Tutto quel che volevate sapere sul caso Telecom
Qual è l'interesse di Tronchetti Provera, oggi?
Deve assolutamente tamponare i debiti accumulati (41 miliardi di euro) che derivano dalla scalata iniziale a Telecom Italia e nello stesso tempo deve risollevare un appannato prestigio di manager. I due obiettivi sono in parziale contraddizione: vendendo altri pezzi del suo sistema industriale può sanare, ma questo comporta un ridimensionamento.
Qual è il suo controllo azionario su Telecom Italia?
Questa la catena di controllo: Marco Tronchetti Provera spa (61%) - Gpi (50,1%) - Camfin (25%) - Pirelli & C. (57%) - Olimpia (18%) - Telecom Italia. In pratica Tronchetti Provera comanda in Telecom Italia con un capitale attorno all'uno per cento.
Qual è l'interesse delle banche?
Devono recuperare i soldi prestati, ma non possono correre il rischio che il debitore fallisca, perché perderebbero tutto. Anche per questo Banca Intesa nei giorni scorsi si è affrettata a dire che non ha timori sulla solvibilità di Telecom. In ogni caso le due maggiori banche creditrici hanno deciso nei mesi scorsi di esercitare il loro diritto di riavere alla scadenza concordata i prestiti fatti a suo tempo a Tronchetti per scalare Telecom Italia.
Come pensa di salvarsi Telecom?
Nell'estate Tronchetti Provera ha giocato contemporaneamente quattro carte, segno di estrema urgenza: (1) ha tentato un accordo con Murdoch per un suo ingresso azionario in Telecom, tentativo non riuscito o rinviato che per ora ha portato solo a un accordo per la cessione di diritti tv di Fox. (2) Ha esplorato le condizioni per far crescere La7 tv, che potrebbe vedere l'ingresso del gruppo Rcs se cadesse il divieto agli editori di giornali di possedere tv. Perché ciò accada occorre un atto del governo, che è interessato a un terzo polo tv. (3) Ha proposto e ottenuto dal Cda di ri-separare Tim da Telecom Italia, per poterla poi valorizzare a parte (venderla). (4) Ha proposto e ottenuto dal Cda di destinare a una società separata la rete di telefonia fissa; anche qui, per valorizzare tale asset, peraltro strategico.
Perché nel dicembre del 2004 era stato deciso di accorpare Tim dentro Telecom?
Per realizzare la famosa convergenza tra telefonia fissa e mobile e drenare il ragguardevole flusso di cassa di Tim con cui coprire i debiti. Ma l'acquisizione di Tim, che era una società separata, ha prodotto nuovi debiti per 15 miliardi.
Perché scorporare la rete fissa in una società separata?
Di questo progetto in Telecom si discute da mesi, secondo le due ipotesi delineate nel memorandum Rovati che sta facendo scandalo. Lo scorporo permetterebbe di tagliare via ogni obiezione sul monopolio delle infrastrutture e lascerebbe libertà commerciale a Telecom. Che poi venga passata allo stato è questione relativamente secondaria e solo ideologica. Ma ci sono problemi: la nuova società affitterebbe i suoi servizi a tutti, anche a Telecom, che si troverebbe a pagare un canone dove oggi viaggia gratis sui cavi suoi. E poi la società di rete potrebbe non avere i capitali o non essere incentivata (in quanto monopolista) a potenziare la rete stessa. Il rischio è che, come con la rete ferroviaria, le prestazioni rapidamente peggiorino, anziché migliorare verso la banda larga e larghissima.
Qual è l'interesse dei consumatori?
I singoli, come le aziende clienti, hanno due esigenze, contrastanti tra di loro: prezzi bassi e buona qualità del servizio. I sistemi nazionalizzati del passato offrivano l'esatto contrario (prezzi elevati e qualità bassa). I sistemi concorrenziali hanno dato, volta per volta, esiti diversi e variabili nel tempo.
Qual è l'interesse del paese?
Nelle teorie economiche prevalenti, un paese deve crescere quanto a Pil e farlo specialmente nei settori a maggior valore. Le reti infrastrutturali (energia, trasporti, comunicazioni, acqua) sono però importanti anche perché sono il sistema nervoso di un paese, dal quale dipendono le altre attività sociali ed economiche. Hanno le caratteristiche di un bene pubblico e per questo tutti i governi «mettono il naso» in tali questioni.
Come intervengono gli stati?
La strada prevalente è quella delle Authority indipendenti che devono monitorare gli andamenti, dettare le regole e intervenire per sanzionare i comportamenti fuori regola. Le Authority interpretano gli indirizzi generali fissati nelle leggi.
Le reti sono monopoli naturali?
Quando un settore ha un'utilità generale per il paese e costi di investimento molto alti che rendono impossibile duplicare le strutture (per esempio una seconda rete ferroviaria) si parla di monopolio naturale. Non necessariamente questo significa che debba essere di proprietà dello stato e/o gestito da esso, ma sempre che debba essere sottoposto a controllo pubblico nella qualità del servizio e nelle tariffe.
In quali altri modi i governi intervengono?
Per tutti i grandi affari le industrie premono sui governi attraverso i loro lobbisti e i governi discutono con loro dei provvedimenti di legge che riguardano i diversi settori. Nei casi peggiori, come avvenne per la legge Gasparri, la lobby vincente in pratica scrive la legge. In altri casi i governi (tutti) esercitano pressioni morali sulle imprese perché tengano conto di interessi più vasti. Per esempio dei riflessi occupazionali o di questioni di sicurezza. Nella primavera di quest'anno, per esempio, il parlamento americano ha messo il veto alle vendita di 22 banchine dei porti americani alla Dubai Ports World (araba). L'affare poi è stato dirottato, con vero interventismo statalista, sulla famosa Halliburton.
Davvero Prodi ha sbagliato?
Le opinioni divergono e non solo per campi politici. La teoria prevalente sostiene che il governo deve stare fuori dalle decisioni delle aziende private e non dare suggerimenti, tantomeno chiedere modifiche ai progetti. Questo lo sostengono solo i liberisti ideologici, ma nella pratica non lo fa nessuno perché in realtà le imprese hanno sempre bisogno dello stato e viceversa. Prodi ha incontrato due volte Tronchetti Provera ricevendo una descrizione parziale dei progetti e di suo chiedendo una certa «italianità» delle operazioni previste. Quando l'annuncio è risultato molto diverso da quello dei colloqui, Prodi si è evidentemente sentito preso in giro e ha scelto una strada nuova, rendendo pubblico il contenuto delle discussioni. Per questo è stato criticato anche dalla stampa internazionale per eccesso di interventismo e turbativa dei mercati. Altri hanno apprezzato il metodo: perché rende conto all'opinione pubblica e perché indica a Tronchetti (e in generale a tutti gli interlocutori, su qualsiasi questione) che di tutto un governo è pronto a discutere, purché con limpidezza e senza reticenze. L'innovazione è stata così clamorosa che ha sconvolto persino gli alleati, abituati a trattative più soft e soprattutto ben più riservate.
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