La t-shirt della discordia

Un attivista si inventa una maglietta anti-guerra con i nomi di tutti i soldati americani uccisi in Iraq e la vende via internet. Libera espressione di dissenso o 'marketing della compassione'?
5 dicembre 2006
Chiara Rancati

CarryaBigSticker.com è uno strano sito web, specializzato nella vendita di adesivi a contenuto politico. Nel 2003 il suo creatore, l'attivista di estrema sinistra Dan Frazier, per segnalare il proprio dissenso verso la guerra in Iraq se ne inventò uno con il sintetico slogan 'Bush lied', circondato dai nomi dei circa 500 militari USA che fino ad allora avevano perso la vita nel discusso conflitto.
Nel 2005, con l'aumentare dei caduti americani, dall'adesivo originale fu sviluppata una maglietta, originariamente stampata in soli cento pezzi, che grazie alla possibilità di stampare su entrambi i lato offriva spazio sufficiente per l'elenco completo e aggiornato delle vittime, ormai quasi 1700, e per uno slogan più eloquente: 'Bush lied, they died'.
A differenza degli adesivi, passati più o meno inosservati, queste magliette e il loro semplice quanto chiaro messaggio suscitarono molto interesse da parte dei media locali e nazionali: “Nell'agosto 2006 dovemmo stampare altre 300 t-shirt aggiornate – spiegano i responsabili del sito – a causa dell'attenzione mediatica che si era concentrata sul prodotto. Servizi sulle nostre magliette erano apparsi su CNN, Fox-News, NPR, e sulle pagine di USA Today e molti altri giornali”.
Con l'attenzione arrivarono anche le inevitabili polemiche. Molti infatti accusarono Frazier e il suo sito di speculare sul dramma dei caduti in guerra e delle loro famiglie, sfruttando la protesta anti-militarista e il dolore della comunità per fare soldi. “Questo disgraziato - si legge ad esempio in un post sul sito rightwinged.com – dovrebbe completare lo slogan e scrivere: Bush ha mentito, loro sono morti e io ho incassato!”.
Anche alcuni parenti delle vittime dimostrarono di non apprezzare l'idea, scrivendo a Frazier lettere di disapprovazione per la sua iniziativa e sopratutto per l'utilizzo che in essa veniva fatto dei nomi dei loro cari.
“Ammetto di non aver contattato le famiglie per avere il permesso – spiega Frazier su CarryaBigSticker – Sarebbe stato un compito monumentale e si sarebbe probabilmente rivelato ancora più difficoltoso a causa di opinioni divergenti tra i membri. Comunque, questo prodotto non vuole ovviamente essere una dichiarazione a nome dei parenti o delle vittime, ma a nome di quelli che credono che questa guerra sia stata un tragico e terribile errore – e non un errore innocente”.
Le numerose proteste hanno in ogni caso dato i loro frutti: due Stati dell'Unione, Oklahoma e Louisiana, hanno recentemente approvato nuove leggi che prevedono sanzioni per chi utilizza i nomi di soldati caduti senza l'autorizzazione delle famiglie, e alcuni senatori hanno pubblicamente preso l'impegno di proporre al Congresso la creazione di una legge federale simile, spinti anche dall'intensa attività di lobbying svolta dalle madri di alcune vittime.
Questo passaggio 'alle vie legali' comporta però un cambiamento nell'oggetto del dibattito: non si tratta più solo di valutare l'oggetto in sé, ma di considerarne la correttezza in termini di libertà di espressione e limiti che ad essa vanno imposti. Se, infatti, le leggi finora introdotte puniscono lo sfruttamento commerciale dei nomi dei caduti, tra quelle in esame alcune propongono di vietare l'utilizzo dei nomi a qualsiasi scopo, a meno di non avere il consenso dei parteni più prossimi. “Se questi provvedimenti diventano legge – spiega sempre Frazier in un articolo/dichiarazione in propria difesa - potrebbero essere usati per impedire ai manifestanti come Cindy Sheehan di scrivere i nomi dei soldati caduti sulle croci di legno per per protestare contro la guerra”. E prosegue: “Cosa ho fatto di così diverso dal vignettista dell'Atlanta Journal Constitution Mike Luckovich? Lui ha ricreato la parola 'why?' con i nomi dei 2000 soldati morti in Iraq, e ha vinto un premio Pulitzer per quel lavoro. Il Costitution vende le ristampe anche a 290dollari. Non possiamo sapere cosa direbbero i soldati morti dei prodotti e delle proteste anti-guerra se potessero parlare (...). Ciò che però sappiamo con certezza è che ogni soldato che ha volontariamente servito questa nazione è stato coraggioso, specialmente in tempo di guerra. Sappiamo anche che molti dei soldati che hanno combattuto erano convinti di farlo per proteggere i diritti e le libertà di cui il loro paese si fa portavoce. Gli facciamo quindi un pessimo servizio se mettiamo da parte queste libertà, sopratutto se diciamo di farlo in loro difesa”.
Il dibattito prosegue, ma nel frattempo su CarryaBigSticker è disponibile una nuova versione della t-shirt, con una lista delle vittime aggiornata al 23 ottobre 2006; l'area stampata è aumentata e il carattere di scrittura si è fatto un po' più piccolo, perché i nomi da contenere sono ormai diventati oltre 2800.

Note: Link (in inglese):
La legge dell'Oklahoma che istituisce sanzioni per l'uso di nomi di soldati caduti senza il consenso delle famiglie: http://webserver1.lsb.state.ok.us/2005-06bills/HB/HB2643_ENR.RTF
La legge della Louisiana che vieta lo sfruttamento pubblicitario dei nomi di soldati caduti senza il consenso del parente più prossimo: http://www.legis.state.la.us/billdata/streamdocument.asp?did=388011
La difesa di Dan Frazier: http://carryabigsticker.com/bush_lied_shirt.htm#essay

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