Che succede nei giornali

23 gennaio 2007
Roberta Carlini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

«Stampa e regime», è il titolo antico e contemporaneo della mattutina rassegna stampa di Radio Radicale. La stampa non se la passa benissimo. Non guardiamo solo in casa dei giornalisti (senza contratto da 694 giorni), ma anche nei salotti buoni dei loro editori: il Corriere della Sera è nella bufera per lo spionaggio industrial-editoriale di uno dei suoi azionisti a danno di suoi alti dirigenti e giornalisti, mentre in Confindustria si litiga sul futuro del Sole 24 ore. Quanto al «regime»: dalla maggioranza di governo, in profonda e innegabile difficoltà, arrivano strali contro gli editori, accusati di usare i loro giornali come bastoni (D'Alema) o di predicare bene e razzolare malissimo (Prodi). Viene da chiedersi: cosa sta succedendo, tra stampa e regime?
Le vicende del Corsera non sono nuovissime, e il suo vicedirettore Massimo Mucchetti - uno degli spiati - le aveva denunciate nel libro «Il baco del Corriere». Però nuove sono le conclusioni dei giudici, secondo i quali in Telecom non c'era una banda di spioncelli autogestita ma un gruppo che lavorava al servizio di qualcuno molto in alto. Il «qualcuno» sarebbe Marco Tronchetti Provera, ex presidente della Telecom e presidente della Pirelli; il quale si proclama innocente e a tutt'oggi non è indagato. Forse mai lo sarà, o forse vedrà dimostrata la sua estraneità ai fatti, o ancora forse emergerà che «così fan tutti», ossia che i suoi avversari ne facevano di altrettanto sporche. Fatto sta che la vicenda ci dà uno spaccato non edificante dei proprietari del Corriere, intenti a farsi la guerra in salotto con tutti i mezzi; mentre da più parti ci si chiede come lo stesso scandalo condizionerà il futuro assetto del giornale, e chi ci metterà le mani al prossimo giro: domanda non nuova, dai tempi della P2.
Più felpata è la guerra ai vertici dell'editore del Sole 24 Ore: dove il presidente Cordero di Montezemolo, dopo aver de-berlusconizzato Confindustria e il suo giornale, ha voluto spostare di nuovo il timone e riequilibrare l'assetto di vertice, a garanzia della parte degli industriali più critica verso la sua gestione (i fischiatori di Vicenza, per semplificare). Con questa rilevante correzione, pare che il Sole si avvii in pompa magna a quotarsi in Borsa, cioè a diluire la sua proprietà tra tanti azionisti. Ma nessuno pensa che questo diluirà il controllo dell'azionista principale, che resterà sempre la Confindustria col club di grandi imprenditori che la governa.
Insomma: se davvero i giornali sono come bastoni, nessuno vuole mollarne la presa, tanto più in un momento di politica debole, in cui si fanno e disfano maggioranze ma anche affari. Scorrendo l'elenco dei nomi degli editori si ha un'idea della loro dipendenza dalle decisioni del governo: basti pensare all'indebitata Telecom e all'abortito piano di salvataggio Rovati, ai pretendenti di Alitalia, a Cordero e Della Valle che corrono per fare i treni privati, alle cliniche e ai piani regolatori. Se si escludono gli imperi bancari, veri poteri forti, non è che gli altri possano permettersi di tirare la corda più di tanto.
In tutto ciò la politica (o meglio, il ceto politico) ondeggia: un giorno conta sulla sua forza mercantile rispetto a questo o quel giornale, un altro piagnucola per gli attacchi mediatici e va al contrattacco. Prodi e i suoi vogliono davvero tagliare le unghie al conflitto di interesse nei media? Smettano di pensare solo alla tv, e propongano una legge per separare la proprietà dei giornali e di tutti i media da quella di imprese non editoriali.

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