Iraq: giustiziato ad un check-point Usa il reporter iracheno che aveva denunciato gli squadroni della morte
Yasser Salihee medico e giornalista per il gruppo Knight Ridder, indagava sugli scomparsi sunniti uccisi dai commandos guidati dai consiglieri Usa
«Campagna di esecuzioni in Iraq?» titolava martedì scorso il quotidiano «Philadelphia Inquirer» con un articolo sulla sistematica uccisione da parte di reparti speciali della polizia irachena, addestrati dai consiglieri americani, di sospetti simpatizzanti sunniti della resistenza. L'articolo, frutto di un lungo lavoro di indagine di un giornalista iracheno, Yasser Salihee, «corrispondente speciale» per il gruppo americano «Knight-Ridder», sosteneva che, all'indomani della formazione del nuovo governo sciita-kurdo di Ibrahim Jafaari, all'obitorio di Baghdad sono cominciati ad arrivare decine e decine di corpi di sunniti arrestati, torturati e uccisi dalle nuove forze di sicurezza irachene. Si è trattato di un primo, importante, spiraglio sull'oscuro avanzare di quell'«Opzione Salvador» sempre più praticata dagli Usa in Iraq. Eppure, nonostante la serietà dell'indagine, praticamente nessun media di rilievo negli Usa e tanto meno all'estero, ha poi ripreso questo piccolo tassello del tragico mosaico iracheno. Yasser Salihee, «medico e giornalista» come amava descriversi, aveva così ripreso le sue ricerche utilizzando i suoi ottimi rapporti con gli ex colleghi dell'ospedale «Yarmouk» di Baghdad e degli altri nosocomi della città, ma non ha avuto neppure il tempo di scrivere un secondo articolo sulla «guerra sporca» irachena. Venerdi 24 giugno, giorno di riposo, Yasser aveva preso la sua auto e stava andando a fare benzina quando un cecchino Usa appostato nei pressi di un - non è ancora chiaro - posto di blocco o «check-point» nel quartiere di Ameriyah, lo ha colpito con un colpo alla testa uccidendolo all'istante. Una prima versione data dal Pentagono sosteneva che Salihee era stato ucciso da un convoglio americano-iracheno dopo che non aveva risposto a segnali manuali e alle grida dei soldati. Una successiva parla invece di un posto di blocco fisso. Naturalmente è stata aperta un'inchiesta. Yasser Salihee, appena trentenne, già medico alla ricerca di un lavoro più redditizio per sostenere la sua famiglia, era stato assunto da circa un anno dal gruppo Usa «Knight Ridder» ed era presto diventato uno degli uomini di punta dell'ufficio di Baghdad. Fondamentali, soprattutto nella sua ultima inchiesta, la formazione medica e i suoi rapporti con i medici della capitale. E proprio i colleghi dell'obitorio centrale di Baghdad, a cominciare dal dottor Faik Baqr, gli avrebbero confidato i loro sospetti di fronte all'arrivo di un numero sempre crescente di cadaveri, ancora con i polsi ammanettati dietro la schiena, e gli occhi bendati, che sembravano essere stati torturati e uccisi in maniera sistematica. Quasi tutti portavano anche segni di frustate, shock elettrici, cicatrici ed erano stati uccisi con un colpo alla nuca.
Yasser Salihee si mise subito al lavoro esaminando le cartelle cliniche, intervistando sanitari, funzionari pubblici e soprattutto i familiari degli uccisi e i presenti al loro arresto. Lavorando insieme al suo collega Mohammed al Dulaymi e all'inviato Tom Lasseter, il giovano giornalista-medico è riuscito a trovare almeno 30 casi di cittadini sunniti uccisi in questo modo in una sola settimana.
L'inchiesta del «Philadelphia Inquirer» rilevava inoltre che i cadaveri all'obitorio di Baghdad mostravano gli stessi segni di violenze e torture riscontrate sui corpi di un centinaio di cittadini iracheni sunniti trovati in alcune celle segrete del ministero degli interni e «salvati» appena in tempo da alcuni funzionari del ministero iracheno per i diritti umani.
Le autorità di Baghdad, ed in particolare il ministero degli interni dal quale dipendono le nuove forze di sicurezza, in gran parte composte da ex membri delle milizie filo-iraniane - hanno negato qualsiasi coinvolgimento nelle uccisioni degli squadroni della morte. Le autorità Usa che presiedono alla controguerriglia in Iraq con i loro «consiglieri» come Steeve Castel - già ai vertici della intelligence della Dea, o James Steele - che da settembre guida i reparti speciali della polizia e che negli anni ottanta era impegnato nella «sporca guerra» Usa in Salvador - hanno negato che esista alcuna politica di questo tipo e parlato di «casi isolati».
Il problema è che i testimoni presenti all'arresto degli «scomparsi» hanno dichiarato al medico- giornalista che i poveretti erano stati presi da decine di uomini in divisa scesi da lussuose Toyota Land Cruiser da 55.000 dollari l'una, appena consegnate dagli Usa ai commandos iracheni, con sosfisticate radio rice-trasmittenti e soprattutto costosissime pistole «Glock», vero e proprio distintivo dei contractors prezzolati da Washington e dei reparti creati, addestrati e finanziati dagli Stati uniti e dalla Nato.
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