Report ultima udienza

13 dicembre 2004

Lentamente e con un puntuale lavoro di scavo, ascoltando testimonianze ed anche discorsi pronunciati a metà, pezzi importanti di verità stanno emergendo in un processo che, per la rilevanza pubblica degli imputati e la valenza politica dell'intera vicenda, si preannuncia infuocato.
Sta emergendo dalle parole dei testimoni una realtà, quella del CPT di San Foca fatta di quotidiane prevaricazioni, di acquiescenza alla violenza, di imperante clima di paura e ricatto.
Ovviamente ci rendiamo conto che si tratta di un processo in cui i fatti vanno accertati e verificati e che un giudizio definitivo non può che essere emesso da chi ne ha le competenze giuridiche per farlo; pur tuttavia chi ha assisistito, come noi , al processo non può che restare allibito di fronte alle testimonianze che si susseguono davanti al giudice.
L'udienza odierna è durata 9 ore, nove ore in cui sono stati sentiti tanti testimoni chiamati dal P.M. a riferire su fatti di cui erano a conoscenza, per motivi legati alla loro professione...

...Sono presenti gli avvocati della difesa mentre per assistere i ragazzi maghrebini denuncianti e per rappresentare l' ASGI, costituitasi parte civile in questo processo, c'è l'avvocato Petrelli, oltre l'avvocato Scardia che rappresenta anch'esso alcuni dei migranti maghrebini, parte lesa in questo processo.
L'udienza si è aperta poco prima delle ore 10,00 con la presa d'atto da parte del giudice che ancora una volta gli imputati, compreso Don Cesare Lo deserto, erano assenti dal dibattimento mentre dei 17 maghrebini che hanno denunciato le violenze erano presenti in aula quattro di loro.

Viene accolta dal giudice la richiesta dell'avvocato Petrelli, che assiste i 17 maghrebini, di acquisire tra le prove documentali una cartella clinica di Giuseppe Lo deserto, operatore nel centro Regina Pacis e fratello di Don Cesare Lo deserto, dalla quale si rileva che Giuseppe Lo deserto fu curato il 27.11.02 (cioè pochi giorni dopo i fatti in questione) in ospedale per contusioni di una certa entità alla mano destra, lesioni attribuite dall'interessato ad una caduta ma, per la loro natura, lesioni attinenti all'esercizio di percuotere.
Tra i primi a testimoniare, chiamati dal Pubblico Ministero, c'è M. SCALESE, un maresciallo dei carabinieri incaricato dal P.M. di svolgere indagini presso il Regina Pacis per rintracciare i file informatici relativi ai referti medici redatti dai
medici in servizio presso il Regina Pacis e relativi alle lesioni riportate dai maghrebini durante la fuga, il 21 novembre 2002. Di questi file non è stata trovata traccia e , dice SCALESE, che è impossibile capire se non ci sono mai stati o se sono stati cancellati.

Ma la parte più significativa della sua testimonianza si riferisce alle dichiarazioni, rese in sede in indagini preliminari, da un altro migrante, MUSTAFÀ., di origine irachena che prestava lavoro come interprete e autista presso il CPT, dichiarazioni rese in via informale e non verbalizzate, nelle quali Mustafà .. dichiarava di non aver detto tutto ciò che
sapeva per paura che gli potesse accadere qualcosa; Mustafà . il 9.7.2003 dichiarava di aver paura; le stesse parole Mustafà . ripete davanti al giudice nell'udienza di oggi; infatti lui, tra tanti non " ricordo" e "non so", soprattutto relativi alla presenza di Don Cesare Lo deserto quella sera infausta del 21 novembre 2002 presso il Regina Pacis, asserisce con grande nettezza che " non era la prima volta che si verificavano violenze e venivano picchiati gli immigrati dentro il Centro; essi subiscono violenze sia morali che fisiche, io penso che loro. non mi lasciano stare se io dico la verità". Mustafà è stato licenziato da qualche mese dal Regina Pacis e ripete, davanti al giudice, di aver paura per la sua vita, per la sua incolumità fisica, benché non indichi in nessuna persona in particolare la fonte della sua paura. Ma la sua testimonianza conferma anche che ai maghrebini fu imposto di alimentarsi di carne di maiale e che il cuoco del Regina Pacis era a conoscenza del fatto.

Le testimonianze che si sono susseguite, nel corso del processo, sia dei carabinieri incaricati di indagini a seguito delle denunce prodotte dai migranti (Doria, Filieri) sia dei medici in servizio al Regina Pacis e all'ospedale Vito Fazzi di Lecce (Refolo, Ruggeri, Turco, Ricci) sono servite a ricostruire la dinamica e le responsabilità dei fatti accaduti la notte tra il 21 e il 22 novembre 2002 dentro il Regina Pacis: dopo la fuga, alcuni dei migranti scappati vengono ripresi, i medici assistono quattro di loro, stesi in un corridoio e feriti in più parti del corpo(significativo il fatto che il corridoio dove giacciono feriti e sanguinanti i migranti fuggitivi sia l'unico posto del Regina Pacis dove non ci sono le telecamere, presenti invece in tutti gli altri ambienti del Centro); per uno di loro, Montassar, viene disposto il ricovero in ospedale perché presenta un forte trauma cranico e ferite sanguinanti al volto e all'arcata sopraccigliare; ricovero che viene effettuato fornendo false generalità del ferito da parte degli accompagnatori ai medici di guardia al pronto soccorso; anche qui i " non ricordo" si susseguono ma appare chiaro, almeno per chi scrive, che una persona in quelle condizioni fisiche e senza conoscere una parola d'italiano non potesse dare nome, cognome e data di nascita precise di un' altra persona oltre che non aver alcun interesse a declinare false generalità. Mentre i quattro migranti, a terra nel corridoio del Centro, ricevono le cure mediche, viene effettuato l'appello e la ricognizione di tutti gli altri migranti presenti nel Centro, per controllare l'esatto numero dei fuggitivi.

Il clima nel Regina Pacis era, in quei momenti, di grande tensione e concitazione, tanto da far dire ad uno dei medici che 'quella notte al Centro c'era stata una vera e propria guerriglia' .
Nei giorni successivi altri migranti ricorrono alle cure mediche ma (stando alle testimonianze) nessuno dei medici in servizio presso il Regina Pacis sa o si rende conto esattamente di cosa sia successo; nel frattempo alcuni certificati vengono redatti da medici, in un turno lavorativo di un altro medico assente e ignaro dell'esistenza stessa di questi certificati.

Una ricognizione puntuale delle singole testimonianze ci porterebbe a dire che, per molti, quello che accadde quella notte nel Regina Pacis era normale amministrazione, della quale ci si può facilmente dimenticare o non stupirsi per significative anomalie benché queste riguardassero persone ferite nel corpo e nell'animo; ma tra i tanti 'se', 'forse, 'non ricordo', 'non era mia competenza', 'non era il mio turno' , la verità si sta facendo strada e questa verità va oltre anche l'accertamento processuale: il CPT Regina Pacis, al di là della retorica provinciale e farisea con la quale si è sempre cercato di mascherare questa cruda realtà di segregazione con parole quali " accoglienza" e 'solidarietà verso gli ultimi ' e nonostante il grande dispiegamento di sollecitazioni mass - mediologiche affinché l'opinione pubblica guardasse ai gestori di questo Centro come a benefattori della povera gente, sta emergendo nella sua vera natura di luogo di segregazione, carico di violenza fisica e morale, di sopraffazione, omertosi silenzi e carità pelosa.

Il processo proseguirà il 24 febbraio con l'audizione degli altri testi e degli imputati. Mentre anche alcuni di quelli che hanno testiminiato oggi saranno risentiti.

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