Le sciocchezze di Sofri e Rampoldi

21 luglio 2006
Giulietto Chiesa

Quando il gioco si fa duro Repubblica non risparmia pagine. Di sciocchezze. Affidandole ai suoi sciocchezzatori di punta. Caratteristica principale dello sciocchezzatore – quando non si libri nel vasto cielo delle bugie - è quella di aggrapparsi al dettaglio per divagare nel grande mare delle analogie.

Specialista di queste virtù è il noto Gairton Ash, quello che credette sinceramente a tutte le panzane di Rumsfeld e di Colin Powell prima della guerra irachena, ricamandovi sopra intere vagonate di sciocchezze, per poi riconoscere l'abbaglio, ma anche per accusare contestualmente Saddam Hussein, reo (oltre che novello Hitler) di averci tutti tratti in inganno per non aver dichiarato per tempo che non le aveva, le armi di distruzione di massa.

Ma questa volta, si presume, Gairton Ash non ha ancora scritto, e dunque ci si affida agli sciocchezzatori nostrani, cui si è aggiunto occasionalmente anche l'inedito Michele Serra. Per altro Sofri e Rampoldi fecero parte attiva, ai tempi delle guerre precedenti, nell'additare Saddam Hussein, come l'Hitler di turno. E non risulta che alcuno di loro si sia levato anche solo a suggerire che, magari, quella fialetta memorabile sollevata dal Colin al Consiglio di Sicurezza dell'ONU fosse piena d'inchiostro, o d'altre sostanze coloranti innocue di quelle che servono per rendere attraenti gli shampoo o le caramelle.

Sofri esordisce volando come un bombardiere, contro Gino Strada, ricordandoci che l'intervento della NATO fu “autorizzato e ora implorato dall'ONU”. Si è dimenticato che appena nel 1999, per strana ma provvida coincidenza, le regole della NATO furono cambiate a Washington, senza che nemmeno i parlamenti degli alleati fossero informati. Quello italiano nemmeno ne discusse. E non si trattava di un cambiamento da poco. Vogliamo ricordarglielo: la NATO estendeva, con le nuove regole, il suo campo d'azione a tutto il pianeta e, al contempo, si autorizzava a svolgere funzioni preventive (cioè ad agire solidarmente non più solo in caso di attacco contro uno dei membri, ma a prescindere, in base a valutazioni di altro genere, sicurezza, prevenzione, peace keeping, peace enforcing etc ). Si è dimenticato, lo sciocchezzatore Sofri, che l'intervento in Afghanistan fu deciso dall'Amministrazione Bush prima che l'ONU lo autorizzasse, anzi, per la precisione, ben prima dell'11 settembre 2001. E si è dimenticato anche che l'offensiva si chiamava inizialmente (quale lapsus!) “ Infinite War ” e poi “ Enduring Freedom ”. La tardiva autorizzazione dell'ONU non ha mai riguardato la partecipazione della NATO a Enduring Freedom . Infatti la NATO, di cui non tutti i membri sono gonzi, si limitò a inviare un contingente che aveva, all'inizio, funzioni di polizia limitate alla regione di Kabul e non abilitato a partecipare ad azioni di guerra. Senza dimenticare che noi non viviamo nell'empireo dei buoni sentimenti e che le Nazioni Unite, in questi anni, sono state bistrattate e violentate dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per cui le loro decisioni sono anch'esse soggette allo scrutinio di legittimità. E può accadere (perché è accaduto più di una volta) che l'ONU abbia preso decisioni che contrastano perfino con il suo statuto.

Stiamo assistendo, per esempio, all'aggressione militare su larga scala da parte di Israele contro il Libano sovrano. E l'ONU cosa fa? Fa il Ponzio Pilato, di fronte alla violazione del suo statuto. E' questa la giusta posizione, cui fare riferimento? Niente affatto, non appena si capisca che l'ONU è costretta a riflettere anch'essa i rapporti di forza. E se, in queste condizioni, pronuncia un verdetto, dobbiamo sapere che esso altro non è che l'effetto dei rapporti di forza, non la verità ultima e inappellabile.

Adriano Sofri non lo sa? Ma se non lo sa perché scrive di cose che non sa? E se lo sa perché mescola criteri etici astratti a considerazioni di realismo politico spicciolo, usando gli uni e le altre come meglio gli fa comodo, volta a volta, per esercizio polemico?

La prima sciocchezza di Sofri è dunque palese. Parla di cose che non conosce, per sentito dire. Come gli sciocchi, appunto.

E che dire del titolo che il giornale ha dato all'intera paginata di Sofri? “Cari pacifisti, sulla guerra vi sbagliate”. E su cosa dovrebbero i pacifisti essere nel giusto o nel torto, se non sulla guerra? E se si sbagliano sulla guerra e sulla pace, che è il loro pane quotidiano, cosa resta loro se non il suicidio? Ma lasciamo perdere perché ci sarebbe da morire dal ridere se dovessimo fare il fascio completo delle bugie e delle sciocchezze e di tutti i loro autori.

Proseguiamo nell'arduo percorso. Subito dopo la prima perla, Sofri salta il fosso e passa apertamente sul terreno della destra più sfegatata: come mai non manifestaste contro i taliban? Solita scemenza di quelli che non manifestano mai, della maggioranza silenziosa dei menefreghisti più incalliti, che pensano solo ai fatti loro. Ma anche un furbesco ammiccare all'accusa del tipo di quelle che piacciono tanto a “Betulla”: voi siete amici, complici dei terroristi. Siamo già alle soglie del maccartismo.

Domanda, a lui e a Rampoldi: avete mai manifestato contro i taliban? Per quanto riguarda me, e molti altri pacifisti, la risposta è sì. Quando scrivemmo, ben prima della guerra afgana, che i taliban erano stati organizzati dai servizi segreti pakistani, che a loro volta agivano in combutta con la Unocal e la Delta Oil, compagnie petrolifere rispettivamente americana e saudita, che progettavano di far passare oleodotti e gasdotti dal Turkmenistan al Golfo Persico, via Afghanistan.

Di che si occupavano allora Sofri e Rampoldi? Non ricordo di avere letto loro infuocati commenti contro i servizi segreti pakistani e americani. Ma aggiungo un'altra domanda ai due sciocchezzatori: avete mai manifestato contro i mujaheddin? Sì, contro gli eroi democratici come Gulbuddin Hekhmatiar che eroicamente combatterono, con le armi e i dollari americani, per cacciare l'invasore sovietico? Questi li ricordo bene: gl'inni alla “resistenza popolare” afgana “contro il comunismo”. Salvo che poi, quando i sovietici se ne andarono, l'oblio più totale cadde sull'Afghanistan e nessuno si accorse (e naturalmente manifestò nelle piazze) del fatto che i mujaheddin si stavano scannando tra di loro, che ammazzavano i loro compatrioti come le mosche, che Kabul venne rasa al suolo dai cannoni delle diverse fazioni, che le donne che portavano la gonna sopra le caviglie venivano fucilate in piazza, eccetera, eccetera. Adesso Sofri ci parla del regime talibano come di una “tirannide oscena”, e accusa Strada di preferire i taliban a Karzai. Falsa, ovviamente l'accusa. Ma bugiarda l'argomentazione, perché Sofri salta a piè pari i misfatti dei mujaheddin, mettendo tutto in un sacco buio. Quando invece dovrebbe essere chiaro che i taliban arrivarono al potere, nel 1996, dopo quattro anni di scempi, i cui autori non furono i taliban, creati dagli americani, ma i mujaheddin (tra cui Osama bin Laden) alleati degli americani. Dov'erano Sofri e Rampoldi in quel periodo? Di quali farfalle si occupavano? E sono a conoscenza del fatto che alcuni di quei massacratori (pre-taliban) sono adesso al governo con il democraticissimo Ahmid Karzai, ex dipendente della Unocal? Non parliamo del crociato Rampoldi, che si spinge ad accusare i pacifisti (Fini o Calderoli non saprebbero fare di meglio) di volere che i talibani si riprendano l'Afghanistan e che Al Qaeda “riassuma il controllo delle più grandi piantagioni di papavero da oppio del pianeta, ricavandone abbastanza per finanziare il terrorismo ovunque”. Untorello che non si accorge di scrivere quello che esattamente sta accadendo adesso, quando il governo Karzai sta in piedi fino a che farà comodo ai signori della guerra, controllori delle grandi piantagioni di papavero. E poiché dietro agli uni e all'altro sta l'ISI pakistano, possiamo essere certi che una parte grande di quei denari vada proprio a finanziare il terrorismo che gli Stati Uniti fingono di combattere. Ma, vien da chiedersi, questo Rampoldi, che pare non sapere come gira il mondo, ci fa o ci è? I pacifisti - per lo meno quelli che conosco io, ma forse Rampoldi ne frequenta altri - non hanno alcun bisogno di “volere a tutti i costi che la guerra americana si concluda con una sconfitta”. Non siamo noi a determinare l'esito della guerra americana, bastano gli americani stessi. Il nostro problema è che questi Stati Uniti, armati fino ai denti e determinati a vincere, rischiano di finire male loro stessi e, insieme, di far finire male tutti noi. Ecco la nostra preoccupazione.

Altra costante di tutti questi ragionamenti (si fa per dire), che accomunano Sofri e Rampoldi alla larga schiera di commentatori di destra e di centro, è l'accusa ai pacifisti di essere degli inguaribili moralisti, capaci soltanto di posizioni di principio, incapaci dunque di ogni realismo. Ma la cosa più curiosa è che questi fustigatori del moralismo sono poi i moralisti a oltranza, che leggono la politica mondiale come una successione di puri principi, dove s'invoca (di nuovo Sofri) l'uso di una “forza legittima e proporzionata e trasparente; il contrario della potenza tracotante e smisurata e opaca della guerra”. Come se non sapessero, ad esempio, chi ha armato l'UCK in Kosovo, preparando la guerra “umanitaria”; come non sapessero in che modo è stata preparata la guerra irachena; come non avessero mai sentito parlare dei dubbi, sempre più pesanti con il passare del tempo, su quell'11 settembre 2001 (per meglio dire: sulla versione ufficiale dell'evento tragico) che cambiò la storia del mondo e avviò la guerra infinita contro il cosiddetto terrorismo internazionale. Chi è il moralista ipocrita, qui? Chi ritiene, con ben fondati motivi, che ci troviamo nel bel mezzo, come scrive inorridito Sofri, di “una guerra globale asservita agli Stati Uniti”, oppure chi, anima bella, sembra ritenere che gli Stati Uniti stanno guidando il mondo verso la democrazia e la giustizia universale a colpi di cannone e di missile?

Ma Sofri, che predica realismo, pensa che viviamo nel mondo della “forza legittima e proporzionata e trasparente”. Proprio mentre è in corso, in Libano e in Palestina, sotto i nostri occhi, l'uso di una forza illegittima, sproporzionata, menzognera. Mentre i forti, che ammazzano i deboli che cercano di difendersi, vengono assolti per legittima difesa e, al massimo, si fa loro presente, con timidezza, che forse sarebbe utile che reagissero con meno violenza, ammazzando un po' meno civili innocenti, bambini, vecchi e donne.

Ci vuole davvero una bella faccia tosta per fare prediche ai pacifisti in una situazione come questa. Solo Magdi Allam potrebbe fare di peggio.

Nessuno o pochi, tra i pacifisti di mia conoscenza, dice o scrive che la Kabul di oggi è “peggio” di quella dei taliban. Ma è qui il trucco: nel proporre questo confronto. Siete voi che affermate che la Kabul di oggi “è meglio” di quella dei taliban. E qui vi sbagliate, o mentite, o, peggio ancora, vi arrogate il diritto di decidere prima e meglio degli afgani. Vi ricordo che un anno fa l'Afghanistan era dato per pacificato e le elezioni farsa che vi si tennero erano presentate come un grande passo avanti verso la democrazia. Oggi nemmeno voi riuscireste a fare un'affermazione del genere. Perché anche voi sapete che le cose stanno andando male, molto male, per gli occupanti. Dunque abbiate la prudenza di aspettare a formulare giudizi. Poi si vedrà qual è l'Afghanistan “più fasullo”: quello di Gino Strada o quello di Guido Rampoldi. Potreste trovarvi presto nella condizione di Fassino, che esaltò la grande vittoria democratica delle elezioni irachene, con “oltre otto milioni e mezzo di votanti” (e ancora adesso c'è da chiedersi chi gli diede quella cifra). Con il solo, piccolo problema che ora l'Irak è in preda alla guerra civile e che, nel solo mese di giugno di quest'anno (cifre riferite da Le Figaro) si sono verificati oltre 1200 attacchi militari, mentre i media italiani, tra cui quello per cui voi scrivete, continuano a raccontarci solo la favole di Al Qaeda e dei suoi kamikaze.

Del governo e della sua sopravvivenza non voglio neppure parlare. Se non per ricordare a Sofri e a Rampoldi che il risultato elettorale dice una cosa inequivocabile: la vittoria contro Berlusconi è il frutto di una battaglia comune, alla quale hanno preso parte tutti, inclusi naturalmente i pacifisti. I numeri, invero risicati, dicono che ogni voto è stato utile anzi necessario. E, quindi, la responsabilità della tenuta del governo grava in misura eguale su tutte le sue componenti. Non c'è qualcuno “più responsabile” e qualcuno “meno responsabile” . Tanto meno la responsabilità può essere assegnata in modo inversamente proporzionale alla quantità di deputati, per cui coloro che sono in minoranza dentro la maggioranza dovrebbero cedere e accettare le valutazioni della maggioranza nella maggioranza. E chi ha mai stabilito questa regola?

E in base a quale criterio, imperante un sistema maggioritario demenziale che ha chiuso la bocca agli elettori, la minoranza pacifista (che, appunto stando ai recentissimi sondaggi d'opinione, è larga maggioranza nel paese), contraria al rifinanziamento della missione afgana, dovrebbe cedere, mentre gli altri, impegnati esclusivamente a garantirsi la benevola approvazione di Washington, non cercano neppure la strada di un compromesso?

Infine una piccola e banale considerazione. Il voto della destra, identico a quello del centro sinistra alla Camera dei Deputati, dice più e meglio di ogni altra considerazione che sul tema della guerra e della pace questo governo di centro sinistra ha mantenuto una continuità con quello di centro destra. So bene che, anche quando Berlusconi era al governo, e anche prima che vi arrivasse, spesso e volentieri, su queste questioni, i leader del centro sinistra adottarono una politica bipartisan, appoggiando, quando non promuovendo, opzioni belliche. Male allora, male adesso, quando la destra vota con il centro sinistra. Male per tutti, cari Sofri e Rampoldi. Male anche per voi, che siete così impegnati a giustificare le azioni del potere. Viene da chiedersi: ma pensate davvero che ve ne verrà gloria e merito?

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