Chi minaccia l'azienda
Giordano, Damiano, Ferrero, Bonaiuti, Rotondi, Giulietti, Franceschini, Capezzone, Rizzo, Schifani, Fassino. Sono gli 11 politici italiani che in pochi minuti il Tg1 delle 13.30 di sabato è riuscito a citare, a ognuno doverosamente(?) regalando qualche riga di parole prelevate dalle agenzie e dai giornali del giorno prima. È questo infelice modello di informazione che un dignitoso consiglio di amministrazione della Rai dovrebbe rovesciare come un guanto; diversamente non farà alcuna differenza se alla guida del primo tg d'Italia resterà Clemente Minum o andrà Gianni Riotta. Che di questa e altre cariche i partiti di governo grandi e piccoli discutano appassionatamente domani in Consiglio dei ministri è la misura della loro distanza non solo dagli interessi del paese, ma anche dallo stesso programma dell'Ulivo, così spesso citato a mo' di Vangelo (quando conviene) e trascurato come il Deuteronomio (quando conviene). Sull'altro fronte va registrata con noia totale la più recente intervista di Fedele Confalonieri alla Repubblica. Questa volta raggiunto in macchina nei pressi di piazzale Loreto, evoca quell'evento per esorcizzarlo: «(Berlusconi) invece di appenderlo per i piedi vogliono togliergli le tv» dice. Nella foga, gli scappa persino l'ammissione che Craxi gli fece dei favori, ma per concludere che «questi qui vogliono dare tutto alle Coop, come hanno fatto con le farmacie». Confalonieri cita come esempi positivi di capitalismo concorrenziale la Pepsi che compete con Coca Cola e la Microsoft contro Ibm. Disinformato e disinformante com'è gli sfugge che proprio Pepsi e Coca sono sotto accusa in India grazie a un movimento dal basso che ne ha rivelato l'uso di acqua inquinata (l'acqua, bene comune, come le frequenze dell'etere) e che nella patria del capitalismo concorrenziale sia Ibm che Microsoft sono finite sotto accusa per abuso di posizione dominante e costrette a modificare i loro comportamenti. L'hanno fatto senza strilli né piazzali Loreto. Se questa è la statura industriale del presidente di Mediaset, allora c'è seriamente da preoccuparsi per i posti di lavoro di quell'azienda, avviata di suo a un serio declino senza bisogno delle supposte vendette dei pasdaran della sinistra.
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