La manifestazione pacifista vista con l'occhio del pregiudizio
Erano in tre del manifesto(Sgrena, Braga e Ragozzino), sabato ad Assisi. Hanno ascoltato con attenzione il dibattito, hanno partecipato al breve corteo, percorrendolo avanti e indietro e guardandolo sfilare, tutto, dall'alto di un muretto. Niente. Nessuno di loro ha visto i due ragazzi con le foto antiisreliane, quelle che i lettori più ingenui hanno rischiato di attribuire all'Ucooi.
Fatta questa dichiarazione di incompetenza giornalistica, dobbiamo anche dire che al manifestoci siamo divertiti un po' e anche un po' indignati nel leggere cosa sarebbe avvenuto ad Assisi. Molti quotidiani hanno raccontato correttamente quello che gli inviati avevano visto e sentito, dando più o meno spazio, con titoli più o meno azzeccati: oltre ai giornali di sinistra, altri come la Repubblica, La Stampao Il Messaggero, domenica avevano articoli di tutto rispetto. Sia chiaro che non si vuole dare i voti a nessuno. Oltre tutto la pace ha degli aspetti di tolleranza e di pazienza che sfuggono a molti. Però tra domenica e ieri si sono lette cronache e interpretazioni dei fatti che presentano anche notevoli aspetti politici. I grandi giornali influiscono sulla pubblica opinione e hanno capacità persuasive di grande portata nei confronti del mondo politico. Per questo abbiamo raccolto un po' del pensiero presente in alcuni dei maggiori giornali nazionali, per cercare di capire da dove esca e dove porti tanta disinformazione e mettere sull'avviso almeno i nostri lettori, compresi quelli che «militano» nei grandi giornali. Inoltre il rischio con i quotidiani è che quanto è scritto oggi, domani è buono solo per incartare il pesce; così almeno diceva Luigi Pintor. E noi vorremmo che l'uso ittico dei giornali, di alcuni almeno, venisse rinviato almeno di un giorno. In altre parole: vorremmo che ci si ricordasse di quanto alcuni giornali importanti hanno scritto.
L'inizio necessario è il Corriere della serache nell'articolo dell'inviato, dopo aver elencato gli assenti alla vigilia dell'incontro di Assisi, continua su quella falsariga, puntando sulla «marcia» Perugia Assisi fallita rispetto alle edizioni degli anni precedenti. Ma nessuno ha mai indetto alcuna marcia, tanto più da Perugia ad Assisi, quando, come ha ripetuto Flavio Lotti, anche le sedi vescovili sono chiuse per ferie. E sulla presenza dei sostenitori di Nasrallah e dei militanti dell'Ucoii non era meglio spendere semplicemente qualche riga, dando giustamente la notizia, e dare maggiore risalto allo spirito della marcia, invece di dare loro tutto quel risalto? Niente di male, come ovvio; solo che gli stessi due errori - la marcia da Perugia ad Assisi e il ruolo decisivo dell'Ucoii arrivano nell'editoriale di Angelo Panebianco del giorno dopo. E l'abitudine di Panebianco di pontificare - ne ha tutti i diritti, come ovvio - stride un po' con la disinformazione che trasmette ai lettori.
Abbiamo ricordato con piacere l'articolo dell'inviato di Repubblicache ha visto e sentito quello che abbiamo visto e sentito noi. Per questo ci è dispiaciuta la lettura di Pietro Citati che in un articolo dotto dedicato alle supposte quattro fasi dell'antisemitismo europeo (gli consigliamo di rileggere «Le interdizioni israelitiche» di Carlo Cattaneo)cade in una polemica con personaggi non veramente alla sua altezza come Casarini, Caruso e Agnoletto. E poi immagina un Erode moderno dotato di una bomba atomica che stermini Israele compresi i bambini di due giorni.
Questi sono dunque i maggiori giornali italiani che evidentemente fanno un po' di fatica a capire fino in fondo che la pace è molto difficile, anche perché comincia dalla verità e dal rifiuto del preconcetto. Ma va bene così. E' certo che quando la marcia Perugia Assisi si terrà davvero, i nostri colleghi, gli inviati dei maggiori giornali, saranno meglio disposti a vedere e a capire.
Per il Corriere della Sera la manifestazione di sabato e la Perugia-Assisi sono la stessa cosa. Infatti l'inviato, Fabrizio Roncone, inizia il suo racconto facendo un parallelo tra le marce degli scorsi anni e il corteo.
«Chi le ha frequentate, sa che erano giornate pazzesche. Di bolgia e di euforia. Di traffico bloccato e di pullman in coda. Con il profumo della porchetta calda e croccante già alle 9 del mattino e con i boy-scout che ti mettevano in fila, su per i vicoli: il primo con la chitarra e tutti gli altri dietro, a cantare una di quelle loro canzoni che poi rimpiangi di non essere mai stato nemmeno lupetto. Questo sabato mattina, invece, si risalgono i gradoni del centro storico in silenzio».
L'articolo prosegue così...
«(...)Davanti all'ingresso del teatro s'incontrano pattuglie di cronisti con il taccuino pieno di nomi. Tutti, d'altra parte, eravamo un po' venuti con l'idea di stilare l'elenco dei presenti e soprattutto degli assenti. (...) Tutti volevamo capire quanto questo movimento pacifista italiano fosse in crisi. E lo è, sicuro che lo è. La sensazione è precisa, sulla soglia del teatro. Poi lo sguardo scorre sulla piccola folla e ciò che toglie il fiato, subito, è una fotografia, un'immagine. Foto numero 1: la faccia barbuta di Hassan Nasrallah, gran capo di Hezbollah, con la scritta: «Il leader della dignità araba». Foto numero 2: è l'immagine che ha già fatto il giro del mondo. Ci sono bambini che mettono la firma sulle testate di alcuni missili. Il testo: «I bambini israeliani mandano regali ai bambini palestinesi».
Fabrizio Roncone (inviato)
Corriere della Sera - 27 agosto
Furio Colombo teme una cintura di forza per Israele.....
«(...) La frantumazione dell'opinione pubblica intorno a Israele, alle sue azioni, intenzioni, problemi (e anche errori) è ancora più complicata e grave. (...) E' nobile e grande e urgente la determinazione di essere forza di pace in nome e per conto delle Nazioni unite. Fa onore all'Italia essersi candidata per prima e per il comando. Eppure se componete insieme frasi, dichiarazioni, giudizi, sevizi televisivi, atti ministeriali, vi rendete conto di un rischio: che la forza di pace sia vista come una camicia di forza intorno a Israele, che Israele sia considerato il colpevole, il paese da tenere a distanza perché non si scateni (di nuovo, direbbero alcuni, e non solo le pagine islamiche a pagamento) contro i deboli e gli indifesi».
Furio Colombo (editorialista)
L'Unità - 27 agosto
Per Giuliano Ferrara : Forza guerra!
«Non ci credo. Il successo di D'Alema è incontestabile. La forza multinazionale di interposizione c'è. I soldati partono benedetti dalle Nazioni unite, da Israele, dal governo libanese e dagli americani, e probabilmente godranno per un certo tempo di una situazione di vantaggio operativo garantita dall'equivicinanza cosiddetta e dalla capacità italiana di negoziare il negoziabile con Hezbollah, foto di gruppo comprese. (...) Ma non ci credo. Questa idea che la guerra è finita, che è diventata impossibile, e che il colore della pace è il blu dell'Onu, non mi sembra la cura, mi sembra un rinvio ulteriore nelle terapie radicali che la malattia richiede. Mi sembra un rinvio della guerra nelle condizioni peggiori per noi, migliori per il nemico. Se c'è un nemico, e mi pare francamente che ci sia».
Giuliano Ferrara (direttore)
Il Foglio - 27 agosto
Il titolo di Libero
«I frati benedicono i fucili».
«Delirio ad Assisi: pacifisti, francescani e islamici plaudono l'armata di Prodi»
E il commento di Betulla
«Oltre alla benedizione dei frati e del vescovo locale, c'è stata quella del pacifista ungherese Napolitano, di Bertinotti, dei giornalisti della Rai e del capo dell'Ucoii. Sì, l'Ucoii. Loro: i musulmani estremisti che paragonano gli ebrei ai nazisti. Com'è andata ieri. Pochi ma felici. Nel 2001, ad Assisi, D'Alema fu aggredito da salve di fischi perché si era schierato timidamente a favore dell'invio delle truppe in Afghanistan. Così Rutelli. Bertinotti fu portato in trionfo. Oggi sono tutti eroi per il motivo opposto: mandano soldati e sono di sinistra. E poi c'è uno scopo non detto ma chiaro: mettere a posto Israele. Se no perché l'Ucoii? Israele deve esistere, dicono tutti. Ma in un bel ghetto, lasciando prosperare chi organizza la sua distruzione. Non risulta che Dachan, il presidente dell'Ucoii, sia stato destinatario nemmeno di un pernacchio. Ha diritto di presenza e di parola, magari anche di applausi. A nessuno viene in mente di cacciarlo come fecero i manifestanti nel 2004 a Roma contro Fassino, perché ritenuto tenero con «crociati ed ebrei» e troppo duro con Bin Laden».
Renato Farina (vicedirettore)
Libero - 27 agosto
E per Zecchi sono solo ipocriti
«Oggi i movimenti pacifisti inneggiano a una pace indifferente alla libertà e alla giustizia, valori che nessuna dittatura ha mai regalato al popolo. Non a caso, allora, i nostri pacifisti finiscono per preferire un Iraq in mano alla belva Saddam piuttosto che un Iraq che difficilmente, e grazie a una guerra, sta cercando la strada della democrazia. I pacifisti preferivano i talebani piuttosto che la lotta armata per dare al popolo afghano un minimo di libertà e giustizia. I pacifisti non amano Israele, Stato libero e democratico, mentre «comprendono» il terrorismo palestinese e quello degli hezbollah, e individuano sempre come occasione di confronto e scontro politico le situazioni in cui gli Stati Uniti sono coinvolti militarmente».
Stefano Zecchi (filosofo)
Il Giornale - 27 agosto
La Repubblica ci ripensa
«Il nuovo antisemitismo che si aggira per l'Europa»
«(...) Quanto agli antisemiti di sinistra, sono talmente tanti che non oso nemmeno nominarli. Ricordo soltanto una giovane, non so se casariniana o carusiana o agnolettiana che proclamava ad alta voce: "Quelli che non ha ucciso Hitler, li ammazzeremo noi". Anche coloro che non sono apertamente antisemiti considerano Israele una grandissima seccatura, che turba la tranquillità dei loro sonni. Se una notte, possibilmente di sabato, una misteriosa bomba atomica facesse scomparire tutto Israele, fino ai bambini di due giorni, sarebbe perlomeno una liberazione piacevolissima». (Pietro Citati, maestro di pensiero).
La Repubblica - 28 agosto
Panebianco e la manifestazione
inventata
«I caschi azzurri e la pace giusta»
Non ci si può meravigliare troppo per la foto pubblicata ieri dall Corriere. Vi si vedono alcuni giovani che, del tutto indisturbati, innalzano immagini di Hassan Nasrallah, il capo di degli Hezbollah, un uomo di guerra, durante la marcia Perugia-Assisi. Così come non ci si può meravigliare per la partecipazione alla marcia dei rappresentanti dell'Ucoii, l'organizzazione islamica ispirata ai fratelli musulmani, che paragona Israele al nazismo. Né la folta presenza, documentata dai cronisti, di simboli e bandiere palestinesi. (...)»
Angelo Panebianco (editorialista)
Corriere della sera - 28 agosto
La prima guerra degli ayatollah a Israele
«La storia potrebbe anche dimostrare che l'intera questione è irrilevante: nella guerra che più probabilmente seguirà quest'ultima, nel giro di un anno o due, tra Israele, spalleggiato dagli Stati uniti (e le altre potenze occidentali?) e l'Iran con Hezbollah (e forse la Siria) - e che avrà un carattere completamente diverso dalla guerra di quest'estate - a contare sarà la preparazione raggiunta nel frattempo e l'efficacia con cui le due parti agiranno. Forse l'autentico significato di questa guerra è l'avere svegliato Israele».
Benny Morris (storico israeliano)
Corriere della sera - 28 agosto
I fiori nei cannoni? Ma la guerra non accetta di farsi chiamare pace
«Ammirevole esercizio di funambolismo, ma nessuna formula magica sarà in grado di cancellare la guerra semplicemente ribattezzandola pace. Potremmo rallegrarci, come fa il manifesto, definendo «soldati arcobaleno» i militari che vanno in Libano, esortando con calore, come fa Bertinotti, a un «uso non offensivo delle armi».
Pierluigi Battista (vicedirettore)
Corriere della Sera - 28 agosto
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