Noi giornalisti senza diritti chiediamo dignità
Noi giornalisti che facciamo giornali e tv senza diritti. Precari dei più diversi bacini, consulenti e autori senza contratti, noi free lance, noi che firmiamo transazioni, noi che veniamo utilizzati come tappabuchi, noi collaboratori sul territorio che lavoriamo a due euro a pezzo con la promessa di un contratto, noi che raccontiamo la vita, la cronaca, la giudiziaria e non abbiamo l'assistenza legale. Noi, precari del mondo dell'informazione, diciamo agli editori che esistiamo e facciamo i loro giornali.
Per noi sono scesi in campo i nostri colleghi più fortunati, quelli che vedono riconosciuto il loro lavoro con un contratto, con una busta paga, con le ferie e la malattia. Con la Casagit e l'Inpgi 1. A loro diciamo grazie, e diciamo di tenere duro anche per noi.
Gli editori dicono e sostengono che possono fare a meno di noi. Noi diciamo a loro che se maturasse tra di noi quella che una volta veniva chiamata coscienza di classe e decidessimo di incrociare le braccia per una settimana i loro giornali e le loro tv sarebbero vuoti.
Non si tratta più di lavoro flessibile. I nostri stipendi e le nostre sicurezze sono pressocché nulle. Se qualcuno di noi decidesse di alzare la voce, come spesso è accaduto, ci si mette alla porta e veniamo sostituiti da stagisti o da altri giovani colleghi che si troveranno ad accettare collaborazioni da fame.
Reclamiamo diritti di libertà, accettiamo la flessibilità ma non la precarietà chiedendo ai colleghi più fortunati di continuare a difendere i loro e i nostri diritti. Chiediamo al governo di non piegarsi alla prepotenza degli editori e di operare affinché nessuna agevolazione venga loro concessa fino a quando non comprenderanno che senza diritti nel mondo dell'informazione, la stampa rimane meno libera e non offre ai lettori quella corretta informazione che meritano e di cui hanno diritto.
Non è questione di firme, non è questione di stipendi. E' semplicemente questione di dignità e di diritto.
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