Le armi batteriologiche di Saddam erano un'invenzione. E Bush neanche consultò la Cia
http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=27491 - 20 luglio 2003
NEW YORK Nella fretta d’andare in guerra contro l’Iraq, la Casa Bianca non chiese alla Cia di verificare se davvero Baghdad fosse in grado di lanciare un attacco chimico batteriologico nel giro di tre quarti d’ora. Il presidente Bush tuttavia non si fece scrupolo d’utilizzare quest’argomento parlando alla nazione, senza mai darsi pena di rettificare quando fu chiaro che si trattava d’una sciocchezza priva di fondamento.
Sono stati funzionari dell’amministrazione, citati ieri dal Washington Post, ad ammettere la disinvolta procedura, lungi dal presidente l’intenzione di mentire o di gonfiare il caso contro Saddam Hussein.
La storia dei 45 minuti è particolarmente grave se si considera che nessuno sinora è riuscito a trovare traccia di queste famose armi di sterminio e che l’esercito iracheno – sotto attacco delle truppe anglo americane – ha mostrato d’avere a disposizione solo qualche missile arrugginito, assolutamente convenzionale, e neppure in grado d’arrivare dritto sull’obiettivo.
A Londra sulla stessa faccenda si è già aperto uno scandalo di gravi proporzioni: gli investigatori sono convinti infatti che questo sia il motivo per cui David Kelly, lo scienziato trovato morto la scorsa settimana, si sarebbe suicidato. Era stato proprio lui a rivelare alla Bbc che il particolare dei 45 minuti era una bufala, inserito nel dossier contro Saddam Hussein dietro insistenza di un collaboratore del primo ministro Tony Blair e contro il parere dei servizi segreti di Sua maestà.
Esattamente com’è accaduto per i presunti tentativi d’acquistare uranio in Niger, per cui Saddam Hussein si sarebbe fatto l’atomica nel giro d’un anno, a Washington non è mai parso vero di poter attribuire agli amici inglesi ogni informazione campata in aria pur di giustificare l’urgenza d’un intervento militare. Bush lo ha fatto parlando dal Giardino delle Rose della Casa Bianca e durante un discorso radiofonico del sabato. Alla fine s’era così innamorato della fulminea capacità d’attacco di Saddam Hussein da citarla senza darsi pena di specificare da dove arrivasse l’informazione. Il testo del Global Message diffuso lo scorso 26 settembre, che ancora si può leggere sul sito Internet della Casa Bianca recita: “Il pericolo è grave e crescente. Il regime iracheno possiede armi chimiche e batteriologiche e sta ricostruendo gli impianti per produrne di più. Può lanciare un attacco biologico o chimico entro 45 minuti da quando l’ordine venga impartito. Il regime sta lavorando a una bomba nucleare e, con materiale fissile, potrebbe costruirne una nel giro di un anno”.
Ma com’è possibile che il presidente degli Stati Uniti parli a vanvera? Fonti dell’amministrazione minimizzano: questo non era un discorso solenne, come quello sullo Stato dell’Unione, e dunque Bush non aveva bisogno di far controllare il testo ai responsabili dei servizi d’intelligence, per interventi di questo tipo è sufficiente che si consulti con il suo staff. Se l’intento era quello d’essere accurato e veritiero, il suo staff non ha fatto un buon lavoro, ma la giustificazione comunque non convince. Il direttore della Cia, George Tenet, aveva messo in guardia l’amministrazione: “per un discorso presidenziale lo standard non ammette che le informazioni facciano riferimento a un’unica fonte”.
La spiegazione arriva forse da un intervento di Caspar Weinberger, segretario alla Difesa durante l’amministrazione Reagan, che nella pagina degli editoriali del Wall Street Journal scrive con brutale candore: “Qualcuno crede davvero che siamo andati in guerra perché un rapporto degli inglesi sosteneva che l’Iraq aveva cercato di comprare uranio dal Niger?”. No, signor segretario, anche l’opinione pubblica americana comincia a pensare che il presidente Bush e il vice presidente Cheney avessero già deciso di far guerra all’Iraq per molti altri motivi. Il problema è che è stato George W. Bush a sostenere che il solo motivo fosse un pericolo imminente per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei Paesi che fanno parte del mondo civilizzato. Un vecchio repubblicano di ferro ora ci rammenta che non bisogna mai prendere sul serio il presidente
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