Latina

Il subcomandante Marcos chiede la riapertura delle indagini

Messico: Il caso Digna Ochoa attende ancora giustizia

La tesi del suicidio non convince
30 gennaio 2005
David Lifodi
Fonte: articoli de "La Jornada" tratti da www.ipsnet.it/chiapas

Sembra concludersi con un esito tutt'altro che positivo il caso Digna Ochoa, avvocata messicana del Centro di Diritti Umani Miguel Augustìn Pro Juàrez, uccisa in circostanze ancora non chiarite il 19 ottobre 2001. L'ipotesi più accreditata resta quella dell'assassinio ad opera di uno squadrone della morte o comunque di persone che certo non gradivano il lavoro della giovane avvocata (si occupava di torture, abusi di potere e omicidi nei quali erano coinvolti membri dell'esercito messicano), anche se è stata fatta passare la tesi piuttosto inverosimile della morte per suicidio.
Il caso quindi era stato ufficialmente chiuso, ma a non far cadere nell'oblio un omicidio politico mascherato da suicidio ci ha pensato il subcomandante Marcos, che, con una lettera inviata al Procuratore Bernardo Bàtiz, ha contestato l'esito dell'indagine invitando ad una riapertura dell'inchiesta giudiziaria per restituire almeno dignità e giustizia a Digna Ochoa.
Nonostante il caso sia ufficialmente chiuso con l'ipotesi di suicidio, il Segretario di Governo del Distretto Federale Alejandro Encinas Rodriguez ha confermato a "La Jornada" che "saranno riviste le perizie, poiché non abbiamo niente da nascondere", mentre secondo il Capo di Governo del Distretto Federale Lopez Obrador "il caso può essere rivisto da specialisti", tanto da spingersi ad invitare i familiari e la società civile a partecipare alle indagini. La richiesta di Marcos per un'indagine maggiormente approfondita non è stata scartata, ma appare difficile una vera e propria riapertura della pratica, anche perché, nonostante il Procuratore Bàtiz non abbia escluso tale eventualità, ha affermato che il subcomandante ha solo un'informazione parziale sul caso, tanto da riservarsi di rispondergli personalmente. Il caso potrà riaprirsi, ha dichiarato Bàtiz a "La Jornada", "solo se lo deciderà il Potere Giudiziale, poiché i familiari di Digna Ochoa hanno chiesto una revisione che è di competenza del tribunale collegiale".
Quello che però non convince è la figura stessa di Bàtiz, come aveva rilevato già nel 2002 la sezione messicana di Amnesty International, secondo la quale il procuratore era caduto in una evidente contraddizione, definendo inizialmente il caso Ochoa un omicidio politico da attribuire all'estrema destra per poi cambiare improvvisamente la sua versione e sostenere la tesi del suicidio.
In attesa di novità, è comunque utile ripercorrere alcune tappe delle vita professionale di Digna Ochoa, la cui attività apertamente in difesa dei diritti umani ha fatto pensare alla tesi dell'eliminazione di un'avvocata scomoda molto più che a un presunto suicidio.
In particolare Digna (che faceva parte dell'Associazione Nazionale Avvocati Democratici) si era distinta nel 1995 per aver assunto la difesa di Javier Elorriaga, Elisa Benavides e altri detenuti accusati di essere militanti dell'Ezln, mentre nel 1999 si era occupata di alcuni campesinos del Guerrero che per essersi opposti al disboscamento indiscriminato della loro regione erano stati sequestrati e torturati dall'esercito. In quegli anni Ochoa aveva ricevuto frequenti minacce di morte, così come altri appartenenti al Centro di Diritti Umani Miguel Augustìn Pro Juàrez, fino ad essere rapita per alcune ore il 9 Agosto 1999 ed essere stata costretta il 28 Ottobre 1999 a subire un vero e proprio interrogatorio nella sua casa in cui i sequestratori accusavano lei e il Centro di collaborare con l'Ezln. Nonostante le misure attuate dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani per la difesa di Digna Ochoa, le continue intimidazioni la spingono nel Gennaio 2000 a trasferirsi per un periodo di tempo negli Stati Uniti. Tornata in Messico nel Marzo del 2001, viene trovata morta nell'Ottobre dello stesso anno nel suo studio uccisa da due colpi di pistola.
In questa situazione risultano paradossali le dichiarazioni del Presidente Fox, che appena insediato non solo aveva garantito che il Messico non sarebbe più stato un simbolo di discredito in materia di diritti umani, ma si era vantato di poter risolvere il conflitto del Chiapas in quindici minuti.

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