Libertà di stampa: Corea del Nord, Turkmenistan, Eritrea sono il trio infernale.

Francia, USA e Giappone perdono posizioni, Haiti e la Mauritania progrediscono rapidamente.
27 ottobre 2006
Reporters sans frontières
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: www.rsf.org - 24 ottobre 2006

Reporters sans frontières ha pubblicato la quinta classifica mondiale della libertà di stampa. Mentre i paesi più repressivi restano gli stessi, nuovi stati si avvicinano alla testa della classifica, spesso supernado le democrazie occidentali.
“Sfortunatamente, nulla è cambiato per i peggiori predatori della libertà di stampa nel mondo. I giornalisti nordcoreani, eritrei, turkmeni, cubani, birmani o cinesi pagano con la vita o la libertà il fatto di volerci informare – ha dichiarato RSF – queste situazioni sono estremamente gravi ed è urgente che i dirigenti di questi stati accettino la critica e smettano di reprimere sistematicamente i media nel modo più violento”.
"Ogni anno, nuovi paesi dell'emisfero sud guadagnano posizioni e si collocano davanti ad alcuni stati europei e agli Stati Uniti. E' una buona notizia, che prova una volta di più che, per quanto poveri, alcuni paesi possono dimostrarsi particolarmente rispettosi della libertà di espressione. Al contrario, il lento ma costante peggioramento della situazione in USA, Francia e Giappone ci inquieta al livello più alto” ha aggiunto l'organizzazione.
Il trio infernale della libertà di espressione (Corea del Nord, 168esima e ultima posizione – Turkmenistan, 167 – Eritrea, 166) continua ad inasprire i comportamenti. La morte sotto tortura, in prigione, della giornalista turkmena Ogoulsapar Mouradova ha dimostrato che il presidente a vita Separmourad Niazov è capace di far uso di una violenza estrema nei confronti di che osa criticarlo. RSF esprime viva inquietudine anche per la sorte dei giornalisti eritrei imprigionati in un luogo segreto da ormai più di cinque anni. E l'onnipotente Kim Jong-il mantiene il dominio assoluto sulla stampa nordcoreana.
Sono ancora e sempre paesi del nord Europa a vincere la corsa della libertà di espressione. Nessun caso di censura e, ovviamente, nessuna minaccia o intimidazione o rappresaglia fisica è stata riscontrata in Finlandia, Irlanda, Islanda e Olanda, primi ex-aequo nella classifica.
Gli USA (53esimi) hanno perso nove posizioni rispetto all'anno scorso. Nel 2002, anno della prima classifica, erano al diciassettesimo posto. L'atmosfera si è nettamente deteriorata tra la stampa e l'amministrazione Bush, dopo che costui, invocando la sicurezza nazionale, indica come sospetto qualsiasi giornalista che metta in discussione la sua 'guerra al terrorismo'. Lo zelo della giustizia federale, che a differenza di 33 Stati dell'Unione non riconosce il principio di segretezza delle fonti, minaccia anche giornalisti le cui inchieste non riguardano per nulla il terrorismo. Per aver rifiutato di consegnare i suoi archivi video, il giornalista indipendente e blogger JoshWolf è stato mandato in prigione. Inoltre, la detenzione senza auuse, dal 12 giugno 2002, del cameraman sudanese di Al-Jazeera, Sami Al-Haj, nella base militare di Guantanamo, e quella del fotografo dell'Associated Press Bilal Hussein, en Iraq, dal 12 aprile 2006, appesantiscono il bilancio.
La Francia (35esima) perde cinque posti dall'anno scorso e ventiquattro in cinque anni. La moltiplicazione delle perquisizioni nelle sedi dei media e delle indagini sui giornalisti è argomento di vera preoccupazione per organizzazioni professionali e sindacati. Inoltre, l'autunno 2005 è stato particolarmente difficile per i giornalisti francesi: molti di loro sono statu aggrediti o minacciati durante il conflitto sindacale nato dalla privatizzazione della SNCM in Corsica, e durante le violente manifestazioni nelle banlieues, in novembre.
Il sistema restrittivo dei club della stampa (kisha clubs) e la crescita del nazionalismo che minaccia alcune acquisizioni democratiche hanno fatto arretrare il Giappone (51esimo) di quattordici posizioni. Il giornale Nihon Keizai è stato vittima di un attentato e numerosi giornalisti sono stati aggrediti da gruppuscoli di estrema destra (uyoku).
Le conseguenze della vicenda delle vignette su Maometto
Prima vittima di questa vicenda è stata la Danimarca (19esima), che perde la posizione di leader a causa delle gravi minacce rivolte agli autori delle caricature del profeta Maometto nell'autunno 2005. Per la prima volta negli ultimi anni, in un paese tanto rispettoso delle libertà fondamentali, dei giornalisti sono stati messi sotto protezione della polizia a causa delle minacce ricevute per il proprio lavoro.
Inoltre, lo Yemen (149esimo) ha perso tredici posizioni, principalmente a causa dell'arresto di vari giornalisti e la chiusura dei media che avevano pubblicato i disegni danesi. Altri professionisti della stampa sono stati denunciati per le stesse ragioni in Algeria (126), Giordania (109), Indonesia (193) e India (105).
Ciononostante, ad eccezione di Yemen e Arabia Saudita (161esima), tutti gli stati della penisola arabica hanno rimontato fortemente nella classifica. Il Kuwait (74) conserva il suo posto di leader del mondo arabo, subito davanti agli Emirati Arabi (77) e il Qatar (80).

Nuovi venuti nel club dei paesi rispettosi della libertà d'espressione
Due paesi hanno fatto la loro apparizione per la prima volta nelle prima venti posizioni. La Bolivia (16esima) è il primo stato dell'emisfero sud. I giornalisti boliviani hanno goduto, nel corso dell'anno scorso, di una libertà comparabile a quella dei loro confratelli austriaci o canadesi. Ciononstante, la polarizzazione crescente tra media pubblici e privati, sostenitori e oppositori del presidente Evo Morales, potrebbe complicare la situazione.
La Bosnia Erzegovina (19esima) continua la sua lenta risalita dopo la fine della guerra dell'ex-Jugoslavia. Oggi, questo paese si comporta meglio di alcuni vicini, membri dell'UE, come la Grecia (32) o l'Italia (40).
Altrettanto ben classificato, il Ghana (34) si colloca al quarto posto nel continente africano, dietro tre habitués del vertice: il Benin (23), la Namibia (26) e l'isola di Mauritius (32).
Infine, Panama (39esima) beneficia di un contesto politico calmo e serenbo, propizio per lo sviluppo di un ambiente mediatico libero e dinamico. Il paese ha guadagnato quasi trenta posizioni rispetto all'anno scorso.
La guerra, affossatrice della libertà di stampa
Il Libano è passato dalla 56esima alla 107esima posizione in cinque anni. Vittima nel 2005 di una serie di attentati e nel 2006 degli attacchi israeliani, la stampa libanese continua a soffrire della situazione politica esecrabile della regione. I media libanesi, trai più iberi e sperimentati del mondo arabo, hanno bisogno, in modo cruciale, di un contesto pacificato e di garanzie di sicurezza. L'incapacità dell'autorità palestinese (134) di mantenere la stabilità nei Territori e il comportamento d'Israele fuori dalle sue frontiere (135) minacciano gravemente l'esercizio della libertà d'espressione nel Medio Oriente.
La situatione è più o meno la stessa nello Lanka. Cinquantunesimo nel 2002, in tempo di pace, il paese si ritrova quest'anno in 141esima posizione, a causa della ripresa dei combattimenti tra le forze armate e i ribelli tamil. I giornalisti si autocensurano e molti di essi sono vittime di violenze dopo essere stati accusati da una o l'altra parte in guerra di sostenere la fazione opposta.
Lo stato della libertà di stampa in Nepal (159esimo) ha vacillato in balia del conflitto che scuote il paese da diversi anni. La 'rivoluzione democratica', l'aprile scorso, ha immediatiamente consentito un recupero delle libertà fondamentali nel paese; il Nepal conoscerà quindi presumibilmente una forte risalita nella prossima classifica.
Salutari cambi di regime
Cambiamenti al vertice dello stato sono a volte salutari per la libertà di stampa. Haiti è salita dalla 125esima alla 87esima posizione in due anni, dopo la partenza in esilio del vecchio presidente Jean-Bertrand Aristide, all'inizio del 2004. Oggi, anche se diversi assassini di giornalisti restano impuniti, la vilenza contro i media ha relativamente diminuito di intensità.
Il Togo (66esimo) ha guadagnato 29 posizioni dopo la morte di Gnassingbè Eyadéma, nel febbraio 2005, l'arrivo di suo figlio al potere e gli sforzi di riconciliazione effettuati con la partecipazione dell'opposizione e sostenuti dalla comunità internazionale.
Infine, in Mauritania il colpo di stato dell'agosto 2005 ha messo fine alla forte censura che si abbatteva sulla stampa locale. 138esimo nel 2004, il paese occupa ormai la 77esima posizione, con nuna delle rimonte più importanti della classifica.

Note: Tradotto da Chiara Rancati per www.peacelink.it.
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