14 settembre 2003 - Maria Teresa Tarallo
Voto: ***
La pedagogia di Freire come lotta di liberazione dal neo-liberismo?
Si', se si pensa che il lavoro di coscientizzazione delle masse popolari
mira a far prendere consapevolezza delle situazioni-limite in cui si vive e
a cui la gente "aderisce" senza capire il perche'.
Nel suo libro, Leandro Rossi ha ampiamente e chiaramente reso fruibile il pensiero di questo eccezionale "profeta nonviolento", in tutti gli aspetti: dalle premesse al metodo al metodo educativo, ai cardini pedagogici su cui si impianta l'opera dell'educatore, ai riferimenti con la pedagogia attuale.
I paralleli-confronti con altri "profeti" violenti e non (Cristo, Gandhi,
ma anche Marx, Che Guevara...) servono a dare un'idea della posizione
ideologica di Freire. Un rivoluzionario si', ma che nei suoi scritti non si
e' mai dichiarato apertamente per la violenza o la nonviolenza. Comunque fu un nonviolento durante la sua vita, e soffri' anche l'esilio dopo il colpo di stato dei militari in Brasile.
Era un uomo di fede, nel senso autenticamente evangelico, che vedeva Cristo incarnato nei poveri e in tutti gli uomini, oppressi e oppressori, perche' entrambi bisognosi di essere aiutati a sviluppare una coscienza critica in un dialogo aperto con il mondo.
Nello stesso tempo era un marxista, poiche' l'empatia per le masse rimane pura riflessione teorica se non si tramuta in prassi, cioe' azione
consapevole dell'uomo nel e con il mondo. L'aspetto educativo diventa cosi' impegno sociale e politico. Politico, non "partitico".
Come per don Lorenzo Milani, anche Freire era contro una cultura
"depositaria", basata sulla semplice trasmissione di contenuti nozionistici a senso unico educatore-educando. Nel libro si argomenta ampiamente che tale cultura garantiva stabilita' e forza alle strutture di potere, mascherando la realta' con l'imposizione piu' o meno occulta di miti ed evitando la crescita critica e creativa dell'uomo. Viceversa, come per don Milani, anche per Freire l'educatore deve imparare attraverso il dialogo, strumento di liberazione.
La cultura viene quindi vista sotto un'ottica diversa: non come "invasione
culturale" (la cultura "valida" e' quella dell'uomo ricco, dell'uomo bianco, dell'uomo colto...) ma come "sintesi culturale": valorizzazione di tutte le culture create dall'uomo, nel suo rapporto con la natura e con il mondo. Cultura come sforzo dell'uomo per allacciare un dialogo con l'altro uomo, come conoscenza e rispetto della natura.
Freire ha visto cadere il comunismo (e' scomparso nel 1997), un'ideologia che si dichiarava a favore del popolo e sembrava promettere la realizzazione di una societa' egalitaria, ma che nella sua concreta
realizzazione ha perpetuato gli schemi di potere oppressori-oppressi, con dei capi che hanno agito per il proprio tornaconto.
Questo ha rafforzato in lui la convinzione che non vi e' cambiamento
sociale e politico senza un'adeguata formazione critica delle coscienze
individuali. Da qui il valore della sua pedagogia della liberazione.
Tornando alla domanda iniziale, e cioe' se la pedagogia di Freire puo'
servire alla lotta di liberazione dal neo-liberismo, possiamo rispondere di
si'. Freire vedeva nel neo-liberismo uno strumento di oppressione e di
disumanizzazione sociale e culturale. Egli sarebbe stato ben felice se la sua opera fosse servita a superarlo. "La liberazione degli oppressi
funzionera' - dice Leandro Rossi - ma a due condizioni: che gli oppressi
siano coscientizzati e coinvolti; e che si sentano amati e non piu'
manipolati".
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