"Ho pianto per i bambini di Taranto e per questa infanzia negata"
"Questa è infanzia negata, questa si chiama infanzia perduta". È stato con queste parole, pesanti e dure come pietre, che Andrea Iacomini portavoce di Unicef Italia, ha concluso il suo intervento a Taranto, lo scorso 21 novembre, nella conferenza stampa "Diritto alla voce", per le celebrazioni annuali della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. La scelta di Taranto, città simbolo della lotta all'inquinamento, non è stata casuale così come la decisione della sede, presso l'Ordine dei Medici e Odontoiatri di Taranto.
All'incontro erano presenti, oltre allo stesso Iacomini, il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, la dottoressa Annamaria Moschetti, pediatra, coordinatrice Commissione Ambiente dell’Ordine provinciale dei Medici, il dott. Prisco Piscitelli, epidemiologo Isbem (l'Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo), Alessandro Miani, presidente Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale); il dottor Cosimo Nume, presidente dell’Ordine dei Medici di Taranto; il dottor Gianmarco Surico, oncologo, direttore coordinamento Oncologico regionale; l’avvocato Marina Venezia di Cittadinanza Attiva, Tribunale dei diritti del Malato Taranto; la dottoressa Silvana Melli, dirigente ASL; Massimo Castellana, portavoce dell’associazione Genitori Tarantini.
L'Unicef, Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, si schiera al fianco di Taranto e dei suoi bambini e lo fa in maniera forte e decisa, attraverso le parole del suo portavoce nazionale che ha avuto modo di vivere una giornata al fianco delle associazioni, dei medici e dei bambini della città dei due mari. Una giornata che, per sua stessa ammissione, gli sarà impossibile dimenticare.
La voce di Andrea Iacomini è rotta dall'emozione quando racconta della sua visita nei quartieri Tamburi e Paolo VI per conoscere i bambini, ascoltare i loro racconti, incontrare gli insegnanti e i presidi delle scuole, immergersi in una realtà che è difficile anche solo concepire se non la si vive, se non la si tocca con mano. Probabilmente non immaginava di trovarsi davanti una situazione così drammatica, di doversi confrontare con il dolore di tante famiglie, con la disillusione di tanti bambini. Non si aspettava di sentire la voce di Taranto così forte, fin dentro al cuore, tanto che si è sentito in dovere di chiedere scusa alla città per il ritardo con cui l'Unicef è arrivata a conoscere e trattare il caso di Taranto.
“Io non ho parole, ho pianto tutta la mattina a Paolo VI quando mi hanno detto che non ci sono i soldi per il campetto dove giocare. Io l'ho visto il campetto dietro le case, è una cosa impressionante. Il nostro mandato è di proteggere i bambini ovunque essi siano, noi da oggi lo faremo, da oggi noi adottiamo Taranto, però mentre parlo sento di dire un sacco di parole inutili, sento di non avere la soluzione. Avrei voluto dirlo ai bambini a scuola, vorrei poter avere la soluzione in tasca. Ecco, viene questo simbolo (il simbolo dell'Unicef, nda) che nel mondo vuol dire protezione, che nel mondo vuol dire salvezza, che nel mondo vuol dire salute, e vengo qua a casa mia, in Italia, e vorrei potervi dire che da domattina tutto questo non c'è più, ma non posso. Io ai bambini di Taranto posso solo dare la mia voce, quella della mia organizzazione, perchè da oggi non li lasceremo soli”.
Sono parole forti, dettate dalla commozione ma anche dalla rabbia per quello che ha appena visto, per quello che i bambini e gli abitanti di Taranto gli hanno raccontato in poche ore. “In Italia ci sono un milione e mezzo di bambini che vivono in povertà relativa, lo dico da anni, ma raccontare adesso quello che è accaduto qui diventa un imperativo ancora più importante. Io credo che un'organizzazione come la nostra non possa non raccontare quello che ho visto. Sono rimasto sconvolto, credetemi. Innanzitutto per Syria (la bambina del quartiere Tamburi, morta di tumore a soli 4 anni, nda) che aveva l'età di mio figlio. Ma resto sconvolto per quello che ho letto. Io ho letto oggi temi, centinaia, di una generazione di bambini che sono già adulti, una generazione di bambini che non dobbiamo assolutamente considerare ignara ma, anzi, grazie all'aiuto degli insegnanti, dei presidi che ho incontrato, sono bambini che sono pronti a cambiare questa città. Sono il futuro di questa città, sanno bene cosa succede in questa città. È altrettanto assurdo leggere di bambini che scrivono già in età giovanissima del diritto alla vita, del potere dell'istruzione. Io ho pensato a Malala che in Pakistan, e non a Taranto in Italia, diceva che con una penna voleva salvare una generazione di sue coetanee e le hanno dato un colpo in testa perchè lì le donne non possono parlare. Questi bambini parlano del potere dell'istruzione. Parlano delle loro paure. Un bambino di 6 anni è già consapevole del fatto che crescendo può morire di cancro. Da una parte c'è questa forte consapevolezza, che mi fa pensare che questi bambini fra 10 anni saranno quelli che daranno filo da torcere, dall'altra c'è chi non sta facendo niente: è assolutamente impensabile, è allucinante, è incostituzionale”.
Iacomini aggiunge: “Il silenzio e l'indifferenza sono un crimine contro l'umanità, in questa città oggi siamo in piena violazione, in pieno crimine contro l'umanità, esattamente come avviene in altri paesi. La giornata mondiale dell'infanzia non è stata solo ieri, ma inizia oggi qui a Taranto e io affermo, con certezza, che in Italia ci sono dei bambini italiani che vivono senza diritti. Ci sono dei bambini italiani, io non li voglio chiamare i bambini di Taranto, io non li voglio chiamare i bambini vittime dell'Ilva, io voglio che si sappia che questi sono bambini italiani e come tutti i bambini italiani meritano attenzione”.
Torna poi sul caso Ilva, sulla cessione del colosso siderurgico al gruppo franco indiano Arcelor Mittal, avvenuta lo scorso 15 settembre, dopo mesi di febbrili trattative che hanno coinvolto il mondo politico e le associazioni del territorio.
“Come si fa a dire che il caso Ilva è chiuso soltanto perchè è stato fatto un accordo, quando c'è un caso che riguarda l'infanzia, i figli di questa città? Il caso Ilva non è chiuso, i bambini qui vivono una condizione impressionante”.
Conclude con un appello alla politica italiana, ai rappresentanti del governo, al garante per l'infanzia, chiedendo di venire tutti a Taranto, senza colori, per risolvere il problema dei bambini che muoiono di tumore.
Stringe tra le mani i temi dei bambini del quartiere Tamburi, quegli stessi bambini che la mattina si svegliano e, per prima cosa, guardano fuori dalla finestra, quei bambini che osservano il cielo di un colore diverso da quello che vedono i loro coetanei in altre città e che sognano un futuro. In tutti i temi di questi bambini si ritrovano le stesse frasi, le stesse dolorose constatazioni. “Questa è un'infanzia negata. Questa si chiama infanzia perduta, questi si chiamano diritti violati, non in Africa, non in Siria, non in Yemen, signori, non nell'Africa centro occidentale, ma nel mio paese, in Italia succede questo schifo. I bambini questo non lo possono sopportare. I bambini di Taranto sono i bambini italiani”- dice ancora Iacomini.
Sul tavolo, davanti a tutti, un cesto pieno di temi, di lettere, di racconti scritti dai bambini di Taranto. Verranno consegnati dalle mani dei rappresentanti dell'Unicef al Presidente della Repubblica Mattarella e in quelle del Santo Padre Francesco. Su quei fogli ci sono i sogni infranti di una generazione di bambini, c'è il loro essere diventati grandi troppo presto, la loro disillusione, la loro sfiducia nei grandi che non fanno niente per aiutarli. Ma in quelle lettere c'è anche la forza, il coraggio, la determinazione di una comunità che non si arrende, che continua a lottare per un futuro diverso, un futuro migliore da consegnare ai bambini di oggi e a quelli di domani. I saluti sanno di speranza, di promesse, di lealtà: “Da domani mattina voglio vedere chi ci sta e poi ci ritroveremo di nuovo tutti qua. Ve lo prometto”.
Video della conferenza stampa di Andrea Iacomini (si ringraziano i Genitori Tarantini)
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