Un ricordo di Giovanni Spilotros
Proverò qui a scrivere qualcosa di lui, della sua luminosa figura di sindacalista alla Fiat di Bari, della sua umanità conosciuta e apprezzata da tanti. Ma proverò soprattutto a spiegare ciò che lui ha rappresentato per la mia esperienza formativa di giovane alla fine degli anni Settanta.
Giovanni è stato per me un compagno e un amico, è stato l'operaio che volevo assolutamente incontrare, dopo un percorso ideale e culturale cominciato nel 1976 all'università, studiando i testi di Gramsci e di Marx. Respirando il clima di cambiamento di quegli anni tumultuosi.
E fu così che nel 1980, in un corso delle 150 ore organizzato dall'Università, lo incontrai. Lui aveva 27 anni e io 22. Subito ci sintonizzammo. Eravamo entrambi iscritti al PCI. Entrambi credevamo nell'alleanza fra operai e studenti. Entrambi eravamo giovani. Entrambi credevamo che avremmo contribuito a un significativo cambiamento sociale, nel solco del progetto politico di Enrico Berlinguer. Una linea nuova che guardava al socialismo dal volto umano, lontano dalle drammatiche esperienze dell'URSS ma vicino ai lavoratori, agli studenti, alle istanze di una democrazia partecipata e partecipativa.
Giovanni è stato per me un riferimento dentro questo progetto di cambiamento.
Operaio della Fiat e sindacalista FIOM, una sera mi raccontò nei dettagli della sua esperienza - quei fatti li visse in prima persona - come i lavoratori organizzati in maniera unitaria avevano saputo costituire un argine democratico di contenimento dell'avanzata neofascita dei primi anni Settanta. Mi rese partecipe, lui come testimone, delle esperienze straordinarie e coraggiose che portarono a dare una risposta ai "boia chi molla", protagonisti di violenze, barricate e scontri con la polizia. Un clima eversivo e scandito da attentati.
Il 22 ottobre 1972, i sindacati metalmeccanici Cgil, Cisl e Uil (insieme ai sindacati degli edili e alla Federbraccianti Cgil) organizzarono a Reggio Calabria una grande manifestazione di solidarietà in favore dei lavoratori calabresi con lo slogan “Nord e Sud uniti nella lotta”. E lui era lì, giovanissimo operaio.
Con Giovanni ho condiviso a Bari alla fine degli anni Settanta prima un corso di formazione sulle 150 ore e poi un profondo legame di affinità ideale. Ero a un passo dalla laurea e avevo ampiamente studiato le questioni dell'organizzazione del lavoro e del controllo democratico dei processi produttivi in fabbrica.
Lui con la Cinquecento blu e io con la chitarra e i testi dei Beatles. Tutti e due con l'Unità sotto il braccio.
Dal corso della 150 ore nacque un gruppo di giovani che aveva voglia di discutere ma anche di andare a divertirsi, di suonare, di condividere la cena assieme. Compagni deriva dal latino "cum panis" e nasce da una parola che significa condivisione, "condividere il pane". E noi lo facevamo veramente. Sono ricordi bellissimi.
Ci eravamo persi di vista quando sono andato via da Bari.
Giovanni l'ho reincontrato nel 2019 dopo quasi 40 anni. Mi disse che aveva scritto un libro, quello di cui trovate qui la copertina e anche uno stralcio, oltre che documenti video qui e qui. Ho ritrovato il suo sorriso che dava sicurezza. Ho ritrovato quell'ironia con cui accerchiava e smontava anche le questioni più spinose e difficili. Non si dava mai per sconfitto e in lui vedevo anche la forza storica dei comunisti, l'ottimismo di chi nel futuro ci crede davvero, quello spirito positivo con cui anche mio padre affrontava il mondo e le sue avversità.
Nel reicontrarlo ho rivissuto il passato e l'ho bevuto a sorsate, come acqua di sorgente. Ho ritrovato in Giovanni lo slancio che ci animava quaranta anni fa e che ci vede in movimento, felicemente, in questa foto.
Credo che se chi guidava il movimento avesse avuto la sincerità, l'umanità e la stoffa di Giovanni, quel cambiamento oggi lo avremmo visto realizzarsi, e tante sconfitte e delusioni non ci avrebbero afflitto.
Oggi di Giovanni ci rimane la testimonianza di un cambiamento possibile. Ci lascia la sua vita, la sua storia, la sua umanità. Un patrimonio che deve continuare a vivere. Sarebbe importante che i compagni che lo hanno conosciuto facciamo un patto solenne per ricordarlo, per conservarne i ricordi, per riannodare i fili di una rete attiva e concreta che lo ha visto protagonista come portatore di giustizia e di speranza.
Oggi di Giovanni ci rimane questa brevissima, struggente testimonianza del suo rapporto con i compagni della fabbrica.
Giovanni Spilotros (dal libro "Fabbrica")
Allegati
Fabbrica. Storie e lotte alla Fiat di Bari
Giovanni Spilotros60 Kb - Formato pdfUno stralcio del libro
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