Esercito e paramilitari hanno terrorizzato il Chiapas
L'esercito messicano ha organizzato bande paramilitari per contrastare l'Ezln: è questa la sconvolgente scoperta resa nota da "La Jornada" in seguito alla confessione di un ex appartenente a Paz y Justicia, uno dei gruppi paramilitari che si sono macchiati dei peggiori crimini nei confronti degli indios a partire dalla comparsa sulla scena degli zapatisti.
Se nessuno nutriva dubbi su una certa complicità tra esercito e paramilitari, le rivelazioni di uno degli ex comandanti paramilitari prefigura il conflitto chiapaneco non più come "guerra a bassa intensità", ma piuttosto una situazione molto simile a quella colombiana, dove i paras sono apertamente il braccio destro del presidente Uribe.
In particolare, nell'intervista raccolta da "La Jornada", si afferma che Paz y Justicia è stata responsabile di torture e persecuzioni contro la popolazione civile, sgomberi forzati di villaggi, fino a provocare ben dodicimila sfollati secondo i dati in possesso Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè de Las Casas, compreso l'attacco (fortunatamente fallito) del 1997 al vescovo Samuel Ruiz, da sempre a fianco degli zapatisti e figura centrale adoperatasi nella mediazione tra i vari governi messicani e l'Ezln per giungere al rispetto dei diritti delle comunità indigene. Proprio in occasione dell'imboscata organizzata da Paz y Justicia contro Samuel Ruiz e Raul Vera (che anni dopo sarebbe divenuto il suo successore), l'ex paramilitare ha testimoniato al Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè de Las Casas che il veicolo del suo gruppo (pieno di armi) non solo non fu perquisito ad un posto di blocco dell'esercito messicano, ma che addirittura un alto ufficiale diede ordine di non perquisire il mezzo.
La denuncia dell'ex membro di Paz y Justicia non si ferma qui, ma arriva a chiamare in causa il generale Renàn Castillo, che, oltre ad essere il dirigente della Settima Regione Militare dell'esercito, avrebbe ricoperto il ruolo di principale organizzatore dei gruppi paramilitari in Chiapas, tanto da intrattenersi a parlare con i leader dei paras per incitarli a continuare nei loro soprusi contro le comunità zapatiste e a toglier loro la terra. Oltre a Castillo un altro generale dell'esercito messicano è finito nello scandalo sollevato dalle rivelazioni pubblicate da "La Jornada". PyJ (è il nome del testimone per il quale sono state richieste dalla Corte Interamericana per i Diritti Umani misure cautelari di protezione) ha ricordato che il generale dell'esercito Juan Bautista si spingeva ad insegnare ai paramilitari come utilizzare le armi e che gli alti comandi dell'esercito di stanza ad Ocosingo avevano creato una struttura di appoggio a Paz y Justicia, tanto che il testimone ha ipotizzato che i paras avessero una struttura impostata dagli stessi militari messicani.
Oltre all'organizzazione militare PyJ racconta come nel nord del Chiapas i paramilitari imponessero i candidati del Pri alle presidenze municipali, in modo tale che i sindaci eletti appoggiassero le azioni di Paz y Justicia.
Se le testimonianze si riferiscono ai rapporti tra paramilitari e governi antecedenti a quello Fox , anche l'attuale presidente ha finito per fare l'ennesima brutta figura sul versante Chiapas. Hermann Bellinghausen ha denuncia su "la Jornada" l'acquisto da parte di appartenenti all'Esercito di stato di legname pregiato come il cedro da esponenti del Pri (il Partito Rivoluzionario Istituzionale, di cui facevano parte i due precedenti capi di stato Salinas De Gortari e Zedillo), per poi trasportarlo con i veicoli militari. La Giunta di Buon Governo "Camino del Futuro" ha immediatamente denunciato questo traffico illegale di legname senza però riuscire ad impedirlo, nonostante sia a conoscenza della vendita del legname all'esercito.
L'accusa più grave all'attuale presidente messicano arriva però ancora dall'ex paras: "i gruppi paramilitari si mantengono attivi perché il governo di Vicente Fox si rifiuta di disarmarli".
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