è come militante della speranza. È costituita dal movimento sociale e dalla letteratura, soprattutto. Ma, di fronte all’insistenza, e onorato dall’invito rivoltomi dal presidente Lula, ho accettato per la prima volta nella mia vita di lavorare nel servizio pubblico, nella mobilitazione sociale per Fame Zero. È stata un’esperienza molto ricca, ma ho scoperto che non è la mia vocazione.
Tornerebbe a lavorare nell’amministrazione pubblica?
No. Preferisco dare il mio contributo al Paese in altre forme.
Ha detto questo al presidente?
Gliene ho parlato, sì. Ho parlato con lui la prima volta lo scorso maggio. Gli dissi che uscivo per motivi personali, perché ho bisogno di recuperare la mia libertà intellettuale come scrittore. Ho due passioni nella vita: la mia esperienza di Dio e il mio lavoro letterario. Sono solito dire che l’unico vantaggio della prigione, e io sono stato in carcere per quattro anni, è che si può parlare di tutto e non correre il pericolo di essere arrestati. Lo svantaggio di essere al governo è che si può solo fare delle critiche e io sono sempre stato molto critico verso questo governo, dall’interno. Mi piacerebbe condividere con l’opinione pubblica alcune opinioni critiche che ho in relazione al governo.
Quali sarebbero queste opinioni critiche? Sono legate alla politica economica?
Dico solo che nelle mie preghiere quotidiane chiedo a Dio che venga risolta bene l’equazione tra politica economica e politica sociale.
Come valuta l’azione del governo Lula in campo sociale in questi ultimi due anni?
Il governo è avanzato molto in campo sociale, ma non ha ancora ottenuto la stabilità sociale, come ha fatto in campo economico. Ma ho fiducia nella seconda parte del mandato del presidente Lula. Forse ora il surplus sociale passerà ad avere per il governo lo stesso peso del surplus fiscale.
Nella prefazione al libro "Il ministro Che", di Tirso Saenz, sulla vita di Che Guevara come amministratore, lei parla della difficoltà di tradurre il sogno rivoluzionario nel quotidiano dell’amministrazione pubblica. Ha provato questo a Brasilia?
Nessuno di noi può vivere senza utopie. La nostra speranza è alimentata, sia dal punto di vista individuale che da quello sociale e storico, da questa dinamica soggettiva di voler arrivare a qualcosa di meglio. Io, che non avevo mai lavorato nell’amministrazione pubblica, non avevo realmente alcuna illusione sul fatto che potessimo fare un miracolo con la conquista della presidenza da parte di Lula. Non ho mai immaginato che potessimo avere un cambiamento radicale in questo Paese. Credevo, e ci credo ancora, che avremo cambiamenti significativi, ma poi ho capito due cose importanti: per prima cosa, Lula ha vinto un’elezione, non ha fatto una rivoluzione. E in secondo luogo, Lula è arrivato al governo, non è arrivato necessariamente al potere. La questione, ora, è, stando al governo, come conquistare una parte più grande di potere.
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