Laboratorio di scrittura

Un po' di scrittura creativa...

Ricordo di Natali passati

23 dicembre 2010
Cilla Burzio

natale
IL TIRAMISU’

Occorrente:
3 uova; 5 cucchiai di zucchero; 250 grammi di mascarpone; 250 grammi di ricotta; un goccio di cognac; savoiardi o pavesini; caffè.

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Preparare tutti gli ingredienti disponendoli sul tavolo, con i contenitori necessari per fare la crema e la teglia per il dolce.

Ricordo il Natale a casa mia.
Il Natale della mia infanzia.
Il pomeriggio della vigilia mamma preparava la crema chantilly.
Io ero l’addetta a sbattere le uova con lo zucchero.

In un contenitore amalgamare i tuorli con lo zucchero. Sbatterli con il frullino, a lungo, fino a farli diventare un composto chiaro, quasi bianco.

Ricordo ancora la pentola.
Era d’alluminio. Una vecchia pentola con i manici in ferro, o meglio quello che rimaneva dei manici, perché l’impugnatura di plastica se n’era già andata da tempo.
Mamma preparava i tuorli d’uovo con lo zucchero, poi mi faceva impugnare il frullino elettrico. Io lo brandivo come fosse una spada. Pesava nelle mie piccole mani. Le braccia dopo un po’ erano stanche.
Ci voleva molto tempo.
Il composto doveva diventare bianco.

In un altro contenitore montare gli albumi a neve, fino a renderli duri e consistenti.

Non ricordo le dosi degli ingredienti, ma sicuramente c’erano parecchie uova e molto zucchero. Mamma è sempre stata generosa nelle quantità, vista la famiglia numerosa che si ritrovava.

Una volta che la base è bella chiara, aggiungere ricotta, mascarpone e liquore. Frullare fino a rendere il composto omogeneo.

Quando zucchero e uova erano ben miscelate, entrava in campo mamma, che prendeva la pentola e la metteva sul fuoco.
Forse aggiungeva altri ingredienti. Sicuramente del liquore, per smorzare il dolce dello zucchero.
Ho l’immagine di lei ai fornelli, con il grembiule a fiori, i capelli un po’ scarmigliati, accaldata in viso, che cuoce la crema attenta a non farla “impazzire”.

Con un cucchiaio amalgamare dolcemente gli albumi montati a neve con la crema, fino a renderla spumosa.

Il mio compito successivo era montare la panna.
Usavamo una grande ciotola di ceramica, dove mettevamo alcuni cartocci di panna. Ricordo ancora i pacchetti: erano rossi e bianchi, a forma di piramide. Dovevi tagliarne una punta e far colare il liquido spesso e corposo. Poi con le forbici tagliavi un lato per aprire il contenitore e raccogliere bene l’interno, in modo da non sprecare nulla.

Preparare il caffè che dovrà essere più o meno forte, a seconda dei gusti.
Se ci sono bambini è consigliabile prepararlo lungo e, al limite, allungarlo con del latte.

Montare la panna era un compito difficile perché sporcava parecchio e inoltre poteva non riuscire. Il frullino faceva schizzare la panna dappertutto. Per ovviare mamma metteva il contenitore nel lavandino e attaccavamo la presa sul balcone, ch’era la più vicina, anche se dovevamo far passare il filo dalla finestra.

Bagnare i biscotti nel caffè e disporre un primo strato nella teglia. Coprire con metà della crema preparata.

Una volta montata la panna e fatta raffreddare la crema, veniva il tripudio di mescolare le due parti.
In movimenti concentrici il giallo vivace della crema si fondeva al bianco della panna, come quei lecca lecca rotondi formati da due colori diversi, che si rincorrono in cerchi concentrici.
Si mescolava a lungo e dolcemente nella grande ciotola fino ad avere una crema giallina e spumosa.

Mettere un altro strato di biscotti e coprire con la crema restante.

La crema veniva fatta riposare fino al giorno dopo.
La ciotola veniva adagiata sul balcone, al freddo e ancora oggi ricordo le mie incursioni, armata di cucchiaino, per rubarne un po’ anzitempo.

Mettere in frigo e lasciare riposare per alcune ore.

Alzavo il coperchio e, di soppiatto, senza farmi accorgere tuffavo il cucchiaino dentro quel mare incredibile. Era dolce ma non nauseante. Aveva una consistenza fantastica, corposa e spumosa al contempo.
Sono convinta che mamma sapesse benissimo di questi miei furti, ma facesse finta di niente, sorridendo bonariamente della mia golosità.
Oggi gliene sono grata perché questo è uno dei ricordi più dolci e teneri della mia infanzia.

Disporre il tiramisù in ciotoline e mangiare con felicità.

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