Anche il quotidiano La Stampa di Torino, per la penna del suo commentatore Riccardo Barenghi (già direttore del manifesto), inciampa nella clamorosa disinformazione sulle attività del garante. Ecco la prosa: «Pizzetti ha fatto finta di niente, lui che doveva garantire la privacy non si curava della privacy di tanta gente. Molti di loro, come Sircana, non colpevoli di nulla (se non di farsi gli affari loro, ovviamente sessuali, che sennò non c'è notizia). Ma vittime, come Sircana, di un tentativo di estorsione. Niente, il Garante non c'era e se c'era dormiva». Vale per il direttore Giulio Anselmi, l'invito a farsi un giro per il sito del garante, prima di aprire campagne disinformate, lui, che avendo diretto l'Ansa, ha sempre praticato il metodo che le notizie si verificano, magari persino con gli interessati.
Pregevole invece, e tempestivo, l'editoriale del Corriere della Sera, a firma Pierluigi Battista che ha definito «Fangopoli» le recenti storie italiane.
Peccato soltanto che lo stesso quotidiano, nello stesso giorno, abbia tranquillamente proseguito con i verbali di interrogatorio delle veline, evidentemente destinatarie di minor rispetto.
Nelle reazioni dei giornalisti ci sarebbe un sano orgoglio per il loro ruolo di osservatori critici dei poteri, che non guardano in faccia a nessuno. Fosse vero, che contentezza. Ma come dimenticare il breve messaggio di testo spedito da Anna Falchi al marito Ricucci, prontamente mandato in stampa (nell'occasione da Repubblica)? Era totalmente fuori tema, ininfluente, privo di qualunque valore informativo rispetto all'inchiesta. Privati sentimenti che tali dovrebbero restare. Il guaio è che troppo giornalismo italiano, anche di quello con i galloni, non solo pratica, ma teorizza, tali cronache. La scusa che i caporedattori si danno è che se non lo pubblichiamo noi, lo faranno gli altri.
Parole chiave:
privacy
Sociale.network