È spuntato un reporter precario
Una volta Humphrey Bogart diceva: è la stampa bellezza. Ora direbbe: non c'è più religione, anche la stampa è diventata precaria. Tra i giornalisti italiani ce ne sono infatti quasi ventimila che risultano attualmente iscritti al fondo previdenziale separato, con redditi medi di 7mila euro l'anno, più o meno la pensione sociale. Nonostante gli stipendi medi, che tradizionalmente sono più alti di altre categorie, ora compare dunque questa nuova figura del giornalista precario: cococo, assunto a tempo determinato (anche unmese di contratto), bassi stipendi, ricatti continui da parte dell'editore, che siccome paga, definisce anche lo spazio di libertà dell'informazione. E nel futuro, pensioni da fame. Non è una scoperta di oggi, visto che proprio sul nuovo lavoro precario la Fnsi ha organizzato vari scioperi e sta preparando una vera e propria mobilitazione per l'autunno. Ma la «scoperta» è stata confermata ieri - involontariamente - dagli editori italiani, che per farsi belli con un documento spedito al ministro del lavoro, Cesare Damiano e al presidente della commissione cultura della camera, Pietro Folena, ammettono che il precariato accertato è limitato solo al 6,22%, mentre si registra un tasso di espansione dell'occupazione del 4% l'anno. I dati sono contestati dal sindacato dei giornalisti che traduce i nuovi occupati in assunzioni precarie e assunzioni stabili solo nel settore degli uffici stampa e dell'emittenza radiotelevisiva locale. Il dato reale sulla quota di precari si deve andare a scovare quindi nelle cifre dell'Inpgi. Ma a parte le solite diatribe sulle cifre, il problema vero, più generale, riguarda proprio la libertà di stampa, che come sappiamo bene anche noi del manifesto si paga a caro prezzo. Più si è precari emeno si è liberi. Più si è precari e più si è sottoposti al ricatto di chi paga. Quanti giornalisti e giornaliste, giovani e meno giovani, si sono dovuti adeguare alle volontà dei loro editori? Boris Biancheri, capo della Fieg, ci rassicura. Di che vi scandalizzate? In fondo il fenomeno della precarietà è assolutamente fisiologico rispetto alle esigenze produttive. È la precarietà bellezza.
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