La repressione dell’informazione in Nepal condannata dal Parlamento europeo

Intanto un giornalista muore in carcere per maltrattamenti
6 ottobre 2005

Il 30 settembre scorso l’Assemblea di Strasburgo ha adottato una risoluzione sul Nepal, che per la prima volta condanna con chiarezza le violazioni dei diritti dell'uomo commesse dal governo del re Gyanendra. Per fare pressione sulle autorità nepalesi, e mettere così fine a tutte le restrizioni dei media e alla detenzione dei prigionieri politici, gli eurodeputati hanno proposto di mantenere le sanzioni imposte al paese specialmente nel campo militare. La presa di posizione del Parlamento europeo fa riferimento soprattutto all'arresto continuo di giornalisti durante manifestazioni pro democrazia e alle leggi recentemente varate dal Nepal contro la stampa indipendente.
In proposito, Reporter senza frontiere ha diffuso oggi la triste notizia della morte in prigione di un giovane giornalista. Maheshwor Pahari, 30 anni, è morto per tubercolosi la scorsa notte dopo che le autorità nepalesi avevano ripetutamente rifiutato di scarcerarlo, nonostante le sue gravissime condizioni di salute. Secondo l’organizzazione, Pahari è l’ultima vittima della politica criminale delle forze di sicurezza verso chiunque sia sospettato di simpatizzare con i ribelli maoisti.
Il giovane lavorava per il settimanale locale Rastriya Swabhiman, chiuso nell’agosto del 2003 in seguito alla rottura della tregua da parte dei maoisti. I servizi di sicurezza perseguitavano Pahari da anni, perchè lo sospettavano, senza aver prove, di legami con i ribelli. Arrestato il 2 gennaio 2004, il giornalista fu portato in segreto nella caserma di Phulbari vicino Pokhara sotto l’ombrello delle nuove leggi antiterrorismo. Appena uscito di prigione il 13 maggio 2005, fu riarrestato e portato alla stazione di polizia di Bagar, distretto nel nord di Pokhara.
Pahari era malato da diversi mesi, ma i suoi carcerieri gli hanno negato i medicinali necessari e lo hanno rinchiuso insieme a circa cento detenuti in una cella costruita per 20 persone. Fino alla fine, la polizia ha vietato ai suoi amici e colleghi di incontrarlo, permettendo solo alla moglie di parlare per pochi minuti con lui in ospedale.
Secondo le informazioni in possesso di Rsf, Pahari era in buona salute al momento del suo arresto, per questo si ritiene che il governo nepalese abbia una chiara responsabilità nella morte del giovane, per mesi torturato e segregato in condizioni disumane.
Per evitare altre tragedie come questa, Reporter senza Frontiere ha invocato l’intervento di Ian Martin, rappresentante in Nepal dell’alta commissione dell’Onu per i diritti umani. E ha chiesto alle autorità nepalesi l’immediato rilascio degli altri tre giornalisti ancora in prigione: Tej Narayan Sapkota, Rupak Sapkota and Nagendra Upadhyay.

Note: E' disponibile in inglese il rapporto realizzato da una missione internazionale nel Luglio 2005 per documentare il precario stato di salute della stampa in Nepal: http://www.rsf.org/IMG/pdf/Nepal_Mission_Report__Final_-_19_August_2005_.pdf

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