«Tronchetti, cosa intendi per media company?»
Augusto Preta, fondatore e direttore di ITMedia Consulting Srl, società di ricerca e consulenza nel campo dei nuovi media, è uno dei maggiori esperti e analisti nel mercato dei media e delle comunicazioni. Liberazione lo ha intervistato circa lo scorporo Telecom-Tim e i possibili scenari.
Che diventerà Telecom?
Sinceramente sarei curioso di saperlo anch’io. L’azienda ha detto di voler diventare una media company, ma questo termine significa tutto e nulla. In una media company c’è di tutto, in genere questo termine è usato quando si vuole che il valore finanziario della società immediatamente raddoppi o più. E’ la prima mossa da fare, poi cosa significhi è tutto da vedere. Come faranno a far entrare la Telecom nel mercato della iptv, ancora tutto da definire?
E’ possibile che Telecom punti sulla nuova televisione?
Sì, se l’investimento è consistente e se si entra nel settore con delle sinergie. Telecom è già un operatore dei media con La7, Mtv e il digitale terrestre: l’integrazione del business potrebbe essere utile, ma non ci sono esperienze al mondo che possano in qualche modo provarne il funzionamento.
Non si corre il rischio di diventare unicamente un supporto su cui far circolare i contenuti di altri operatori, tipo Sky di Murdoch?
Il triple play (l’offerta su un unico supporto di telefonia, internet e video, Ndr) è il modello fondamentale a cui si guarda oggi ed è fattibile, anche per Telecom, con un decoder compatibile con un’offerta di digitale terrestre. Questo però porrebbe Telecom nella condizione di dover passare attraverso l’acquisizione di diritti. Sul piano della concorrenza non ci sarebbero problemi perché essendo un mercato emergente l’Antitrust non esiste, e all’interno del Sic, che Gentiloni comunque riformerà, Telecom ha ancora una presenza molto bassa rispetto a Rai, Mediaset e Sky. Il problema è un altro e sorge quando si decide di distribuire contenuti sulle proprie reti: garantire al consumatore un’offerta. Non è casuale che una delle prime cose annunciate da Tronchetti sia stato l’accordo con la Fox, ma non basta. I grandi produttori vogliono valutare a chi affidare il trasporto dei loro prodotti e in genere vogliono comandare loro.
E se Tim viene venduta, addio al mercato della telefonia mobile...
Già, e dal punto di vista dei media è la prima importante novità: Telecom rinuncia alla tv mobile, a detta di molti il segmento del futuro. Rinunciano ad una opportunità importante, ma dagli esiti ancora incerti. Però riducono i rischi di un ingresso doppio.
Secondo lei ci sono i debiti dietro a questa decisione?
No, perché si chiudono i debiti per poi fare qualcosa. Qua stiamo parlando di qualcosa che molti sostengono essere il futuro della tv: passaggio sulla rete ip di contenuti e voci. Alcuni operatori spingono verso questa direzione, altri no. Telecom rientra nel primo gruppo.
Articoli correlati
- La bontà della tecnologia è indiscutibile, l'adozione da parte del mercato di massa meno
Dove si è nascosto il VoIP
29 novembre 2007 - Gabriele De Palma Da "capitani coraggiosi" ad evasori, la parabola dell'Opa Telecom
L'Agenzia delle entrate vuole recuperare 1,6 miliardi di euro da Gnutti e soci per non aver pagato le tasse sulla vendita di Olimpia a Tronchetti. C'erano riusciti con l'aiuto di consulenti, uomini in divisa e politici1 agosto 2007 - Andrea Di StefanoEvo Morales sfida la finanza globale: anche i telefoni ritornano allo Stato
Bolivia, il presidente nazionalizza la Entel (metà Telecom Italia, metà fondi pensione)7 aprile 2007 - Angela Nocioni
Sociale.network