Bugie sulle armi in Iraq: ora su Bush c'e' bufera

la credibilita' cdell'amministrazione Bush e' ormai bassissima dopo che hanno dovutoammettere che hanno inventato la storia dell'acquisto di uranio in Niger
10 luglio 2003
Bruno Marolo
Washington. Si può ancora credere a George Bush? Nemmeno i suoi collaboratori prendevano sul serio la storia dell'uranio che Saddam Hussein avrebbe cercato di comprare in Africa per produrre una bomba atomica. Il presidente americano aveva lanciato l'accusa nel gennaio scorso, nel discorso "sullo stato dell'Unione" davanti alle camere in seduta congiunta. "Il governo britannico - aveva dichiarato - ha appreso che Saddam Hussein recentemente ha cercato di acquistare quantità significative di uranio in Africa". L'occasione era solenne e ogni parola del presidente era stata valutata da uno stuolo di consiglieri. Ora si scopre come alla Casa Bianca alcuni sapessero anche allora che i documenti sul presunto acquisto di uranio erano falsi. Un esperto mandato in Africa per indagare aveva avvertito che si trattava di voci infondate, e la Cia aveva girato l' avvertimento alla Casa Bianca sin dal marzo 2002, quasi un anno prima del discorso di Bush. Qualcuno doveva pure ricordarsene e infatti, una settimana dopo le dichiarazioni del presidente al congresso, il dipartimento di stato aveva ammesso la loro scarsa credibilità in una lettera all'agenzia atomica internazionale. Oggi come allora, George Bush non dà ascolto alle obiezioni. Lo scandalo dell'uranio inesistente lo ha inseguito in Africa, in una conferenza stampa a Pretoria. Crede ancora, è stato domandato, che Saddam Hussein avesse cercato di comprare materiale radioattivo? Come sempre Bush ha risposto in tono di sfida. "Una cosa è certa - ha detto - Saddam non cerca di comprare niente adesso. Se è vivo, sta scappando". Ma non bastano le battute per placare l'opposizione che chiede un'inchiesta. "E' abbastanza grave - ha sostenuto il senatore Edward Kennedy - che una bufala così sfacciata sia stata citata dal presidente tra i motivi per la guerra, ma sarebbe ancora più grave se si trattasse di una menzogna cosciente". Fonti dei servizi segreti hanno rivelato all'Unità che le false voci sull' uranio africano circolavano da più di dieci anni e gli addetti ai lavori le avevano messe in ridicolo. Sin dall'origine c'era un risvolto italiano. Nel 1990, prima che l'esercito di Saddam Hussein invadesse il Kuwait, un informatore del Sismi, lo spionaggio militare italiano, aveva segnalato che gli iracheni cercavano in Mauritania un poligono di prova per un missile di gittata troppo lunga per essere sperimentato nel loro paese. In questo contesto, si era diffusa la voce che Saddam cercasse di comprare uranio in Niger per una testata atomica. Dopo la guerra nel 1991, gli ispettori dell'Onu e agenti di vari paesi avevano controllato questa voce: non risultava che fosse vera, e in ogni caso le sanzioni contro l'Iraq avevano reso quasi impossibile la produzione di armi nucleari. Nel 1999, dopo l'espulsione degli ispettori dall'Iraq, si era rinnovato il sospetto di una trattativa con il Niger per l'acquisto di uranio. Dopo l'11 settembre 2001 gli Stati Uniti, alla ricerca di prove contro Saddam, avevano ricevuto dai servizi segreti britannici documenti che parevano confermare i sospetti. L'ex ambasciatore americano Joseph William, inviato nel Niger per indagare, concluse che il materiale non era credibile. Il suo rapporto, avallato dagli esperti della Cia, venne trasmesso alla Casa Bianca nel marzo 2002. Al governo "non risulta" che sia stato letto dal presidente. La Casa Bianca si comportò come se l'ambasciatore Williams non fosse mai stato in Africa. Nell'ottobre 2002 segnalò all'agenzia internazionale per l' energia atomica (Aiea) che gli inviati Saddam cercavano uranio in Niger. L' agenzia chiese le prove e per sei settimane non ottenne risposta. Soltanto il 4 febbraio, una settimana dopo il discorso di Bush al congresso, il dipartimento di stato americano trasmise all'Aiea i documenti ottenuti dallo spionaggio britannico, con una strana lettera di accompagnamento. "Non possiamo confermare questo materiale - avvertiva la lettera - e noi stessi abbiamo dubbi su alcuni punti specifici di quanto viene asserito". Gli ispettori dell'Aiea smascherarono subito il falso. Letta con il senno del poi, la frase di Bush al congresso è rivelatrice: sembra sottolineare che le voci sull'acquisto di uranio in Niger vengono da Londra e non da Washington. Ma si suppone che il presidente degli Stati Uniti non dovrebbe parlare a vanvera quando si rivolge alle camere in seduta congiunta e alla nazione. Un controllo sarebbe stato semplice. Bastava interpellare il governo francese, che ha una rete capillare di informatori in Niger come in tutta l'Africa francofona. In quel momento però Bush aveva interesse a sostenere che Saddam era pericoloso, e non tollerava le obiezioni della Francia. "In Iraq - ha spiegato ieri il ministro della difesa Ronald Rumsfeld - non abbiamo agito alla luce di nuove prove sulle armi di sterminio. L'attentato dell'11 settembre ci ha mostrato le prove in una luce diversa". George Bush non ha dubbi. "Sono assolutamente certo - ha dichiarato in Sudafrica - di avere fatto la cosa giusta rimuovendo Saddam dal potere. Il mondo chiedeva il suo disarmo e noi abbiamo deciso di disarmarlo". Per la verità il mondo, tramite le Nazioni Unite, si opponeva all'invasione dell'Iraq. Dal punto di vista del presidente americano la vera giustificazione della guerra è la vittoria, ottenuta a prezzo della vita di seimila civili iracheni e 143 militari americani. Sono già 73 i soldati morti dopo che Bush ha proclamato la fine dei combattimenti. Il numero aumenta quasi ogni giorno, e la popolarità del presidente diminuisce.
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