Blogger in libertà condizionata
Il mondo dei blog ormai non viene più sottovalutato, sia da chi crede che essi siano un rivoluzionario strumento di informazione veloce, comunitaria e democratica, sia da chi li teme, proprio per queste caratteristiche.
"Internet è uno dei vettori più solidi della libertà. Offre la verità a quelli che la vogliono intendere. Non c'è da stupirsi, dunque, che alcuni governi e organismi si lamentino di Internet e della sua capacità di far conoscere la verità". Queste le prime parole dell'introduzione che Vinton G. Cerf ha scritto al rapporto sugli intralci alla circolazione dell'informazione sulla rete, redatto tempo fa da Reporter Senza Frontiere. E proprio Rsf quest’anno ha dedicato al mondo dei blog l’istituzione di un premio, il "Freedom of expression blog award", per onorare chi a caro prezzo difende la libera espressione delle idee in tutto il mondo.
Si conoscono le storie di blogger arrestati per aver dato informazioni non gradite ai vari regimi: in Iran, in Nepal, in Cina, in Bahrein, a Singapore. La situazione dell’Iraq è a dir poco curiosa: si viene censurati anche da parte del governo americano. Il maggiore Michael Cohen, medico militare del 67esimo reggimento a Mosul, gestisce dal 2004 il sito 67cshdocs.com. Sul blog oggi rimane solo una scritta: "Superiori mi hanno ordinato, sì, proprio ordinato, di chiudere questo sito. Secondo loro le informazioni contenute in queste pagine violano diversi regolamenti dell'Esercito". Pochi giorni prima della chiusura, il dottor Cohen aveva descritto l'inferno dell'attacco alla base di Mosul del 21 dicembre: 22 morti e 60 feriti americani.
Ora i problemi per i blogger si fanno più complessi: si può venire incriminati anche per commenti pericolosi lasciati da altre persone sui propri blog. Il Wall Street Journal ha recentemente raccontato la storia del venticinquenne Aaron Wall, citato in giudizio dalla società Traffic-power.com perchè ritenuto responsabile dei commenti lasciati dai visitatori del suo blog, contenenti informazioni confidenziali appartenenti alla compagnia informatica.
La notizia ha creato preoccupazione nel settore, soprattutto tra quei blogger che operano in paesi non così democratici come gli Stati Uniti. Naturale, quindi, la reazione di Raed Jarrar, blogger iracheno, fratello di Khalid Jarrar, arrestato e rilasciato dopo 15 giorni di interrogatori e maltrattamenti da parte del Mukhabarat (servizi segreti governativi del nuovo Iraq) a causa della sua attività sul web. Raed, l’8 settembre scorso, ha deciso di chiudere le porte ai commenti esterni, motivando la decisione con questo post :
“Dopo mesi in cui ho cercato di aprire le porte alla discussione, con decine di migliaia di commenti lasciati su Raed in the Middle, comunico oggi la fine dell'esperienza della sezione commenti. La mia decisione arriva dopo settimane in cui ho cercato di bloccare i commenti abusivi e di pattugliare la sezione con l'aiuto e il supporto di Niki e Sahir. Sahir ci ha mandato un link ad una notizia che apparentemente mette la parola fine alle discussioni della nostra sezione commenti…
«Blogger citato in giudizio per i commenti postati dai lettori».
Se questa piccola società di servizi internet può citare in giudizio un blogger per i commenti lasciati da un suo visitatore matto, se il governo fantoccio “iracheno” può sequestrare mio fratello per due settimane per interrogarlo su alcuni commenti lasciati nei nostri blog, non voglio sapere cosa l'amministrazione Bush potrebbe fare se qualcuno lasciasse un commento sul mio blog che dice "il terrorismo scuote" o qualche affermazione a favore della violenza ... Mi rinchiuderebbe ad Abu-Ghraib o a Guantanamo? Non posso essere responsabile per tutte le centinaia di commenti che sono postate qui quotidianamente, e non voglio dedicare tutto il mio tempo a "pattugliare" la sezione dei commenti. Ringrazio tanto le migliaia di lettori che hanno lasciato i loro commenti ed hanno partecipato ai dibattiti sulla politica mondiale su Raed in the Middle e ringrazio tanto Niki e Sahir per il loro supporto e aiuto nel gestire la sezione dei commenti.
L'amministrazione Bush ha distrutto la "repubblica del terrore" di Saddam, ma ne ha creata una globale.
Benvenuti nel "villaggio globale della paura"».
La discussione a tal proposito è approdata anche tra i blogger italiani. Particolarmente sensibile all’argomento Pino Scaccia, inviato della Rai e gestore del blog La Torre di Babele. Il giornalista ha commentato così la decisione di Raed Jarrar: “L'episodio mi tocca anche personalmente da vicino perche' io stesso ho sfiorato la stessa fine. Chi mi segue da tempo sa che e' stato presentato un esposto contro la Torre per un link e alcuni commenti. La denuncia e' stata presentata all'ordine dei giornalisti ritenendomi responsabile di tutto quello che esce sul blog. La pratica, per fortuna, e' stata archiviata ma l'allarme resta. […] Sono sicuramente responsabile di quello che scrivo, ma non sono certo responsabile di quello che scrivono gli altri perche', a differenza della carta stampata e dei telegiornali dove c'e' un controllo preventivo, sul blog puo' postare chiunque in qualsiasi momento. Certo, si puo' fare come in Iraq. Chiudere i commenti. Ma allora diventa un sito-vetrina, non piu' una palestra di opinioni”.
-Il blog di Raed Jarrar: http://raedinthemiddle.blogspot.com
-L'articolo sul Wall Street Journal: http://online.wsj.com/public/article/0,,SB112541909221726743_vX2YpePQV7AOIl2Jeebz4FAfS4_20060831,00.html?mod=blogs
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