Il giornalista e autore di "Urla del silenzio": nascosta la realta' del conflitto

"Sono scosso, pero' la censura e' un errore"

24 marzo 2003
Ennio Caretto
Fonte: Corriere della Sera

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

WASHINGTON - "E’ terribile presentare i morti alla tv e mettere in mostra i prigionieri, ed e' odioso farlo a scopo di propaganda. E’ una violazione della convenzione del ’49 di Ginevra ed e' una tattica atroce. Ma le tv americane devono permettere ai cittadini di vedere il filmato di Al Jazira e di trarne le loro conclusioni. Se non lo fanno su pressione del Pentagono, sarebbe censura. E piu' una guerra avanza, piu' la censura aumenta. Lo toccai con mano in Indocina 30, 35 anni fa". Sydney Schanberg, l’ex inviato del New York Times a Saigon e Phnom Penh, autore de "Le urla del silenzio" da cui venne tratto il film premiato con l’Oscar, pensa che la giornata di ieri abbia segnato una svolta per i media Usa: "Forse non quelli allineati all’amministrazione, ma gli altri non proietteranno piu' l’immagine asettica, quasi surreale del conflitto dei primi giorni". Schanberg parla pochi minuti dopo aver visto un breve spezzone del video di Al Jazira. Si dice "scosso ma convinto che il pubblico abbia il diritto di sapere".
Il ministro della Difesa Rumsfeld ha tentato di impedire la proiezione del filmato.
"Capisco le sue ragioni: scene cosi' drammatiche hanno ripercussioni politiche. Ma i giornalisti devono rappresentare il conflitto com’e', con i suoi orrori. Sono i nostri figli a combattere, non si puo' nascondere la verita' nel presunto interesse dello Stato. La gente deve poter giudicare se e' solo propaganda".
Rumsfeld accusa l’Iraq di avere violato la convenzione di Ginevra.
"Questo e' incontestabile. I prigionieri erano intimiditi: avevano accanto dei morti, dovevano essere stati minacciati, un trattamento disumano. Ma anche noi in Afghanistan abbiamo violato la convenzione, trasmettendo le immagini del talebano americano John Walker interrogato e ferito e quelle dei detenuti a Guantanamo. Rumsfeld ribattera' che la condotta irachena e' intenzionale, la nostra non lo fu. Ma qualcuno autorizzo' le trasmissioni".
Come hanno "coperto" sinora la guerra i media americani?
"A mio parere, piu' male che bene. Abbiamo visto e letto quasi solo cio' che il Pentagono ha voluto, le immagini di Bagdad in fiamme, destinate a spaventare, e la cavalcata nel deserto destinata a generare ammirazione. Non abbiamo visto un cadavere, ne' vittime civili, non abbiamo cioe' visto la realta' del conflitto".
L’inclusione dei giornalisti nel corpo di spedizione ha suscitato molte polemiche. Come la giudica?
"Positivamente, ma con due problemi: il primo e' che si vedono i particolari ma non l’insieme; il secondo e' che i giornalisti perdono la propria indipendenza. Ricordo il Vietnam: per il Pentagono tutto ando' bene fino a quando i media non portarono la guerra nelle nostre case".
L’Iraq, pero', e' molto diverso dal Vietnam.
"Lo sara' se il conflitto finira' in fretta e senza stragi ne' da una parte ne' dall’altra".

Ennio Caretto

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