Libertà di stampa: l'anno 2006 in cifre

16 gennaio 2007
Reporters sans Frontieres
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: www.rsf.org - 31 dicembre 2006

Nel 2006:
81 giornalisti uccisi
32 collaboratori dei media uccisi
almeno 871 indagati
almeno 1472 aggrediti o minacciati
almeno 912 media censurati
almeno 56 giornalisti rapiti
A titolo comparativo, nel 2005:
63 giornalisti uccisi
5 collaboratori dei media uccisi
almeno 807 indagati
almeno 1308 aggrediti o minacciati
almeno 1006 media censurati.

L'anno più mortale dal 1994
Nel 2006, almeno 81 giornalisti sono stati uccisi nell'esercizio della loro professione o per aver espresso le proprie opinioni, in ventuno paesi. Bisogna risalire fino al 1994 per trovare una cifra più elevata; in quell'anno ben 103 giornalisti avevano trovato la morte, di cui circa la metà nel genocidio del Rwanda, una ventina in Algeria, vittime della guerra civile, e una decina in ex-Jugoslavia.
32 collaboratori dei media ('riparatori', traduttori, tecnici, agenti di sicurezza, etc.) sono anch'essi stati uccisi nel 2006, contro i 5 dell'anno passato.
A differenza delle altre organizzazioni, RsF conta solo i professionisti dei media per cui è certo che la morte sia in qualche modo legata al loro dovere di informare. Molte decine di altri casi non sono stati contati perché sono ancora in fase di accertamento o sono stati scartati perché non legati all'ambito della libertà di stampa.
Per il quarto anno consecutivo, l'Iraq resta il paese più pericoloso al mondo per i professionisti dei media: 64 di loro (giornalisti e collaboratori) hanno trovato la morte nel 2006. In totale, dall'inizio della guerra, 139 giornalisti sono stati uccisi in Iraq, più del doppio dei giornalisti uccisi nei vent'anni di guerra in Vietnam (63 tra il 1955 e il 1975). In quasi il 90% dei casi, le vittime sono giornalisti iracheni. Le inchieste sono rarissime e non danno mai risultati.
Secondo nel 'palmares' degli stati più pericolosi per i giornalisti, il Messico è diventato il paese più mortale del continente americano, scavalcando la Colombia. Nel 2006, 9 giornalisti sono stati uccisi perché facevano inchieste sui narcotrafficanti o seguivano movimenti sociali violenti. Nella regione di Oaxaca, scossa da lotte sociali a volte degenerate in scontri armati, un cameraman americano, Brad Will, è stato ucciso da una pallottola a fine ottobre. Numerosi altri giornalisti sono rimasti uccisi nel corso degli stessi eventi. Inoltre, il 9 agosto, il corpo senza vita di Enrique Pera Quintanilla è stato ritrovato sul ciglio di una strada nello stato di Chihuahua, nel nord del paese. Era il direttore del mensile 'Dos caras, una verdad' (due volti, una verità), specializzato in informazione su assassinii irrisolti e traffico di droga.
Nelle Filippine, la situazione non è certo migliore. Sei giornalisti sono stati assassinati nel 2006 (sette nel 2005). A fine maggio Fernando Batul, commentatore della radio dyPR, è stato ucciso da colpi di pistola mentre andava al lavoro nell'isola di Palawan (sudovest di Manila). Secondo le autorità, questo crimineè legato alle cronache del giornalista sul comportamento violento di un poliziotto. L'agente è stato indagato e dovrà essere processato prossimamente. Sempre nell'arcipelago, gli assassini di Marlene Esperat, editorialista e militante anti-corruzione uccisa nel marzo 2005, sono stati condannati all'ergastolo. Certo, si trattava solo di esecutori materiali mentre i mandanti restano liberi, ma in un paese in cui l'impunità è la regola, questa decisione di giustizia ha valore di esempio da seguire.
In Russia, tre giornalisti sono stati uccisi nel corso dell'anno (e in totale sono 21 dalla salita al potere di Putin nel marzo 2000). L'assassinio, in ottobre, di Anna Politkovskaja, reporter del settimanale Novaia Gazeta specializzata sulla questione cecena, è servito a ricordare che anche i giornalisti più seguiti e sostenuti dalla comunità internazionale non sono al riparo dalla violenza omicida. Un'inchiesta è in corso. Il Cremlino, pregato dagli stati democratici di fare di tutto per identificare e sanzionare i responsabili di tale crimine, ha messo in campo un'equipe di 150 inquirenti per portare avanti le indagini.
Nel vicino Turkmenistan, la situazione della libertà di stampa non smette di peggiorare nel corso del 2006. Il parossisimo della repressione ingaggiata contro la stampa indipendente è stato raggiunto in settembre, quando la corrispondente di Radio Free Europe, Ogulsapar Muradova, è morta in prigione, sicuramente in seguito alle percosse subite. Malgrado le richieste insistenti dell'Unione Europea, nessuna inchiesta è stata condotta dalla autorità turkmene per chiarire le circostanze della morte dellla giornalista, imprigionata da tre mesi al momento del drammatico evento.
In Libano, durante la guerra con Israelel, una fotografa e un tecnico televisivo sono stati uccisi dai bombardamenti dell'esercito israeliano, In totale, una decina di giornalisti sono rimasti feriti durante gli scontri di ques'estate.

Campagne elettorali particolarmente violente
Più di 1400 casi di aggressioni o minacce sono stati riscontrati da RsF nel corso del 2006. Anche in questo caso, si tratta di un record. Questi atti violenti sono stati particolarmente numerosi durante le molte campagne elettorali dell'anno 2006.
In Bangladesh, le aggressioni contro i giornalisti – già frequenti in condizioni normali – erano quotidiane a fine anno, a qualche settimana dalle elezioni legislative cruciali per il paese. Le forze dell'ordine, ma anche i simpatizzanti di diversi partiti politici, sono responsabili di tali violenze.
Nel continente americnao, una decna di paesi hanno avuto delle consultazioni nazionali importanti durante l'anno. In Perù all'inizio di marzo, un mese prima delle elezioni presidenziali, RsF aveva già calcolato più di dieci casi di aggressioni contro giornalisti, e altrettanti casi di minacce. A Marilia, nel sud del Brasile, i locali di un quotidiano sono stati saccheggiati dai sostenitori di un eletto locale, il giorno stesso del primo turno delle elezioni generali.
In Repubblica Democratica del Congo, i sostenitori dei due principali candidati – Joseph Kabila, presidente uscente, e il suo rivale Jean-Pierre Bemba – se la sono regolermente presa con i giornalisti 'del campo avverso'. In Uganda come in Etiopia, un inviato speciale straniero è stato espulso in periodo elettorale.
Infine in Bielorussia, qualche giorno dopo la rielezione di Alexsandr Lukashenko a capo del paese, a marzo 2006, un'ondata repressiva si è abbattuta su oppositori e giornalisti. Una decina di reporter locali e alcuni inviati speciali stranieri sono stati aggrediti, tra cui Oleg Ulevitch, corrispondente del giornale Komsomolskaja Pravda. Il reporter, di nazionalità russa, ha avuto una frattura del naso a causa delle percosso di poliziotti in borghese.

Censura e arresto, pratiche sempre abbondantemente utilizzate
Il numero dei casi di censura è leggermente diminuito: 912 casi contro 1006 l'anno prima. Nel 2005 era stato il Nepal il paese con la maggior censura; il cessate il fuoco firmato nell'estate 2006 ha permesso alla stampa nepalese di respirare un po'. I giornalisti imprigionati sono stati liberati e le numerose radio locali hanno potuto riprendere liberamente il loro lavoro.
Quest'anno invece il maggior numero di casi di censura è stato riscontrato in Thailandia. L'indomani del colpo di stato militare, il 19 settembre 2006, più di 300 radio comunitarie sono state chiuse, insieme a molti siti internet. La situazione è ritornata alla normalità nel giro di alcune settimane.
E' daltra parte impossibile qunatificare la censura inCina, Corea del Nord o Birmania, ad esempio. In questi paesi, misure globali sono state prese contro la professione nel complesso, toccando nello stesso momento diverse decine, se non centinaia, di organi di stampa.
Il web è strettamente controllato in diversi paesi del pianeta. RsF ha reso pubblica a novembre una lista di tredici 'nemici di internet': Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Vietnam. In questi stati, blogger e cyberdissidenti sono stati regolarmente imprigionati per essersi espressi liberamente sulla rete. Dei siti sono stati chiusi, resi inaccessibili o filtrati e i forum di discussione sono stati epurati dei messaggi più critici.
In totale, durante l'anno 2006, circa una trentina di blogger sono stati arrestati e detenuti per numerose settimane, in particolare in Cina, Iran e Siria.L'Egitto ha, per la prima volta, fatto la sua apparizione nella lista dei 'nemici di internet' per la sua repressione sempre più dura verso i blogger critici verso il presidente Hosni Mubarak o l'Islam.
Almeno 871 giornalisti sono stati privati della libertà nel 2006 nel mondo. Alcuni sono stati interrogati per qualche ora, altri condannati a pesanti pene detentive.
Tra questi ultimi, i casi di Zhao Yan e Ching Cheong, in Cina, hanno suscitato forti reazioni da parte della comunita internazionale. I due uomini, che collaborano con organi di stampa stranieri, dovranno passare rispettivamente 3 e 5 anni in prigione. Per il loro processo d'appello, la giustizia non si è neanche degnata di organizzare un'udienza, privando così i condannati di ogni possibilità di difendersi.
In Turkmenistan, la morte a fine anno del presidente a vita Separmorad Niazov potrebbe mettere fine all'oppressione che ha finora pesato su giornalisti e difensori dei diritti dell'uomo. Due di loro – Annakurban Amanklytchev e Sapardurdy Khajiev – sono stati condannati a giugno a pene di sei e sette anni di prigione per aver aiutato un giornalista straniero a realizzare un reportage sul loro paese.
In Birmania il celebre giornalista e militante della causa democratica Win Tin ha passato il suo diciottesimo anno dietro le sbarre, Ha ricevuto il premio Reporters sans frontières – Fondation de France 2006 per la sua battaglia in favore della libertà di espressione.

Una preoccupazione supplementare; i rapimenti dei giornalisti
Per la prima volta, RsF ha contato anche, in modo preciso, il numero di giornalisti rapiti nel mondo.
Almeno 56 giornalisti sono stati rapiti nel 2006, in una decina di paesi. Le due zone più a rischio sono l'Iraq, dove 17 professionisti della stampa sono stati portati via dall'inizio dell'anno, e la striscia di Gaza, dove 6 reporter sono stati rapiti. Se nei territori palestinesi tutti questi rapimenti si sono conclusi con delle liberazioni, in Iraq sei professionisti dei medi sono stati vittima di esecuzioni da parte dei loro rapitori.
RsF ha incontrato a fine 2006 il capo di stato iracheno Jalal Talabani, per esortarlo a prednere delle misure che mettano fine a tali pratiche. L'organizzazione si è allo stesso modo riunita a Gaza, per domandare al presidente Mahmoud Abbas e ai responsabili delle principali fazioni palestinesi di usare la loro influenza per spingere i loro sostenitori e l'insieme della popolazione a non prendersela più con i professionisti della stampa.

Note: Articolo originale (francese): http://www.rsf.org/article.php3?id_article=20283
Scarica il bilancio completo (francese): http://www.rsf.org/IMG/pdf/bilan2006_FRA.pdf
Tradotto da Chiara Rancati per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile per scopi non commerciali citando la fonte, l'autore e il traduttore.

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