Una cospirazione precaria per la «Città degli dei»
Irriverente, ironico, con l'obiettivo ambizioso di fare informazione sui lavoratori precari nella carta stampata e non solo. Ieri mattina, i milanesi in procinto di salire sulla metropolitana hanno trovato una sorpresa. Negli appositi contenitori, a differenza dei due giorni precedenti, c'era una free-press liberamente distribuita. Il formato, l'impaginazione, la scansione delle pagine era la stessa, non però i contenuti. La testata del «giornale» autoprodotto è quella di una nota free-press presente sia a Roma che a Milano. Ma con quell'aggiunta, che in Italia ha precedenti nelle operazioni dissacranti del Male e che al di fuori dei confini italiani si chiama subadvertising: lo stesso mezzo per messaggi differenti.. Stampata in cinquantamila copie e diffusa gratuitamente, il giornale si chiama City, come appunto la nota free-press, ma con l'aggiunta «of Gods». Apertura, titoli e pagine interne tutte dedicate all'uso sempre più diffuso di free-lance, giornalisti a cottimo, a progetto, tutti pagati pochi centesimi a riga e senza nessuna di quelle garanzie della categoria che l'intransigenza degli editori vorrebbe fare carta straccia. Un giornale composta da brevi articoli trasudanti ironia e sempre sul crinale del paradosso per mettere a nudo ciò che i «precari e le precarie dell'informazione» sanno bene. I giornali e i magazine e informazione tv vedono al lavoro un esercito di «invisibili» che gli editori vogliono manovrane come meglio credono per far lievitare le inserzioni pubblicitarie. E così City of Gods presenta una (immaginaria) intervista al rappresentante degli editori, Boris Bianchieri, che spiega perché la linea d'ombra tra informazione e pubblicità deve essere estesa a tutta l'informazione. Da qui la decisione degli editori di rimuovere l'ultimo ostacolo - il contratto nazionale di lavoro - che si frappone tra loro e la pubblicità. I redattori non sono teneri neanche con li giornali di sinistra, come quando denunciano che la pratica di usare precari non è infatti sconosciuta nelle testate storiche della sinistra. E che i tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil hanno, negli anni passati, ma anche recentemente, basti pensare al caso Atesia, sottoscritto accordi e dato il via libera a leggi e leggine che hanno istituzionalizzato la precarietà nel mondo del lavoro. Come ogni giornale che si rispetti, il giornale distribuito ieri a Milano è diviso in sezioni. Così, l'apertura è dedicata al rifiuto dei Pacs, ma con una avvertenza: l'unione di fatto di cui scrivono i redattori di City of Gods non è quella sentimentale, bensì quella tra editori e pubblicitari. Il secondo titolo è invece dedicato alla notizia bomba dell'abolizione del canone Rai e che i giornali saranno distribuiti gratis, perché saranno prodotti con software che selezioneranno le informazioni e costruiranno gli articoli in linea con i desideri degli inserzionisti. Notizie immaginarie, ma la lettura del giornale riserva non poche sorprese. Come nelle schede di accompagno dei pezzi «portanti»: le notizie lì presenti non sono immaginarie. E' da alcuni mesi che a Milano gruppi di precari hanno cominciato a dialogare con «colleghi» dei media. Incontri, seminari, convegni per stabilire differenze e ripetizioni nelle rispettive condizioni di lavoro. Alcuni dei gruppi di precari hanno alle spalle il percorso della MayDay e di Serpica Naro. Da qui l'idea di dare vita a «Cospirazione precaria», luogo aperto per raccogliere informazioni e costituire una mappa del lavoro precario, utilizzando un un sito Internet dove ogni precario o precaria può segnalare cosa accade nel suo posto di lavoro (www..autistici.org/ip).Un lavoro di «intelligence» per mettere in comune informazioni. Ma il sapere diventa potere, dicono quelli che hanno prodotto City of Gods, solo quando di diffonde capillarmente per dare vita ad azioni comuni.. E la free press diffusa ieri ha visto il contributo di giornalisti e non solo. Con un comunicato «i cospiratori» annunciano che quella di ieri sarà la prima di una serie di incursioni nella carta stampata. In solidarietà con i giornalisti, ma anche per non delegare a nessuno le storie di ordinaria precarietà.
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