la notizia inesistente di "La Repubblica" su Cuba e il baseball

Se questo è giornalismo

La Repubblica di lunedì 13 marzo ha dedicato una pagina intera ad una notizia che semplicemente non esiste. Nella sostanza -l'articolo non è disponibile in internet - la fantasiosa penna del solito Omero Ciai sostiene che siccome oramai è in corso un esodo biblico di giocatori di baseball cubani verso gli Stati Uniti, allora il perfido Fidel Castro vorrebbe estirpare il baseball da Cuba per sostituirlo con il Cricket.
15 marzo 2006
Gennaro Carotenuto (http://www.gennarocarotenuto.it)

Omero Ciai va avanti per una paginetta intera con il suo compitino, senza citare alcun dato, numero, riferimento, fonte. In realtà non c'era neanche la notizia. C'era solo uno spazio bianco da riempire con pensierini anticubani in libertà. Ma quando si parla di America Latina le vere notizie, come per esempio l'assemblea costituente in Bolivia, vengono occultate da la Repubblica. Invece si fa folklore e propaganda su quelle false.

Al prim'anno di qualunque scuola di giornalismo il pezzo di Ciai sarebbe stato cestinato senza pietà. Ma siccome il giornalismo dovrebbe essere fatto di notizie, di dati, delle leggendarie cinque W del giornalismo statunitense, vediamo di mettere un po' di puntini sulle "i".

I dati sui giocatori cubani negli Stati Uniti sono disponibili per esempio sui siti della Major League Baseball (MLB, la lega professionistica statunitense) e di centinaia di altri siti specializzati. Se Omero Ciai (che qualcuno chiama Cia-i) avesse voluto sostanziare il suo articolo, avrebbe potuto perdere qualche minuto a fare un po' di sana e onesta professione ricercando i dati su quanti cubani giocano nella Grande Lega, quanti altri stranieri e di quali nazionalità e circostanziare l'informazione data in modo almeno dignitoso rispetto all'inconsistenza dell'articolo ammannito ai lettori di Repubblica.

Del resto La Repubblica è maestra nel fare grafici, diagrammi a torta, a barre, come sia... Circostanziare il pezzo di Ciai con una tabellina che dimostrasse ineludibilmente l'esodo, era il minimo per un quotidiano serio. Dov'è quest'esodo del quale parla il suo giornale, direttore Ezio Mauro?

Ciai scrive da Buenos Aires, come se fosse lo stesso. Lo fa mentre tutto il mondo del baseball sta con gli occhi puntati agli Stati Uniti per il Primo Classico (una sorta di mondiale) dove i locali sono sul punto dell'eliminazione, salvati finora solo da un furto arbitrale ai danni del Giappone. Ma non è interessato al Classico Ciai. Non è neanche interessato al baseball. Non dedica neanche una riga a spiegare la grande sconfitta di George W Bush che ha preteso fino all'ultimo istante di escludere Cuba dal Torneo. Il presidente statunitense si è dovuto arrendere di fronte al fatto che tutto il mondo del Baseball, la federazione internazionale, le nazionali rivali che avrebbero avuto interesse ad escludere i quotatissimi cubani, ma anche lo stesso comitato organizzatore locale, sono stati compatti ed hanno tenuto duro sul fatto che "senza Cuba non c'è baseball".

Interessante, no? Perché Omero Ciai non dedica neanche una riga a ciò? Perché il comitato organizzatore statunitense è in realtà una coop rossa mascherata, direbbero all'unisono Silvio Berlusconi e Omero Ciai.

La realtà sul baseball cubano è tutt'altra da quella che descrive Omero Ciai. La Serie Nazionale di béisbol di Cuba (la serie A) è formata da 16 squadre, una per ogni provincia, più la squadra della Isla de la Juventud. Fa eccezione l'Avana che ha due squadre, gli Industriales e i Metropolitanos. Ogni squadra ha un totale di 35 giocatori per un totale di 560 atleti. Il numero di quelli che si liberano dalle "odiose catene castriste" è sempre stato inferiore ai dieci all'anno. Questi raramente fanno parte della nazionale. Sono buoni giocatori che vanno quasi sempre a guadagnare milioni di dollari con conseguente grancassa propagandistica ogni volta che ciò succede. Nonostante Cuba sia il più forte paese al mondo nella "pelota", l'isola è appena il settimo esportatore di giocatori nella MLB (la lega professionistica statunitense) dopo Portorico, Venezuela, Messico, Giappone, Taiwan e Corea del Sud.

Non era così prima della Rivoluzione quando praticamente tutti i giocatori cubani emigravano negli Stati Uniti. Quando emigrano i cubani (e chi non sarebbe tentato da una Lega professionistica che paga stipendi medi di CINQUE milioni di dollari l'anno?) fanno notizia e quando non emigrano, La Repubblica scrive che c'è un esodo anche senza fare nomi.

Nei giochi panamericani di Indianapolis, nel 1987, tre giocatori cubani lasciarono la squadra e chiesero asilo politico negli Stati Uniti. Fu un caso mondiale con centinaia di articoli pubblicati. Quello stesso giorno l'intera squadra della Repubblica Dominicana (35 persone) fece lo stesso, e si dileguò per non tornare alle condizioni di miseria che si vivevano e si vivono in quel paese. Eppure di questa seconda notizia vennero a conoscenza poche persone visto che fu completamente ignorata dalla stampa mondiale. I 35 (trentacinque) dominicani restarono insieme ai 3 (tre) cubani, ma gli unici a fare notizia erano i tre cubani. Poi, in silenzio -mentre ai tre cubani davano asilo politico e contratti milionari- presero con la forza i 35 nazionali dominicani, li caricarono su un aereo e li scaricarono a casa loro come fossero spazzatura.

Affermare, come fa Ciai, che il governo cubano possa volere sfavorire la diffusione del baseball non sta né in cielo né in terra. Oppure citi fatti concreti! Ha avuto una pagina intera tirata in 800.000 copie sul secondo quotidiano italiano e non ne ha citato nessuno. Di fronte all'esclusione del baseball dalle Olimpiadi voluta dagli Stati Uniti, Cuba ha combattuto con tutte le sue forze (anche per difendere, va detto, una medaglia d'oro quasi sicura). E continua a combattere anche in questi giorni per reinserire il baseball nel programma olimpico. Intanto i 35 migliori giocatori del paese stanno competendo al meglio per vincere il primo Classico (primo classico è un terribile ossimoro) in terra statunitense. E sono favoriti, come sempre. Perché mai la "terribile dittatura castrista" dovrebbe rinunciare a una così formidabile fonte di consenso?

La verità è che di fronte al disastro sportivo latinoamericano -è un evento se un marciatore equadoriano o una velocista messicana vincono una medaglia per tutto un continente- Cuba è un'eccezione positiva checché ne farnetichi La Repubblica. Il baseball a Cuba è lo sport nazionale. Come detto, in questi giorni l'isola intera trepida per la partecipazione cubana al Primo Classico internazionale in corso tra Stati Uniti e Portorico. Pensare di privare i cubani del baseball sarebbe come privare gli italiani della serie A di calcio o far trasmettere i mondiali di calcio da un tv a pagamento.

Negli ultimi decenni Cuba ha trionfato nella maggior parte dei campionati mondiali, coppe intercontinentali e olimpiadi di baseball, battendo sempre o quasi sempre gli Stati Uniti, che difatti si sono fatti parte attiva per eliminare il baseball dal programma olimpico. Ma di tutto questo al bar "vecchia havana" di Miami frequentato da Omero Ciai, non si parla.

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