Marco Tullio Giordana, occhio alle sirene...

11 maggio 2005
Stefano Mencherini (regista RAI e giornalista indipendente)
Fonte: Liberazione

Cinema - Caro Marco Tullio Giordana, confrontiamoci sui Cpt

Caro direttore, non ho ancora visto "Quando sei nato non puoi più nasconderti", l'ultimo film di Marco Tullio Giordana e ho grande rispetto per il suo lavoro passato, ma non posso condividere alcune considerazioni del regista apparse sul "Manifesto" e comunque già pubblicizzate nelle scorse settimane. E' in ogni caso lodevole aver colto attraverso una storia la fatica planetaria che sta in questi anni sulla pelle dei migranti, ma bisognerebbe anche riuscire a descrivere, pur di passaggio, il relativo calpestio di diritti umani e civili che sembra non interessare o indignare quasi nessuno. Peggio: non se ne deve parlare, tantomeno in tivù. Così con la fiction o col cinema diciamo socialmente impegnato. Certo, non si può pretendere di vedere ciò che si vorrebbe, anche se gli sguardi di autori, registi e giornalisti non dovrebbero essere avulsi dalla realtà né tantomeno ometterla o distorcerla. Giordana dice a proposito dei Centri di permanenza temporanea: ce ne sono di buoni e di cattivi; servono, ma sono luoghi terribili; si tratta anche di affari perché lo Stato paga fior di rette. Parla tra l'altro di un Cpt da lui visitato, il dismesso "Regina pacis" di San Foca voluto e retto, caso unico in Italia, dalla Curia di Lecce per scelta dell'arcivescovo di Lecce Cosmo Ruppi (presidente della Cei di Puglia) che vede il suo ex segretario particolare nonché direttore del Cpt don Cesare Lodeserto agli arresti con cinque procedimenti penali in corso dalle accuse gravissime come sequestro di persona, violenze varie, abuso di mezzi di correzione, peculato e così via. Giordana dice: «Accusare Lodeserto è lo stesso che accusare Regina Coeli - io sono innocentista - ora è stato chiuso, le ragazze sono di nuovo per strada. Noi non sappiamo in realtà cosa succede veramente quando vediamo questi stranieri così pittoreschi». Eccoci arrivati al punto: neppure io, creda Giordana, sono un giustizialista. Soltanto un piccolo regista e giornalista che però disprezza chi non ha rispetto dei diritti umani, soprattutto di chi non si può difendere ed è in fuga da guerre o carestie. Per questo mi sono documentato e ho autoprodotto oltre due anni fa (dato che nessuno ha voluto farlo al posto mio) un film-inchiesta, "Mare nostrum", che documenta una buona serie di nefandezze compiute sulla pelle dei migranti, illegali e legali, negli ultimi anni. Ma questo lavoro ha ancora addosso la camicia di forza che gli hanno imposto tutte le televisioni italiane, grandi e piccole, ma anche certi sistemi di distribuzione indipendente o no. La censura preventiva non aiuta neanche Giordana a rendersi conto davvero di cosa sono le Guantanamo italiane e di quanto male faccia anche culturalmente una legge, la Bossi-Fini, che equipara persone a bestiame, che le seleziona per razze nei decreti attuativi, che permette anche in barba alla Ue, che probabilmente per questo sanzionerà l'Italia, le deportazioni da Lampedusa e così via. Con i mari delle nostre vacanze insanguinati da migliaia e migliaia di dispersi, con fosse comuni improvvisate per i senza nome di cui si riescono a rintracciare pezzi di corpi. Propongo quindi al regista una doppia proiezione con dibattito, magari dentro nella facoltà di Scienze e comunicazioni della Sapienza, del suo ultimo lavoro e di "Mare nostrum".

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