Vent'anni senza di te
Vent'anni senza di te
Era un uomo generoso, leale, capace di scelte difficili. Non aveva esitato, durante la guerra, a rinunciare alla frequenza della Scuola Allievi Sottoufficiali, per permettere ad uno dei suoi fratelli di essere esonerato e di rimanere a Lecce vicino agli anziani genitori. Non aveva aderito alla Repubblica di Salò e da sottoufficiale dell’Esercito era stato deportato nel Campo di lavoro di Buchenwald. Nel 1954, sotto il Governo Tambroni, il più reazionario del dopoguerra, da dirigente di una ditta locale aveva intrapreso una difficile vertenza sindacale per i suoi operai, mai assicurati. Vertenza che gli era costata la sospensione dal lavoro con l’accusa di essere un sobillatore e di volersi appropriare della fabbrica. Vertenza che si concluse con una conciliazione che lo riscattava, ma che non lo dissuase dal rifiutare il reintegro, licenziarsi e riaprire il laboratorio di ebanisteria che era stato di suo padre e di suo nonno per continuarne l’attività. Scelta della quale non si pentì mai, persino nei momenti difficili, in cui avrebbe potuto rimpiangere il posto fisso che aveva lasciato. Come amava ricordare, quella scelta lo aveva reso libero, libero dai padroni e padrone della propria vita. Era un uomo d’altri tempi, innamorato del suo lavoro. Fiero di essere un maestro d’arte. Era un uomo generoso, rigoroso, di un’onestà adamantina, che forse oggi qualcuno potrebbe definire stupidità, ma che lo ha reso fieramente libero, di quella libertà che discende proprio dal non essere mai sceso a compromessi. E libero mio padre lo è sempre stato.
Era fiero delle opere che realizzava e che esponeva in varie mostre nazionali ed internazionali. Mobili unici, degni di essere ricordati per le proporzioni perfette e per l’estetica assolutamente originale. Conservo e ho restaurato nel corso degli anni molti dei suoi lavori, almeno quelli che ho potuto. Ho restaurato i miei ricordi.
Era un padre dolcissimo e un marito affettuoso. In tempi in cui i maschi di casa sempre, o quasi sempre, erano fuori la sera, non ricordo una cena alla quale sia mancato. A tavola, la sera, ci si ritrovava e si parlava di tante cose…e lui aveva sempre qualcosa da raccontarci...lui era sempre presente.
Sono sicura di averlo amato meno di quanto lui abbia amato me.
nota aggiunta il 12 dicembre 2024
Ringrazio Roberto Pagone, rappresentante dell'ANRP, che il 5 marzo 2023 mi ha informato che mio padre, Luigi De Mitri, era stato registrato erroneamente dalla Croce Rossa come De Nutri Luigi di Carmelo, al suo ritorno in Italia, presso il Centro Alloggio di Milano il 30 agosto 1945. Questo mi ha permesso di scoprire che faceva parte della III Compagnia di un Battaglione di Lavoro (Arb Btl), composto da un centinaio di soldati sotto la guida di un sottufficiale e il controllo della Wehrmacht. Proveniva dallo Stalag III A e il suo numero di internato era 113293. Dopo anni di ricerche infruttuose, ho finalmente potuto aggiungere l'ultima tessera al complesso mosaico della storia di mio padre, che sapevo essere stato un IMI, ma di cui non trovavo traccia negli archivi di Buchenwald né negli elenchi della Croce Rossa, a causa di un errore sul suo nome, che è stato registrato non correttamente due volte. La sua storia l'avevo ricostruita dai suoi racconti, non molto dettagliati, per cui Luckenwalde si era confuso con Buchenwald e avevo pensato che avesse richiesto il congedo illimitato subito dopo lo scoppio della guerra, ma non era così. Il Foglio di congedo illimitato, ritrovato solo nel marzo del 2022, ha svelato un'altra realtà: mio padre lo richiese nel novembre del 1945, tre mesi dopo il suo ritorno in Italia, dopo aver servito come allievo sottufficiale durante la guerra. Una decisione forse influenzata dal suo rifiuto del fascismo e della guerra e dal fatto che, come diceva spesso, al suo ritorno dalla prigionia aveva ritrovato a Lecce gli stessi fascisti che aveva lasciato. "Il fascismo non è morto con Mussolini. Non è mai stato veramente sconfitto, sopravvive, si è mimetizzato, serpeggia nel sottobosco delle istituzioni e fa sentire la sua influenza," mi diceva. E così i ricordi si rimescolano e lasciano spazio a una nuova storia che colloca tutto nella giusta posizione, o almeno quella che si può supporre. Ancora oggi non posso conoscere i pensieri che hanno veramente attraversato la sua mente nei giorni drammatici seguenti all'armistizio. Rimane però certa la sua decisione di rinnegare il fascismo, per evitare di macchiarsi del sangue di coloro che già lo combattevano. L'unica certezza che ho è che mio padre ha vissuto da antifascista tutta la vita.
Adriana De Mitri
nota aggiunta il 10 dicembre 2024
Adriana De Mitri
nota aggiunta il 10 dicembre 2024
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