STAMPA E LIBERTA'

L' informazione resta la bestia nera: arresti e intimidazioni

PRESIDENTE È convinzione diffusa che sia Hu Jintao a ispirare la mano pesante con i media
14 settembre 2006
Marco Del Corona
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)

DAL NOSTRO INVIATO PECHINO - Per giustificare la stretta sui media stranieri, i vertici dell' agenzia di stampa Xinhua ieri hanno evocato il terzomondismo: l' informazione finanziaria è egemonizzata da pochi, basta. Lu Wei, vicepresidente del principale fra i media governativi, ha detto che «senza un sistema dell' informazione cui partecipino armoniosamente diversi Paesi, la globalizzazione finanziaria si fa sbilanciata». Quindi avanti così. Pechino non torna indietro benché siano insorti Ue e Usa. E sono i leader politici a dettare la linea, a dare copertura. Fermissimo Wen Jiabao. Il primo ministro cinese a Londra era sì «dispiaciuto» per le «incomprensioni» ma ha ribadito che quelle sono le regole e «crediamo che i media stranieri rispetteranno le leggi cinesi». Il regime fa blocco. Ai massimi livelli. Presidente della Xinhua è Tian Congming, già vice di Hu Jintao quando l' attuale capo di Stato era governatore del Tibet alla fine anni ' 80. È convinzione diffusa che sia Hu a ispirare la mano pesante con i media cinesi non compiacenti, intimidazioni, arresti, condanne. Proprio ieri, un caso fra i tanti, un corrispondente del quotidiano di Hong Kong South China Morning Post raccontava di come, il 16 agosto, sia stato fermato dalla polizia nei pressi di Canton e obbligato a spogliarsi per una perquisizione corporale: aveva cercato di avvicinarsi al villaggio di Taishi dove un anno prima i contadini avevano tentato di rovesciare il capo villaggio corrotto. «Ho detto di no, si sono fermati». E l' approccio repressivo-monopolistico del regime è confermato dalla decisione di inasprire i divieti e le pene per le fughe di notizie nei tribunali e tra i magistrati. Il nuovo provvedimento sull' informazione costringe gli operatori a sottoporsi al controllo della Xinhua per le attività nella Repubblica popolare. Inascoltate le proteste degli operatori più interessati, come le agenzie Reuters e Bloomberg. I limiti, scriveva ieri il Wall Street Journal, rappresentano «l' ultimo livello della strategia a lungo termine di Pechino per trasformare la sua agenzia da uno stantio organo di propaganda in un competitivo gigante mediatico». Gigante lo è già, la Xinhua, con 13 mila dipendenti, 31 uffici in Cina e 102 all' estero, oltre 40 testate pubblicate. Ma fa gola la torta dei 100 milioni di dollari che è - si calcola - il guadagno complessivo dei mezzi d' informazione stranieri in Cina. Minacciata da Internet, soggetta alle faide all' interno del Partito comunista, il quasi monopolio della Xinhua vacilla. Ecco allora, due anni dall' Olimpiade, la stretta. Per fare paura e per fare cassa. .

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