Viva Las Vegas, abbasso i barboni
Il comune di Las Vegas vieta ormai che ai senza tetto possano essere offerti cibi e bevande nei parchi cittadini, come riferiva il New York Timesdi ieri: la capitale del gioco d'azzardo del Nevada si unisce così alla lunga lista delle città statunitensi che hanno posto restrizioni alla distribuzione di pasti gratuiti nei luoghi pubblici. La ragione addotta è sempre la stessa: i barboni scoraggiano il turismo e vanificano gli «sforzi di abbellimento» del comune.
Las Vegas è una delle città a più rapida crescita negli Usa e attrae visitatori di tutte le classi sociali, poveri compresi. Per di più, dopo un calo registrato durante l'amministrazione Clinton, i senza tetto hanno ripreso a crescere sotto il giovane George Bush. Ora, dicono in municipio, gli homeless sono più di 12.000 e con la loro sporcizia ed ebbrezza molesta, inquietano le famigliole che portano i bimbi al parco.
Da sempre, che la povertà esista dà relativamente fastidio, ma che sia così appariscente è insopportabile. Si decidesse almeno a essere invisibile! Che si nutrano pure i mendicanti, ma almeno nel retrobottega, al riparo dagli occhi!
Nel 1994 il premier conservatore britannico John Major attaccava i barboni: «La loro vista è offensiva», nuocciono ai commercianti e allontanano i turisti. Forse la miseria visibile è più aborrita di quella nascosta per un meccanismo notato di sfuggita negli anni '30 da Walter Benjamin quando si chiedeva perché nella Mosca sovietica nessuno desse l'elemosina: perché qui non c'è senso di colpa per la povertà altrui, si rispondeva il filosofo tedesco. Vedere un povero ci mette a disagio nel sistema capitalistico perché acuisce il nostro senso di colpa. Un disagio che ha una storia secolare. Già Friedrich Engels citava la lettera che una signora spedì al Manchester Guardian nel 1845: «Signor direttore, da qualche tempo per le strade principali della nostra città s'incontra una miriade di mendicanti i quali, in parte coi vestiti laceri e l'aspetto malato, in parte mettendo a nudo piaghe e deformità ripugnanti, cercano di suscitare la pietà dei passanti in modo spesso assai impudente e molesto. Sono dell'opinione che quando si paga non solo la tassa per i poveri, ma si contribuisce generosamente alla beneficenza, si sia fatto abbastanza per avere il diritto di essere preservati da tali sgradevoli e impudenti molestie...».
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