Se la Rai pensa multimediale
La Rai si impegna a realizzare per tre anni (fino al 2009) un'offerta multimediale che ha suscitato un certo entusiasmo tra gli esperti del settore. Anche se il sesto articolo del Nuovo contratto nazionale di servizio, approvato dalla Commissione per le garanzie nelle comunicazioni, per ora è null'altro che un elenco di ottimi propositi che solo un cieco ottimismo può credere realizzabili.
Il portale Rai.it dovrebbe diventare, secondo il documento presentato, il contenitore non solo di tutti i contenuti prodotti dall'azienda ma anche di quelli di cui la Rai ha acquisito i diritti. I programmi dovrebbero essere disponibili - sia in streaming che in download - subito dopo la messa in onda in tv, gratuitamente, e attraverso tutte le piattaforme tecnologiche: digitale terrestre (Dtt), tv satellitare, internet e telefonia mobile. Una neutralità tecnologica meritevole (anche se come al solito non si comprende l'utilità di continuare a insistere sul Dtt) e che al momento non offre nessuno, fatta forse eccezione per la Bbc.
Il fatto è che il portale Rai.it attuale è ben lontano da quanto dovrebbe diventare. Offre pochi contenuti rispetto al totale prodotto dall'emittente (e nessuno prodotto da terzi), li offre in formati scadenti, che richiedono player proprietari e non garantisce una qualità decente del servizio nemmeno ai pochi che riescono a connettersi ai server Rai. Un esempio su tutti è la programmazione radio. È questo l'unico caso di riproposizione digitale di quanto messo in onda via etere, ma è necessario utilizzare il software RealPlayer e la trasmissione è assicurata per poche centinaia di utenti. E se la radio usa formati audio compressi e molto leggeri, per il video i problemi aumentano, e aumenteranno, drammaticamente.
I contorni della proposta per i prossimi tre anni diventano poi decisamente utopistici quando si affronta l'accessibilità dei contenuti in base ai criteri del consorzio W3C (massima autorità in materia). Provate a eseguire il test di accessibilità dell'attuale portale Rai e scoprirete centinaia di errori. Per quanto riguarda poi i video, le regole di accessibilità prevedono che siano tutti sottotitolati, presentati in diversi formati e adattabili a diverse risoluzioni video. Sono pochissimi i siti effettivamente accessibili, molti di più quelli invece che truffaldinamente espongono a vanto il logo W3C, tra cui purtroppo molti siti governativi.
Apprezzabile, e forse anche realizzabile, l'istanza per un copyright più leggero sui contenuti marchiati Rai. Questo è un punto su cui speriamo che non si scenda a patti nel prosieguo dell'iter per approvazione definitiva. L'adozione delle licenze Creative Commons obbligatoria per i contenuti autoprodotti, sebbene non sarà priva di difficoltà, dimostra comunque che il lavoro svolto dalla sezione italiana, e guidata da Juan Carlos de Martin, professore al Politecnico di Torino, non è stato vano.
Al di là dei problemi tecnici, che peraltro non vengono menzionati né tanto meno affrontati dal documento, ce ne sono altri forse ancora più insormontabili. Riguardano in prima istanza l'organizzazione interna della Rai, che dovrebbe dimostrarsi improvvisamente dinamica e lungimirante. In secondo luogo i problemi hanno a che fare con i competitor nell'agone del video su internet e su telefonini. Un mercato che si preannuncia molto interessante e su cui si stanno affacciando un po' tutti: telco, emittenti tradizionali, nuove e vecchie internet companies. Qualora i propositi si tramutassero in realtà tutti si troverebbero a fare i conti con un avversario temibilissimo, che fornisce gratuitamente (in realtà via canone) contenuti propri e altrui. Inoltre l'articolo prevede che venga data autorizzazione a chiunque per creare un sito mirror che replica l'offerta Rai, sempre gratis ovviamente.
Il primo reality-check si avrà con la discussione del Nuovo contratto presso la Commissione parlamentare di vigilanza, il cui presidente Landolfi ha già annunciato l'intenzione di aprire una ampia audizione pubblica per sentire tutti gli interessati. La strada si preannuncia impervia per un progetto troppo ambizioso per essere vero.
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