«Il tetto della Gentiloni? Un tappo alla concorrenza» (Anche per chi tifa Unione)
MILANO - Un «provvedimento illiberale», che manda «segnali negativi» a un sistema economico che ha invece bisogno «di più mercato e più concorrenza». Con una doppia conseguenza: al danno economico si aggiunge infatti quello «politico», visto che penalizzando i ricavi e gli utili di Mediaset il centrosinistra non fa che perseverare nella logica di «demonizzazione dell' avversario», Silvio Berlusconi, che impedisce di dare al Paese «assetti più stabili e meno sterilmente conflittuali». E' un' analisi impietosa quella che Franco Debenedetti, senatore e grande esperto di industria tecnologica, rivolge al disegno di legge presentato dal ministro Paolo Gentiloni per riformare il sistema televisivo nazionale. Lo fa nel suo ultimo pamphlet, «Quarantacinque percento» in libreria tra pochi giorni, per l' editore Rubbettino. Il punto di partenza sta proprio in quel 45% indicato dal disegno di legge come limite massimo agli introiti pubblicitari che un' azienda può avere rispetto al totale del mercato. «Mettere per legge un tetto al fatturato di un' impresa è cosa davvero singolare per chi riconosce nella concorrenza tra imprese il propulsore della crescita del sistema economico - scrive Debenedetti -. Che concorrenza c' è se la si limita? Se poi il tetto è retroattivo, e impone di ridurre il proprio fatturato, la cosa appare ancora più singolare. Se riguarda una sola azienda, assume connotazioni politiche che sollevano preoccupanti interrogativi. E se, infine, questa azienda è quotata, le conseguenze del non garantire i diritti di proprietà investono tutto il sistema economico». Insomma, una legge che «si pone l' obiettivo di aumentare la concorrenza», ma che in realtà «ha il solo scopo di tagliare il fatturato di Mediaset». E' questo, secondo Debenedetti, il vizio di fondo del progetto Gentiloni. E il «danno politico», lo subirà, paradossalmente, il centrosinistra, colpevole di «piegarsi a chi vorrebbe vendicarsi e regolare i conti una volta per tutte». «Il centrosinistra - scrive il senatore - perde leadership se adotta strumenti analitici e prassi regolatorie antiquate, inadeguate a comprendere le dinamiche e le determinanti di uno dei settori più dinamici dell' economia». Secondo Debenedetti, infatti, il nuovo disegno di legge «anziché indirizzare il futuro, punta a ripristinare il passato per cambiare il presente». In altri termini, cerca di «spezzare» un duopolio Rai-Mediaset che appare già oggi superato dalla realtà, sia per effetto della tv digitale terrestre (dove il 40% della capacità trasmissiva dovrà essere riservata a emittenti alternative, come prescrive la legge Gasparri) sia per il successo della pay tv satellitare Sky, sia a causa delle nuove piattaforme tv che si stanno sviluppando su protocollo internet. «Il mondo del duopolio, quello che Gentiloni vorrebbe normare, è entrato in una vecchiaia lunga, fa parte di un passato demografico e sociologico più ancora che tecnologico, in cui non succede più quasi nulla di nuovo».
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