Www e Al Jazeera non c'è più
Www e Al Jazeera non c'è più
Il sito Internet in inglese dell'emittente del Qatar
è durato meno di 24 ore, poi è misteriosamente scomparso. Due le ipotesi
più accreditate: l'eccessiva e incontrollata affluenza di utenti o un'azione
di pirateria informatica condotta dal server Usa
DONATELLA DELLA RATTA
Al Jazeera esiste in rete, e parla in inglese. Solo che
non si vede. L'attesissimo sito web in inglese dell'emittente del Qatar ha fatto
il suo ingresso ufficiale su Internet un po' in sordina, lo scorso lunedì.
Fra i pochi fortunati che hanno potuto vederlo, Josef Federman, del Wall
Street Journal, ne commenta «l'atteggiamento volto a provocare i lettori
occidentali». In realtà, da mercoledì, è impossibile vedere
anche il sito in lingua araba, a causa di attacchi di pirati informatici. Il
direttore, Abdel Aziz Al-Mahmoud, ha precisato che il sito era rimasto bloccato
dopo aver diffuso immagini di soldati americani uccisi e che i tecnici stanno
lavorando per ripristinarlo al più presto. Mentre per l'edizione web in
inglese nessuno sa dire quando tornerà a funzionare. Si tratta di una versione
piuttosto scarna, confezionata sull'urgenza della guerra, che mostra una chiara
linea editoriale già dai titoli degli articoli: «Misinformation Basra»
- sui dubbi del successo militare americano nella città irachena - o ancora
«Has Israeli lobby influenced this war?» - sull'ipotesi di una pressione
israeliana riguardo all'andamento del conflitto. E poi, naturalmente, le foto
dei soldati americani uccisi e dei marines fatti prigionieri dagli iracheni.
Poco contenuto, perché «per adesso volevamo soltanto far partire il
sito», ha commentato Joanne Tucker, ex giornalista della Bbc, passaporto
anglo-americano, arabo fluente, oggi responsabile della versione inglese on
line di Al Jazeera.
Sempre i pochi fortunati che hanno potuto vederlo nelle ore di attività,
riportano che conteneva una sezione interamente dedicata alle opposizioni alla
guerra in tutto il mondo. In più, pare che il sito in inglese contenesse
anche un blog - i diari sulla rete che stanno diventando un utilissimo
strumento di controinformazione dalle zone di guerra - da Baghdad, una descrizione
molto emotiva del bombardamento ad Al Salam, palazzo del potere iracheno dove
la tv del Qatar era solita intervistare personalità politiche. Il blog,
come altri articoli, pare non fossero firmati, cosa che ha sollevato le proteste
di molti giornalisti occidentali. Anche riguardo a quest'ennesima polemica,
bisogna però accontentarsi delle descrizioni di quei pochi fortunati che
hanno avuto accesso al sito, scomparso dopo meno di 24 ore dalla rete. La causa?
Ufficialmente, per il momento, è ignota. Ma due sono le ipotesi più
plausibili. Nabil Hegazi, assistente del direttore editoriale del sito in inglese
di Al Jazeera, sostiene che il traffico sul sito nelle prime ore di esistenza
è stato quattro volte superiore alle previsioni. Concorda anche Roopak
Patel, della Keynote Systems Inc., società californiana che si occupa di
testare le prestazioni del web, sottolineando che il sito è stato messo
insieme in fretta, senza fare le prove necessarie per testarne il corretto funzionamento.
Ma c'è un'altra versione in circolazione, riportatata dall'Associated Press
e sposata dal Wall Street Journal: quella di Ayman Arrashid, della Horizons
Media and Information Services, la società che ospita uno dei server su
cui gira il sito. Al Jazeera on line in inglese sarebbe stata oggetto di pirateria
informatica, condotta proprio negli Usa, dal momento che dei tre server su cui
gira il sito - uno in Qatar, uno in Francia, e l'altro negli Stati uniti - solo
quest'ultimo è stato vittima dell'attacco.
Certo è che questi sono giorni difficili per Al Jazeera, espulsa dalla
Borsa di New York e in molti paesi arabi. I due giornalisti della rete del Qatar
accreditati a Wall Street non potranno più avere accesso all'area delle
trattative della Borsa. Il suo portavoce, Ray Pellecchia, ha liquidato Al Jazeera
dichiarando che «dobbiamo concentrare i nostri sforzi sui network che fanno
una copertura responsabile». Dichiarazione che fa il paio con quella
di Rumsfeld a proposito delle immagini dei prigionieri americani ritrasmesse
da Al Jazeera: «Le tv che mostrano certe immagini stanno compiendo, direi,
un gesto infelice». Ma stavolta si riferiva inequivocabilmente alla
guerra.
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