I processi di disinformazione e controllo dovranno fare i conti con il popolo della rete

WWWAR: INTERNET ALLA GUERRA

20 marzo 2003
Stefano Porro
Fonte: La Stampa WEb

Da: http://www.lastampa.it/Speciali/guerra/articoli/030303/ngwwwar.asp

"La rete giochera' un ruolo chiave durante la prossima guerra, perche' ci permettera' di entrare in contatto con un'informazione differenziata e fatta da voci diverse, che in nessun altro modo avremmo potuto conoscere". Parola di Chris Cramer, presidente del CNN International Network, il quale si dichiara convinto che gli utenti di Internet saranno in grado di dare vita a un'informazione cooperativa e continuamente aggiornata che difficilmente avra' rivali.

Se il piu' alto dirigente della celebre televisione satellitare, che dovrebbe considerare la rete come un medium antagonista, ne tesse invece le lodi, significa che nel panorama informativo statunitense Internet ha assunto un'importanza ormai inconfutabile.

Una situazione che non giova al governo Bush, il quale sta cercando di esercitare sui flussi di informazione provenienti dal fronte di guerra lo stesso controllo a tappeto gia' attuato con successo nel 1991.

Basti pensare alla figura dell' "embedded journalist" recentemente creata dal Pentagono, cioe' dell'inviato di guerra che sta al fianco delle truppe per poter documentare meglio gli eventi.

E che, nello stesso tempo, e' a sua volta molto piu' controllabile. Oppure ai 245 milioni di dollari varati per la realizzazione del TIA (Total Information Awareness), un programma di sorveglianza per la conoscenza totale dell'informazione che, impiegando dispositivi d'analisi semantica intelligenti e automatizzati, mira a combinare le molteplici informazioni relative a ciascun individuo, con l'obiettivo primario di prevenire futuri atti terroristici.

E, piu' realisticamente, con quello secondario di monitorare i comportamenti di chiunque cadra' nella rete di controllo, e vedra' i contenuti delle proprie email incrociati con le transazioni della carta di credito e con le informazioni relative al proprio stato di salute.

Tuttavia, diversamente da 12 anni fa, questa volta i processi di disinformazione e controllo connaturati all'insorgere di conflitti bellici, dovranno fare i conti con il popolo della rete, considerata da tutti il mezzo piu' efficace per la circolazione di notizie "alternative".

Molti navigatori si stanno gia' organizzando attraverso una serie di iniziative volte a far filtrare il maggior numero di notizie dal fronte senza censure di alcun tipo.

E' il caso di Christopher Allbritton, ex corrispondente del New York Daily Reporter, il quale giorni fa e' partito verso il confine turco-iracheno per documentare gli effetti della guerra sulla popolazione curda, che senz'altro verra' trascurata dall'informazione istituzionale.

Armato di computer portatile e telefono satellitare, Allbritton sta aggiornando regolarmente il suo blog, il cui nome e' gia' di per se' significativo: Back to Iraq 2.0 ( http://www.back-to-iraq.com/ ). Chiunque volesse contribuire alla sua avventura auto-finanziata, puo' farlo direttamente dalle pagine del blog, con carta di credito alla mano.

Allbritton si trova in buona compagnia: i siti dedicati al conflitto bellico stanno diventando cosi' numerosi che c'e' chi ha sentito la necessita' di catalogarli.

E' nato cosi' War Blogs ( http://www.warblogs.cc ), un collettore di contro-informazione che raccoglie automaticamente tutte le news prodotte dai siti affiliati. Dando una rapida occhiata all'homepage, ci si rende subito conto di avere a disposizione un universo di risorse continuamente aggiornate, provenienti sia dai media tradizionali, sia da quelli piu' improntati a fare contro-informazione.

E proprio sui siti di informazione alternativa si stanno riversando moltissimi cittadini statunitensi, come ha segnalato alcuni giorni fa il Washington Post, la cui versione online ha visto una crescita improvvisa del 49%, grazie al traffico proveniente dagli Usa. Evidentemente molti americani sono in cerca di punti di vista differenti sulla guerra, rispetto a quanto riportato loro dalla stampa nazionale, e per questo si riversano su siti stranieri per accedere a notizie non standardizzate.

Anche in Italia non si perde tempo. E' di pochi giorni fa infatti la notizia della nascita di Media Watch ( http://www.peacelink.it/mediawatch ), un progetto promosso da una serie di associazioni no-profit che si propone di creare una commissione di vigilanza popolare e diffusa, per documentare i casi in cui l'informazione italiana si trasforma in propaganda filo-bellica.

Appellandosi all'articolo 8 della legge sulla stampa, i promotori di Media Watch cercheranno di ottenere delle rettifiche a proposito delle false notizie pubblicate. L'iniziativa e' aperta a tutti, e si propone di diventare una sorta di controllore autogestito e diffuso della qualita' dell'informazione.

Un successo di pubblico improvviso lo ha riscosso anche Blogger di guerra ( http://bloggerdiguerra.splinder.it ), un diario online collettivo "per parlare della guerra, di tutte le guerre", le cui chiavi di accesso per partecipare e pubblicare interventi sono disponibili a chiunque ne faccia richiesta.

Iniziative di questo stampo, ma potremmo citarne infinite altre, dimostrano come sia possibile servirsi della rete per produrre informazione alternativa e soprattutto cooperativa, qualitativamente superiore, o comunque diversa, da quella che ci viene ogni giorno propinata dai media tradizionali.

Diversamente dal 1991, ora chi vuole avere un contatto diretto con il fronte di guerra e desidera condividere il proprio punto di vista su quanto sta accadendo, ora puo' farlo.


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