L'unità nel sentiero di guerra (Traduzione esclusiva)
- 10 giugno 2006
Il testo che segue è un estratto dal nuovo, attesissimo libro di Joshua Frank, Left Out!: How Liberals Helped Reelect George W. Bush, che è appena stato pubblicato dalla Common Courage Press. Visitate www.brickburner.org per ordinare oggi stesso la vostra copia di questo libro da avere assolutamente. Un'intervista con Frank può essere letta qui.
"Ecco le elezioni del 2004 al macello e Joshua Frank che colpisce con un'infallibile mannaia. Con il tempo ha sfilettato il Partito Democratico, trinciato tutti i protagonisti da G.W.BUsh ad Howard Dean, per gettarli poi nella brace. In queste vivaci pagine troverete l'intera industria elettorale tagliata e incartata. Comprate questo libro e portatelo a casa!". -- Alexander Cockburn, columnist per The Nation, e co-curatore di CounterPunch
~-~-~-~-~-~-~-~-~-~-~
"Voterò per dare al presidente degli Stati Uniti l'autorità di usare la forza -- se necessario -- per disarmare Saddam Hussein, perché credo che un arsenale mortale di armi di distruzione di massa nelle sue mani sia una minaccia seria e reale alla nostra sicurezza".
-- Sen. John F. Kerry (Democratico - Massachussets), 9 ottobre 2002
Per quanto triste, non fu una sorpresa che Dennis Kucinich, vivace deputato progressista dell'Ohio che aveva corso -- o zoppicato -- per la nomina democratica alla presidenza, rinunciasse per sostenere il senatore John Kerry solo pochi giorni prima della convention democratica a Boston nel 2004. "L'unità è essenziale per portare un cambiamento a novembre", annunciò il 22 luglio 2004. "L'unità è essenziale per guarire l'America. L'unità è essenziale per portare l'America su un nuovo sentiero".
Nonostante l'enfasi di Kucinich sull'importanza dell' "unità", non era esattamente chiaro cosa riguardasse il suo mantra del "nuovo sentiero". Dopotutto, solo una settimana prima , i delegati di Kucinich non erano riusciti (anche se non ne avevano mai avuto davvero l'occasione) di fare del "ritiro immediato delle truppe dall'Iraq" un caposaldo nel ristretto programma elettorale di Kerry. Kerry, ovviamente, aveva promesso di mandare più truppe in Iraq e di invitare la NATO ad intervenire nell'occupazione, di essere sostanzialmente un amministratore più aggressivo dell'egregia politica estera di Bush rispetto a quanto lo fossero stati i neo-conservatori.
Quale secondo candidato democratico alla presidenza che abbandonò andonato la sua base pacifista, Kucinich aveva permesso alla sua candidatura di essere assorbita dall'umida spugna dell'establishment. Solo alcuni mesi prima, Howard Dean aveva reclamato con imbarazzo la nuova linea democratica dell' "unità a tutti i costi", strombazzandola verso la fine di marzo 2004. "Alla fine, è la Generazione di Dean a votare John Kerry quale presidente degli Stati Uniti che rispedirà George Bush in Texas, lo stato a cui appartiene".
Come Dean, Kucinich ha raccomandato ai suoi ex sostenitori di non soccombere al fascinoso pacifismo di Ralph Nader, anche se John Kerry non si opponeva alla guerra in Iraq o all'occupazione in corso. "Ho intenzione [di] aiutare per conto del ticket Kerry-Edwards in modo da unire il nostro partito con tutti quelli che possano essersi sentiti tagliati fuori", sosteneva. "Farò sapere loro che è venuto il tempo di unirsi in un impegno comune per il cambiamento, che è essenziale, non solo per l'America ma per il mondo".
Nel frattempo, molti delegati di Kucinich alla convenction si sentirono delusi. Inizialmente, l'uomo a cui avevano dedicato tanto tempo ed energie aveva intimato che li avrebbe "lasciati", lastricando la strada per i loro voti automatici a Kerry.
In seguito, dopo aver ascoltato testimonianze veementi (e lacrimevoli) dai suoi delegati, Kucinich cambiò idea e disse loto di "votare secondo coscienza". Abbastanza equo. Ma la maggior parte di loro finì per votare Kerry comunque. E i Democratici cosa ricevettero in ritorno dopo che i loro candidati e la maggior parte dei loro delegati sostenne Kerry? Non molto.
Nonostante il ruolo generalmente simbolico del programma elettorale nella politica moderna (nel 2000 Bush si vantò in modo infame di non aver mai letto il programma del partito repubblicano), 17 punti del programma di Kucinich furono abbandonati in cambio di un'illogica dichiarazione di confine senza indicazione di una strategia di uscita o di un ritiro immediato dall'Iraq. Promise di rimuovere le truppe "nel momento giusto, in modo che il sostegno militare necessario ad un governo iracheno sovrano non sia più visto come la continuazione diretta di una presenza militare americana".
Assente dal programma era il sostegno ai diritti dei Palestinesi, alle unioni civili e al matrimonio tra omosessuali, nello stesso modo in cui era assente il ripudio della dottrina della guerra preventiva, sia in principio che nel modo in cui era stata praticata in Iraq.
"Vi chiedo, sono forse milioni di americani contro la guerra/contro l'occupazione i benvenuti nel Partito Democratico? Se tali votanti sono in effetti i benvenuti, vi chiedo di dimostrarlo permettendo il dibattito entro il partito sul tema della guerra e dell'occupazione, sia a Miami che a Boston", scrisse Jesse Jackson, prima di fare campagna per John Kerry, il quale non disse neppure una parola sull'esponenziale proliferazione del complesso detentivo-industriale razzista, la povertà in aumento, o la disoccupazione dei maschi neri, attualmente al di sopra del 50 % solo a New York.
La stessa Convention Nazionale Democratica fu un affare difficile per quelli che vi parteciparono. Come indicavano i sondaggi, l'80-90 % dei delegati partecipanti si dichiarava contro la guerra. A quelli che cercavano di esprimere una tale prospettiva, veniva velocemente messa la museruola.
Charles Underwood, l'unico rappresentate di Kucinich in Minnesota a votare per Kucinich, disse alla trasmissione radiofonica di Amy Goodman, Democracy Now!: "Sono davvero molto deluso che non ci sia la capacità di esprimere alcuna speranza per la pace, nel suolo di questa convenction. I nostri simboli sono stati confiscati. Le nostre sciarpe per la pace, sai, 'Delegati per la Pace', ci sono state confiscate. C'erano persone che ci hanno detto di sederci e starcene buoni".
Nel frattempo, i delegati contro la guerra alla convenction non sono stati abbastanza fortunati da udire alcun discorso che riflettesse il loro punto di vista e sono invece stati presentati con due fanatiche orazioni militariste.
Il candidato alla vice-presidenza John Edwards disse ai delegati contro la guerra: "Useremo il nostro potere militare per tenere al sicuro il popolo americano. E noi, John ed io, avremo un messaggio chiaro ed inequivocabile per al-Qaeda e questi terroristi. Non potete correre. Non potete nascondervi. E vi distruggeremo".
Fatti in là, MoveOn
MoveOn, il progressista gruppo on-line di difesa legale che aveva sostenuto sia Howard Dean che Dennis Kucinich, aveva anche chiesto ai propri membri, che per la schiacciante maggioranza si opponevano alla guerra in Iraq, di donare tempo e denaro alla campagna pro-guerra di Kerry.
A seguito del rilascio di Fahrenheit 9/11, il film di Michael Moore, l'organizzazione spedì un' e-mail di supplica ai suoi membri,
Questo è per noi il momento di mandare a Kerry un messaggio forte, uno che vorrà ascoltare. Più mostriamo a Kerry che persone con valori forti e progressisti sono una chiave al suo successo, più egli combatterà per i nostri valori come presidente... è un periodo particolarmente buono per ribadire che stimiamo questo tipo di leadership da John Kerry. Aiutaci a spedire questo messaggio adesso donando alla campagna con il link sottostante.
MoveOn stava almeno tentando di fare pressione su John Kerry, direte. Sfortunatamente, un'organizzazione non può donare soldi ad una campagna senza articolare certe richieste, e le richieste di MoveOn era fin troppo esigue.
Quando scrissi a Noah Winer, dello staff di MoveOn, riguardo il ruolo che voleva giocasse la suo organizzazione se Kerry avesse prevalso nell'elezione, rispose, "E' una bella domanda, e non penso che qualcosa possa rispondere finché non sarà realtà. Ci vorrà tempo e l'input dei membri per trovare quel nuovo ruolo. Sicuramente MoveOn continuerà a lavorare sui temi di cui si occupano i nostri membri, indifferentemente da chi sarà eletto".
Cos' scrissi un'e-mail di risposta a Noah e gli chiese se MoveOn sarebbe stata così dura con un'amministrazione Kerry quanto lo era stata con Bush, visto che Kerry avrebbe sicuramente continuato l'occupazione illegale dell'Iraq. Winer non rispose.
Senza alcun visibile rimorso, proprio come Dean e Kucinich, MoveOn si è allontanata dalla propria enorme base contro la guerra, continuando ad operare sotto l'illusione che i fondi guadagnati progressivamente dai PAC (1) potessero influenzare Kerry od ogni altra elite democratica. Eppure MoveOn avrebbe dovuto saperne di più, sul sottoporsi a questi sforzi inutili.
La storia non era della loro parte. Prima della guerra in Iraq, per esempio, MoveOm, sperando di fermare l'imminente assalto di Bush, organizzò dei meeting tra i propri membri e i senatori statunitensi. Pochi senatori parteciparono, mandando i propri subordinati e i portavoce di MoveOn a dibattere su questo odiato tema. Prevedibilmente, pochi hanno ascoltato, e la maggior parte ha ignorato le pene degli attivisti.
Nonostante quel che dicono gli spin doctor (2), i Democratici sono in gran parte da accusare - non solo per aver messo in disparte il movimento pacifista, ma anche per aver fatto i preparativi di cui i falchi repubblicani avevano bisogno per giustificare l'attacco al regime di Saddam e la loro grande "guerra al terrore".
Aggressione Bipartisan
Quali punti di riferimento nel Consiglio della Leadership Democratica e sostenitori della guerra di Bush, Al From e Bruce Reed scrissero nell’edizione di luglio 2004 della rivista Blueprint,
Negli anni ’90 Bill Clinton ha mostrato Agli americani una volta per tutte che i Democratici erano ancora in grado di far crescere l’economia, far di nuovo funzionare il governo e rendere l’America nuovamente sicura. Essendo un inflessibile internazionalista e un eroe di guerra decorato, Kerry ha una chance per lasciare il segno e completare la trasformazione del Partito Democratico in un partito di cui gli Americani possano fidarsi per rendere la nazione più forte, sia al suo interno che all’esterno.
Ciò che From e Reed non sono stati in grado di ravvisare è stato che bin Laden, sotto rigoroso controllo da parte di Clinton, a quanto pare fu la mente dell’attacco del 1993 al World Trade Center (WTC) di New York e anche degli attacchi nelle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania del 1998. La CIA sostenne che gli attacchi a questi edifici furono portati avanti dalla stessa cerchia di terroristi che colpì la nave USS Cole nell’ottobre del 2000, uccidendo 17 persone e che architettò gli orribili attacchi terroristici del settembre 2001, che secondo i dirigenti dell’intelligence erano stati ideati ben prima della sconfitta di Al Gore nel 2000.
Nel 1993 lo stesso Clinton bombardò i centri di intelligence iracheni con quella che lui definì una rappresaglia per il tentato assassinio di George Bush Senior. Laurie Mylroie, che ha lavorato come esperto sull’Iraq per Clinton nella campagna del 1992, ha detto a Steve Malzberg di Radio WABC: “Ha dichiarato pubblicamente che l’attacco Usa contro i quartieri generali dell’intelligence irachena sono stati una rappresaglia causata dal tentativo di Saddam di uccidere [l’ex presidente] George Bush”. “[Ma] intendeva anche che fosse una rappresaglia per le bombe contro il Trade Center”.
“Clinton riteneva che l’attacco contro i quartieri generali dell’intelligence irachena sarebbe stato un deterrente per Saddam da tutti i futuri attacchi contro gli Stati Uniti”, ha dichiarato Laurie. “Era terribilmente ingenuo”.
Inoltre era del tutto fuori strada, perché a quanto pare non era stato Saddam a colpire gli obiettivi in Usa, ma Osama.
Poi nel 1996 Clinton bombardò ancora una volta l’Iraq. Eat the State! spiegava la finta motivazione:
Il Kurdistan, patria di tutti coloro che sono di etnia curda, all’inizio di questo secolo fu diviso dalle potenze coloniali in territori che ora appartengono all’Iran, all’Iraq, alla Turchia, alla Siria e ad una manciata di ex repubbliche sovietiche. Nella fetta di Kurdistan che si trova all’interno dei confini Iracheni, il potere è diviso principalmente tra due fazioni, ostili l’una all’altra ed entrambe ostili a Saddam Hussein. Di recente una fazione ha ottenuto molte armi dall’Iran ed ha cominciato ad attaccare ed esercitare controllo sull’altra. Gli uomini della fazione opposta, temendo per la propria vita, hanno chiesto al loro stesso nemico, Hussein, di intervenire e restaurare l’equilibrio originario. Hussein allora, rispondendo ad una richiesta da parte di cittadini iracheni, sotto attacco da parte di un esercito rifornito da stranieri, spostò alcune delle sue truppe nell’area, la stabilizzò e si ritirò.
I bombardamenti orchestrati dall’amministrazione Clinton all’inizio del settembre 1996 distrussero diversi obiettivi civili e installazioni militari, tutto questo senza l’approvazione delle Nazioni Unite, tantomeno di nessun altra alleanza internazionale. Il governo iracheno ha riferito di dozzine di morti e milioni di dollari di danni. Vi suona familiare?
Naturalmente, questa non era la prima volta per Bill Clinton, che aveva già dimostrato sadica crudeltà nei confronti dei bambini iracheni. Secondo quanto riportato dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite, nell’anno precedente, il 1995, almeno 576.000 giovani iracheni sono morti come risultato delle sanzioni delle Nazioni Unite, che gli Usa hanno imposto e appoggiato fin dal 1991. Questo cauto calcolo non comprende gli oltre 90.000 morti in ospedale che, in base alle stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non ci sarebbero stati se Clinton non avesse obbligato le Nazioni Unite a imporre dure sanzioni contro il popolo iracheno. Purtroppo sembra che la propensione a brutalizzare i cittadini iracheni sia necessariamente la triste cartina di tornasole per gli aspiranti presidenti degli Stati Uniti.
Nel 1998 Clinton mise in atto una rappresaglia a causa di una bomba contro un’ambasciata americana in Africa orientale: furono lanciati 70 missili cruise su un campo di addestramento sospetto dove si pensava si trovassero terroristi di bin Laden, e altri 17 missili contro un’industria farmaceutica in Sudan. Ma come l’autore e attivista Howard Zinn ha spiegato in Z Magazine subito dopo il fatto: “[Clinton] sosteneva che l’obiettivo sudanese era una fabbrica di produzione di gas nervino, ma non è stato in grado di fornire prove convincenti di ciò…Quasi immediatamente è apparso chiaro che l’impianto, contrariamente a quanto sostenuto dagli americani, aveva prodotto metà dei medicinali usati in Uganda”. Manco a dirlo, i morti non si contano.
In seguito, quello stesso anno, quando Clinton ratificò l’Atto di Liberazione dell’Iraq, ideato dagli stessi falchi neo-conservatori, compresi i membri dello staff Repubblicano Randy Scheunemann, Donald Rumsfeld, l’ex direttore della CIA R. James Woolsey e Ahmed Chalabi, che ha aiutato a trasformare in legge la politica irachena di Bush nel corso di quell’anno, gli Usa delinearono il loro obiettivo finale per quanto riguarda l’Iraq. Cioè far fuori Saddam Hussein e il suo governo.
Era come se Washington avesse già pronto lo champagne; il cambio di regime era così vicino, il Congresso poteva già quasi pregustare il dopo party. La Casa dei Rappresentanti appoggiò ampiamente la legislazione, e il Senato votò all’unanimità in favore del decreto.
Quando Clinton firmò l’atto, a metà ottobre del 1998, il Senatore repubblicano Trent Lott fece risuonare i suoi elogi:
L’amministrazione Clinton fa regolarmente appello ad uno spirito bipartisan per la politica estera. Io quando posso li appoggio. Oggi vediamo un chiaro esempio di una politica che ha il più ampio appoggio bipartisan possibile. Io so che l’amministrazione comprende la profondità dei nostri sentimenti su questa questione. Io penso che stiano cominciando a capire le motivazioni strategiche per andare oltre una semplice politica di contenimento e portare avanti una politica di “rollback”. Una politica di contenimento non è sostenibile. La pressione per togliere le sanzioni sull’Iraq sta crescendo, nonostante i 7 anni di rifiuti dell’Iraq di rispettare i termini della tregua della Guerra del Golfo. I nostri interessi in Medio Oriente non possono essere protetti con Saddam Hussein al potere. La nostra legislazione offre una roadmap per raggiungere il nostro obiettivo.
In ciò che molti hanno criticato come uno sforzo per sviare l’attenzione dal suo processo per impeachment, Clinton tentò ancora una volta la fortuna con Saddam due mesi più tardi, il 16 dicembre 1998. Ma contrariamente ai precedenti bagni di sangue iracheni, che impallidiscono al confronto, questo attacco fu realizzato con rabbia primitiva. Come il presidente Clinton ha affermato in un appello alla televisione nazionale il giorno della prima offensiva Usa,
Poche ore fa ho ordinato alle forze armate dell’America di colpire obiettivi militari e civili in Iraq. Le nostre forze armate sono affiancate dalle forze britanniche. La loro missione è di attaccare i programmi per le armi nucleari, chimiche e biologiche dell’Iraq e le sue strutture militari per spaventare i suoi vicini. … Il loro obiettivo è di proteggere l’interesse nazionale degli Stati Uniti, e quindi anche gli interessi dei popoli del Medio Oriente e del mondo.
Sei settimane fa, Saddam Hussein ha annunciato che non avrebbe più cooperato con gli ispettori per le armi delle Nazioni Unite, chiamati UNSCOM. Sono esperti professionisti provenienti da decine di paesi. Il loro compito è di supervisionare la soppressione della possibilità irachena di mantenere, creare e usare armi di distruzione di massa, e di verificare che l’Iraq non tenti di ricreare queste opportunità. … La comunità internazionale aveva pochi dubbi allora, e io non ho dubbi oggi, che se Saddam Hussein fosse senza controllo userebbe nuovamente queste terribili armi.
Ma come il professore di linguistica dell’MIT (Massachussets Institute of Technology, ndt.) Noam Chomsky ha risposto,
Io penso che le principali motivazioni [per l’uso della forza] sono le solite. Gli Stati Uniti e il loro luogotenente britannico, sempre più patetico, vogliono che il mondo, e in particolare i popoli della regione Medio Orientale, capiscano che “Ciò che Noi Diciamo Avviene” secondo la definizione che Bush [Senior] diede al suo Nuovo Ordine Mondiale mentre su Baghdad, nel febbraio 1991, piovevano missili. Il messaggio, forte e chiaro, è che noi siamo violenti e fuori legge, e se non vi piace, non trovatevi lungo la nostra strada. E’ un messaggio di non poca importanza. Allora semplicemente, date un’occhiata alle proiezioni che i geologi fanno sul ruolo in espansione del petrolio del Medio Oriente nella produzione dell’energia globale nei decenni a venire. … La modalità e il tempismo dell’attacco dovevano certamente rappresentare un plateale gesto di supremo disprezzo nei confronti delle Nazioni Unite, ed un’esplicita dichiarazione di irrilevanza della legge internazionale o di qualsiasi altro vincolo; anche questo deve essere compreso bene. Il bombardamento fu iniziato nel momento in cui il Consiglio di Sicurezza si incontrò in sessione d’emergenza per affrontare la crisi in Iraq, e anche i suoi membri permanenti non erano stati avvertiti.
Sicuramente l’Iraq era stato brutalizzato per decenni sotto il pollice di Saddam Hussein. Ma Clinton ha soltanto causato un’escalation di crudeltà. Scrivendo per il Guardian Unlimited nel 2000, il giornalista John Pilger lamentava:
Altri 6 bambini sono morti non lontano da qui il 25 gennaio dell’anno scorso. Un missile americano ha colpito ad Al Jumohria, una strada in una povera area abitata. 63 persone sono rimaste ferite, molte di loro gravemente ustionate. “Danni collaterali” li ha chiamati il Dipartimento della Difesa di Washington. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti stanno ancora bombardando l’Iraq quasi ogni giorno: è la più lunga campagna di bombardamenti anglo-americana dalla II Guerra Mondiale, eppure, pur con qualche meritevole eccezione, di tutto ciò appare molto poco sui media britannici. Sotto la copertura delle zone “no-fly”, che per altro non hanno alcun fondamento nella legge internazionale, gli aerei da guerra, a detta di Tony Blair, stanno “portando avanti missioni umanitarie di vitale importanza”. C’è una dichiarazione del Ministero della Difesa di Londra a proposito della necessità di “portare avanti azioni massicce per proteggere i piloti” dagli attacchi iracheni. Eppure, una relazione interna del Settore della Sicurezza delle Nazioni Unite afferma che in un periodo di 5 mesi, il 41 per cento delle vittime sono state civili in obiettivi civili: villaggi, pontili per la pesca, territori coltivati, e vaste vallate prive di alberi dove pascolano le pecore. Un pastore, suo padre, i suoi quattro bambini, e le sue pecore sono stati uccisi da un aereo britannico o americano che ha fatto due attacchi contro di loro. Io sono stato nel cimitero dove sono sepolti quei bambini e la loro madre urlava: “Voglio parlare con il pilota che ha fatto questo”.
Questa è una guerra contro i bambini dell’Iraq su due fronti: da una parte bombardamenti, che nell’ultimo anno sono costati al contribuente britannico 60 milioni di sterline. E dall’altra il più crudele embargo della storia moderna. Secondo l’Unicef, il Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite, il numero di morti sotto i cinque anni è più di 4000 al mese – cioè 4000 più di quanti sarebbero morti prima delle sanzioni. Cioè mezzo milione di bambini morti in otto anni.
Questo disastro ha infatti posto le basi per l’invasione dell’Iraq di George W. Bush. Haa anche messo John Kerry in una posizione molto difficile durante la campagna del 2004, dato che i Democratici avevano in effetti lavorato per Bush nel paese di Saddam. Come poteva Kerry opporsi a ciò che era stato già fatto dal suo stesso partito a proposito dell’Iraq? I Democratici, infatti, erano da biasimare esattamente come i Repubblicani per il caos in Iraq.
In seguito alla decisione presa da Bush, e da un Senato controllato dai Democratici, di far fuori i Talebani in Afghanistan tentando di prendere Osama bin Laden, sospettato di essere la mente dell’11 settembre, Howard Zinn rifletteva nuovamente:
Possiamo tutti provare una terribile rabbia verso chiunque abbia ucciso migliaia di persone innocenti, guidato dalla folle idea che questo avrebbe aiutato la sua causa. Ma che cosa ci facciamo con questa rabbia? Dobbiamo forse lasciarci prendere dal panico, o attaccare con cieca violenza solo per mostrare quanto siamo forti? ‘Non faremo nessuna distinzione’, ha proclamato il presidente, ‘tra terroristi e paesi che ospitano i terroristi’. Bombarderemo l’Afghanistan adesso, uccidendo inevitabilmente gente innocente, perché è nella natura stessa dei bombardamenti essere indiscriminati e ‘non fare distinzioni’? Allora commetteremo anche noi atti di terrorismo allo scopo di ‘mandare un messaggio’ ai terroristi? Lo abbiamo già fatto. E’ il vecchio modo di pensare, il vecchio modo di agire. Non ha mai funzionato. Reagan ha bombardato la Libia, e Bush [Senior] ha fatto la guerra all’Iraq, e Clinton ha bombardato l’Afghanistan e anche un impianto farmaceutico in Sudan, per ‘mandare un messaggio’ ai terroristi. E poi ecco pioverci addosso l’orrore a New York e Washington. Non è ancora chiaro che mandare un messaggio ai terroristi utilizzando la violenza non funziona, [cioè] porta solo ad altro terrorismo?
Guardando indietro è evidente che Clinton e le sue coorti democratiche hanno fatto ben più di quanto avrebbero dovuto per gettare le basi per la guerra di Bush contro l’Iraq e per le occupazioni dell’Iraq e dell’Afghanistan. Non soltanto Clinton ha letteralmente costruito la base politica di cui Bush aveva bisogno, firmando nel 1998 l’Atto di Liberazione dell’Iraq, ma ha anche dato l’esempio a Bush con i suoi instancabili bombardamenti contro l’Iraq mentre conduceva diversi e significativi attacchi contro l’Afghanistan e il Sudan.
Così, quando Bush cominciò a parlare di cambiamento di regime in Iraq, quelli che guardavano ai Democratici per fermare l’offensiva stavano cercando gli alleati sbagliati.
L’Attacco di Bush in Iraq
Il 10 ottobre 2002, la Camera Bassa dell’assemblea legislativa, con 296 voti a favore e 133 contro, votò di dare a Bush il via libera per punire Saddam. Spalla a spalla con il presidente Bush sul prato della Casa Bianca, Dick Gephardt, che aiutò a ideare l’attacco, spiegò: “Credo che abbiamo l’obbligo di proteggere gli Stati Uniti impedendo [a Saddam] di avere in mano queste armi e usarle lui stesso, o passare le armi stesse o i loro componenti ai terroristi che condividono il suo intento distruttivo.”
Intanto Bush stava raccogliendo l’appoggio per la sua guerra al Senato. Ad aiutare la causa di Bush è stato Tom Daschle,a l'epoca il Leader della Maggioranza Democratica, il quale affermò che la minaccia di Saddam “potrebbe non essere imminente. Ma è reale. Sta crescendo. E non può essere ignorata.” Salendo sul carro di tutti coloro che appoggiavano la guerra, la senatrice di New York Hillary Clinton aggiunse,
Nei quattro anni da quando gli ispettori se ne sono andati, i rapporti dell’intelligence mostrano che Saddam Hussein ha lavorato per ricostruire i suoi approvvigionamenti di armi chimiche e biologiche … la sua capacità di lancio dei missili, e il suo programma nucleare. Ha anche dato aiuto, conforto e rifugio ai terroristi, compresi membri di al-Qaeda. E’ chiaro quindi che se fosse lasciato senza controllo, Saddam Hussein continuerebbe ad aumentare la sua capacità di utilizzo di armi da guerra biologiche e chimiche, e continuerebbe nel tentativo di sviluppare armi nucleari.
Dando per vera la propaganda di guerra di Bush in ogni dettaglio, i democratici erano tutti fin troppo ansiosi di appoggiare la guerra in Iraq. Erano convinti che Saddam avesse armi di distruzione di massa e, insieme ai Rrepubblicani, le hanno usate come pretesto per appoggiare l’aggressione. Erano convinti che Saddam fosse una minaccia per l’indipendenza Usa. Pensarono anche che Saddam avesse legami con Osama bin Laden. Gli asini democratici erano confusi (l’asino è il simbolo del Partito Democratico introdotto nel 1874, ndt.).
Già nel 1998, il presidente Clinton aveva espresso le sue preoccupazioni sul fatto che l’Iraq era una possibile minaccia, tanto che dopo un briefing del Pentagono aveva annunciato: “Se Saddam rifiuta la pace e dobbiamo usare la forza, il nostro obiettivo è chiaro. Vogliamo seriamente indebolire la minaccia rappresentata dal programma per le armi di distruzione di massa dell’Iraq.” Non dovrebbe essere una sorpresa che i senatori John Kerry, Tom Daschle e Carl Levin abbiano scritto in quello stesso anno al presidente Clinton per mettere in evidenza la minaccia che apparentemente Saddam rappresentava, sottolineando,
La preghiamo, dopo esserci consultati con il Congresso, e in accordo con la Costituzione e le leggi Usa, di compiere le azioni necessarie, compresi, se sarà opportuno, attacchi aerei e missilistici contro siti iracheni sospetti, per rispondere con efficacia alla minaccia posta dal rifiuto dell’Iraq di porre fine ai suoi programmi di costruzione di armi di distruzione di massa.
Ad un certo punto, sembrava che si fosse aperto uno spiraglio di opportunità per tornare indietro rispetto a questi preludi di guerra, ma prevedibilmente, i Democratici, sentendosi il fiato sul collo e sperando di non perdere il controllo del Senato nell’anno delle elezioni del congresso (il 2002) si tirarono indietro. Sebbene il repubblicano Kucinich avesse visto a ragione che la guerra all’orizzonte era un grosso errore e avesse organizzato l’opposizione al Parlamento – circa 130 voti – il suo onorevole sforzo fallì.
Con la testa occupata da interessi politici e dalla propaganda, la maggior parte dei Democratici dell’establishment ignorò il suo ragionamento sia sul piano storico che altrimenti, e abbandonò tutte quelle milioni di persone che avevano manifestato per le strade d’America prima della invasione insieme a pochi rappresentanti a Washington. E poi sappiamo come è andata a finire: Bush ha avuto facilmente la meglio e, con grande delusione di tutti i manifestanti, il 19 marzo del 2003 le forse Usa hanno scosso Baghdad con una conquista militare come mai si era vista nella storia. I guerrafondai con orgoglio hanno battezzato la loro mortifera impresa: “Shock and Awe” ("Colpisci e terrorizza", ndt).
A quel punto, i Democratici, che erano stati totalmente incapaci di dare ai propri cittadini motivazioni valide per votare per loro invece che per i loro rivali repubblicani a proposito della situazione in Iraq, avevano già perso il controllo del Senato così come molti seggi in Parlamento. Non hanno sfidato Bush su nessuna delle questioni più importanti. Hanno appoggiato la sua invasione sia dell’Afghanistan che dell’Iraq. E’ stato un terrificante esempio di inettitudine politica. I Democratici, diversamente dai milioni di americani che avevano capito che Bush e Company avevano secondi fini per volere l’attacco unilaterale contro l’Iraq, erano stati fin troppo ansiosi di appoggiare una guerra illegale.
Già alla metà dell’estate 2004, il tributo di sangue Usa in Iraq aveva superato i 1000 morti, con i soldati che morivano ad un ritmo che superava di gran lunga la guerra del Vietnam (considerando una fase di quella guerra paragonabile a questa). Decine di migliaia di innocenti iracheni erano morti, altri milioni piangevano la perdita di familiari e amici. Non c’erano armi di distruzione di massa nascoste sotto il travagliato suolo iracheno. Saddam non aveva legami con la banda di bin Laden. L’Iraq non aveva assolutamente posto alcuna minaccia agli Stati Uniti, senza contare i paesi limitrofi, che non avevano appoggiato l’invasione Usa.
Ma Bush e la guerra dei Democratici avevano fatto buon gioco nelle mani dei terroristi. Secondo le relazioni dell'intelligence e bin Laden stesso, l’arruolamento nei gruppi terroristici ha avuto una escalation quasi esponenziale. Il conseguente livello di odio verso gli Stati Uniti non ha precedenti.
Inutile dirlo, le affermazioni secondo cui questa guerra avrebbe reso gli Stati Uniti, e noi, la gente, in qualche modo più sicuri, sono risibili. I due complici democratici Al From e Bruce Reed devono aver avuto un’ allucinazione quando hanno dichiarato che Kerry avrebbe protetto l’America da tutto ciò che è male. Kerry naturalmente ha dimostrato di non essere diverso da Bush sulle questioni di politica estera, eccetto per la “D” di democratico accanto al suo nome nelle elezioni del 2004.
Una politica aggressiva unilaterale alimenta soltanto il terrorismo, e la politica estera di Kerry avrebbe soltanto alimentato ulteriori attività terroristiche future, come quella di Bush sta senz’altro facendo in questo stesso momento.
Sfortunatamente saranno i soliti cretini che continueranno a controllare il programma elettorale democratico. Sono loro a decretare quale discorso è o non è accettabile all’interno del partito. Essere contro la guerra, come sappiamo, è assolutamente inaccettabile, il che spiega perché quelli che hanno ascoltato Kerry durante la campagna elettorale non l’hanno mai sentito pronunciare neanche il più vago sospiro di retorica pacifista.
Sebbene l’82 per cento dei democratici iscritti ritenesse che la guerra era un grave errore, secondo una statistica elettorale di Usa Today/Cnn/Gallup condotta tra il 21 e il 23 giugno del 2004, Kerry era risoluto nel suo appoggio alla guerra in Iraq. Il suo programma elettorale per la campagna era un lampante memento dell’incapacità dei Democratici di offrire significative alternative a George W. Bush. Questi, semplicemente, credevano di poter amministrare la situazione in maniera più astuta. “Questa amministrazione non ha costruito una vera coalizione internazionale”, era il proclama della piattaforma politica della campagna di Kerry. Semplicemente lui l’avrebbe fatto meglio.
Nel contesto di un partito votato alla guerra fino alla morte, la cui politica estera è essenzialmente identica a quella repubblicana, non importa quanti membri del gruppo politico MoveOn abbiano donato denaro al Partito Democratico. Alla fin fine, a questi riformisti non è rimasto nulla. Niente partito. Niente denaro. Nessuna speranza. E – forse peggio di tutto – nessuna unità.
(2)Spin doctor: Portavoce incaricato di fornire interpretazioni di fatti o informazioni che favoriscano un partito o una personalità politica. Fonte: Dizionario Oxford-Paravia
Traduzione di Paola Merci e Carlo Martini per www.peacelink.it
Articoli correlati
Guatemala, un gioco delle parti ipocrita
Al ballottaggio tra persecuzione ed arresti27 luglio 2023 - Giorgio Trucchi- Honduras
Voto di castigo per chi ha distrutto il paese
Alta partecipazione al voto e schiacciante vittoria di Xiomara Castro e la coalizione d’opposizione. Riconciliazione non equivale a impunità3 dicembre 2021 - Giorgio Trucchi - Esito delle elezioni amministrative
Il centrosinistra vince in Italia
Alle elezioni amministrative italiane vince nettamente l’area di centrosinistra guidata dal Partito Democratico. La Lega (destra) e il Movimento 5 Stelle registrano grosse perdite.18 ottobre 2021 - Michael Braun - Un anno dopo il tentativo (fallito) di golpe, Bukele si prepara a fagocitare il Parlamento
El Salvador, tra elezioni e crisi economica e istituzionale
Secondo i principali sondaggi effettuati dopo l'inizio della campagna elettorale, il partito del presidente Nayib Bukele, Nuove Idee (Ni), non solo starebbe per stravincere le elezioni, ma si appresterebbe addirittura a ottenere la maggioranza qualificata dei due terzi (56 seggi).23 febbraio 2021 - Giorgio Trucchi
Sociale.network