La mucchia
La mucchia
“Ogni individuo ha diritto alla libertà d’opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRIITI UMANI. Art. 19
Come si sa, in tutto il mondo ci sono quattro grandi agenzie di stampa, dalle quali proviene l’ampia maggioranza delle notizie. I signori dell’editoria nel contempo si riducono di numero e concentrano ancor più. Così il mercato è diventato in realtà una cassaforte con le chiavi in possesso di pochi.
In Italia tutti conosciamo la situazione.
Come qualsiasi altro giornale, “L’UNITA’” nella sua vita ha avuto alti e bassi. E per un po’ di tempo, non è uscito in edicola. Negli ultimi anni, con la guida di Furio Colombo (direttore) e Antonio Padellaro (vice) gli è stato riconosciuto il merito di fare buon lavoro d’informazione. Si cominciava a sussurrare che rappresentasse “un modo nuovo di fare giornalismo in Italia”.
A mio avviso, tale attenzione era giusta; chi compone questo testo ebbe occasione di affermarlo per iscritto e in interventi d’assemblea. L’Unità portava benone i suoi ottant’anni.
Il culmine si è avuto con l’ultima manifestazione oceanica per la pace. Avvenne fra l’altro che il segretario dei Ds, Piero Fassino, fu fischiato e invitato ad andare via dal corteo come rappresentante di una politica non gradita. L’Unità riportò i fatti; espose sia le ragioni dei partiti (e in primo luogo dei Ds) sia quelle del Movimento. Già nelle pagine locali, come in quelle dell’Emilia Romagna, tali eventi furono invece presentati unidirezionalmente.
In ogni caso, pur trovandosi ad affrontare un evento critico, il giornale seppe anche in tale occasione mantenere la sua linea.
Dopo pochi giorni, ci fu un’entrata – diciamo così – a gamba tesa e rumorosa da parte dell’editore del giornale, Nuova Iniziativa Editoriale Spa. La persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, Marialina Marcucci, criticò la linea portata avanti dai giornalisti. Di lì a poco, circolò la notizia del passaggio di consegne da parte di Colombo.
Poi il Movimento è morto (oppure è diventato carsico), ci sono state le elezioni, il nuovo governo Prodi e altro ancora. Nel giro di pochi mesi, gradatamente, le cose son cambiate anche per l’Unità. Fra l’altro, l’ex direttore - eletto deputato - in primo luogo incide ancor più nel difendere Israele.
Arrivando ai giorni nostri, il 18 novembre si sono tenute due manifestazioni; l’una a Roma e l’altra a Milano. Quella di Milano ha potuto contare sulla mobilitazione di strutture come quelle del sindacato più forte d’Italia – Cgil – e del partito più mobilitante – Rifondazione.
L’iniziativa di Roma, no; era supportata da gruppi con disponibilità ben inferiori.
Il 19 novembre il titolo di apertura de l’Unità è stato lapidario: “Medio Oriente, la pace sfila a Milano – A Roma una vergogna annunciata”.
Il giorno dopo ancora, sempre titolo di apertura: “Prodi: basta giocare con la piazza”. (Certo, poi dalle prime righe si capisce che il premier in particolare rivolgeva le sue critiche al Pdci, però leggere un’affermazione del genere, a me inquieta.)
Secondo il racconto delle cronache, in effetti sono stati bruciati in piazza tre fantocci e gridati due slogan, che in totale fanno cinque.
Adesso sarebbe d’obbligo passare a leggere e commentare gli articoli di quei giorni. Comincio con quello di maggior richiamo, del 19/11 in prima pagina, “Il volto della Provocazione” a firma di Umberto De Giovannangeli. Il pezzo parte così: “Cinquantamila sfilano a Milano per costruire ponti di dialogo e per chiedere giustizia e pace nella martoriata Terra Santa. Hanno sfilato a sostegno di una pace giusta fra israeliani e palestinesi, una pace fondata sul principio due popoli due Stati...”.
Ma a questo punto – son sincero - vengo assalito da quella che gli studiosi di comunicazione definiscono con l’espressione: “l’angoscia del lettore”. E mi fermo; mi scuso ma non vado più avanti a leggere il giornale.
Certo - diciamo così – “a babbo morto” il quotidiano metterà il 20/11 in prima la foto di palestinesi che per un giorno, come scudi umani, sono riusciti a fermare un raid aereo israeliano; e il giorno dopo ancora, uscirà una pagina d’inchiesta su: “Spranghe, cortei e cuori neri – Il ritorno dei neofascisti”.
Ma tant’è.
Di certo fa notizia che per una volta Israele non faccia danni; sarebbe forse ancora più utile pubblicare ogni giorno le foto di tutti giorni, di ciò che rimane della Palestina, di case distrutte e pezzi di macelleria umana.
A mio avviso, oggi come oggi vuol dire essere politicamente ignoranti o in mala fede mettere sullo stesso piano da un lato i palestinesi (che vivono in un lager a cielo aperto, sotto-blocco occidentale della sua vita economica, senza il diritto di avere effettivamente in carica un governo liberamente eletto, con i suoi ministri “prelevati” e deportati chissà dove) e dall’altro lato gli israeliani (che hanno perduto gli obiettivi originari della nascita della loro nazione e sono i rappresentanti di una potenza nucleare, sempre più forte e influente a livello mondiale quanto più in giro mal vista da molti ebrei e – secondo i sondaggi – da tanti altri).
Come ex, lettore e abbonato, penso che al momento l’Unità sia da cacciare lì, nella mucchia dei giornali.
Far qui riferimento alla cultura del suo fondatore, Antonio Gramsci, in un’Italia che da 12 anni boccheggia fra Berlusconi e Prodi, sarebbe retorica fuori luogo. E’ un quotidiano all’occorrenza; cioè che può essere utile in un determinato giorno nel quale è stato pubblicato quello specifico articolo da estrarre.
L’Unità merita – una volta toccato il fondo – di essere aiutato a risalire.
25/11/6 - Leopoldo BRUNO
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