Libertà e simboli di una generazione
Giovani vacui, giovani che non riescono a comunicare, che soffrono di un indolente stato di crisi perenne, preoccupazione, depressione, ira, sbalzi d’umore, instabilità fisica e mentale.
C’è chi chiamerebbe questo insieme di espressioni semplicemente giovinezza, adolescenza, formazione sessuale e chi più ne ha più ne metta.
Eppure è palese ormai come le nuove generazioni soffrano di particolari tipi di malattie che per certi versi non si trovano molto spesso nella storia.
La prima tra tutte è una sorta di impossibilità del comunicare, legata ad una impossibilità nell’esprimersi, per mancanza di una linguaggio appropriato ma soprattutto di un mezzo adeguato. Infatti, dove il mondo dei media banalizza ogni frase e parola pronunciata, rendendola oggetto di scherno, derisione, ma anche di capo d’accusa, il linguaggio ferito a morte cade inerme ai piedi di giovani che lo raccolgono impotenti sul suo utilizzo. E così la strada del dialogo, della comunicazione orale, la prima dell’umanità che ha permesso l’ingresso nella società civile, lascia il posto o a un insieme di simboli e abbreviazioni che costituiscono il gergo, il nuovo linguaggio di un insieme di persone senza tempo, oppure cede totalmente e il modo d’esprimersi passa da simboli verbali-fonici a simboli grafici come le svastiche, la falce e il martello, fino a gesti fisici di stizza, di ribellione, di assurda lotta contro un sistema che è da condannare solo perché ti lascia esprimere liberamente.
Simboli che molto spesso recuperano una storia ormai tramontata, come il fascismo e il comunismo, surclassandone il significato primo e imponendo solo la necessità del mostrarsi, del sentirsi importanti, dell’essere parte viva di un qualcosa, per non cadere nella noia immortale di qualche dio caduto dal cielo.
Perché i simboli che noi usiamo sono il modo con cui noi comunichiamo noi stessi al mondo, sia ciò che fa parte del nostro contenuto conscio, sia di quel mondo sotterraneo ed estraneo alla luce della realtà qual’è l’inconscio. Il linguaggio è un mezzo superiore perché tramite simboli riesce ad esprimere la variopinticità dell’animo umano, con tutti gli arzigogolii del caso. Heidegger in fondo quando ci arrivò non era uno sprovveduto. Così è anche la religione, una chimera che intorpidisce la ragione, ma che riluccica di un fondo inconscio e mostra quelle che sono i nostri più profondi timori, umani certo, ma in primo luogo animali. Il termine anima in fondo deriva proprio da lì.
Così anche i gesti di forza, legati magari ad una genealogia storica ormai tramontata, vogliono anche la loro parte a questo mondo, dai centri sociali agli skinhead di forza nuova. E se molti tendono a giudicare negativamente queste esternazioni, in realtà essi esprimono un dissidio sociale molto forte che colpisce al cuore il sistema che ci sorregge. La libertà che possediamo in realtà è pagata a caro prezzo dai coinquilini di quell’enorme palazzo chiamato mondo occidentale. Ciò che non ci è ancora chiaro è che quattro libertà fisiche in croce, sebbene ci portino dei grandi vantaggi come il votare o il permetterci un avvocato, non possono entrare mai nella nostra zucca, perché la nostra zucca ha inciso un nome ben preciso e si chiama animale. Noi prima di essere degli abili sfruttatori, dei nobili mafiosi, o degli ipocriti politici mentecatti, siamo parenti delle scimmie.
E a proposito di scimmie nè Darwin con la sua teoria dell’evoluzione, nè Freud con la sua teoria dell’inconscio si sbagliavano più di tanto. Il peso che la società impone non "è" qualcosa di materiale ma si "esprime" a livello materiale, proprio tramite gesti come l’inneggiare al duce, o scrivere su di un blog, ma la loro origine è sempre lì, nella nostra zucca.
E quello che bisogna capire è se vivere liberamente in una società ci fa sentire non solo bene fuori, ma soprattutto bene dentro. Sennò che senso avrebbe godere di molti diritti, ma rimanere la gente impaurita dalla caccia alle streghe del medioevo, o che si randella con le clave come i nostri antenati delle caverne?
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