Molti successi e qualche intoppo celebrati con un discorso fiume del primo presidente indigeno. Opposizione di destra e ambasciatore Usa non gradiscono: se ne vanno
Il programma ambizioso del nuovo governo si scontrerà inevitabilmente con la destra economica e politica (e con l'ex presidente Gutierrez), che si prepara a resistere e reagire. Le speranze sono grandi, i timori anche
18 gennaio 2007 - Francesco Martone
"[...]Il mio sogno è vedere un paese senza miseria, senza bambini di strada, una Patria senza opulenza, ma con dignità e felice[...]"
Le cose sono cambiate a Oaxaca. Di fronte alla dura repressione del governo statale e del governo federale, il movimento di Oaxaca si è ritrovato in un angolo. Ci sono centinaia di incarcerati, alcune migliaia di persone sono nascoste dalle comunità indigene, al limite della clandestinità. Molti sono stati vinti dalla paura. Eppure domenica circa 15.000 persone sono tornate in piazza per esigere la liberazione dei prigionieri politici e le dimissioni del governatore.
Per la seconda volta nella storia una proposta dichiaratamente socialista vince, anzi stravince, elezioni presidenziali in pace e democrazia. Dopo Salvador Allende nel 1970 tocca a Hugo Chávez, in condizioni politiche, economiche, culturali, storiche diverse e con una correlazione di forze molto più favorevoli. Propone al mondo, e in primo luogo alla sinistra, un problema politologico che ai più sembrava sepolto: è davvero finito il socialismo?
Il dodicesimo trionfo elettorale di Chávez, il più chiaro e monitorato di tutti, ma soprattutto il discorso politico con il quale gli ha conteso la presidenza Manuel Rosales, un Achille Lauro venezuelano, testimoniano che l'agenda politico-economica latinomericana è definitivamente cambiata e che nessuno può più vincere elezioni proponendo liberismo economico.
Oggi, o al massimo domani, Francisco Ramírez Acuña sarà nominato Ministro dell'Interno in Messico. Sul suo capo pendono 640 denunce per tortura e un odio viscerale per i giovani. Quindi per Felipe Calderón, che s'insedierà il primo dicembre, è l'uomo giusto al posto giusto.
Correa o Noboa: oggi il paese sceglie il suo presidente. Alle urne nove milioni di ecuadoriani per eleggere il nuovo presidente, dopo la cacciata popolare di quello vecchio (e degli ultimi tre). A sfidarsi al ballottaggio l'economista «chavista» Rafael Correa e il miliardario bananiero Alvaro Noboa. Sorpresa: nell'ultimo sondaggio Correa in testa
26 novembre 2006 - Diletta Varlese
In dieci giorni la polveriera messicana vedrà l'insediamento di due
governi, uno di centrosinistra che si proclama "legittimo" e l'altro di
destra, che è reale. Basta una scintilla.
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