Una lettera inutile a Paolo Mieli
Quando l'ho chiamato per dirgli che avevo mandato una lettera di protesta al suo giornale, il Corriere della Sera, lui a un certo punto mi ha detto: «Lo sai, facciamo lo stesso mestiere». Ho resistito alla tentazione di replicare: «Non credo proprio». Non conosco Alessandro Capponi, redattore del giornale di Paolo Mieli, e non mi interessa affatto. Ne parlo qui soprattutto per mettere in guardia da uno stile giornalistico scostumato. Per spiegarmi, riproduco qui la lettera che ho inviato al Corriere: «Egregio direttore, sul Corriere della Sera di martedì 27 marzo, nelle pagine sulla contestazione a Bertinotti, il mio settimanale, Carta, viene citato come parte della "galassia dei ribelli rossi". La nostra testata compare tra due falci-e-martello, quelle di 'Alternativa comunista' e quella del "Partito comunista dei lavoratori", a segnalarci come una "tra le principali anime che si posizionano a sinistra del Prc". E' davvero disperante come, dieci anni dopo la fondazione del nostro giornale, ci si ritrovi sempre al punto di partenza. Noi siamo quelli della nonviolenza (il dibattito in Rifondazione nacque da una lettera di Marco Revelli a Fausto Bertinotti pubblicata su Carta), quelli della decrescita (la critica allo sviluppo nata grazie al lavoro di Serge Latouche), quelli della critica della "presa del potere" come finalità della politica di sinistra (noi abbiamo pubblicato "Cambiare il mondo senza prendere il potere", il saggio di John Holloway che è un successo mondiale), quelli della democrazia partecipativa (abbiamo per primi raccontato il bilancio partecipativo di Porto Alegre). Potrei continuare con gli esempi. E suggerire che sarebbe più appropriato accostare la nostra testata a quella di Nigrizia, ad esempio. Ma la domanda che le rivolgo, visto che lei si diletta di storia, è: cos'hanno a che fare nonviolenza, decrescita e critica del potere con la cultura comunista del Novecento? Non sarebbe ora di riconoscere che in giro c'è qualcosa di nuovo?».
Cosa accade, dunque? Che i redattori dei grandi giornali conoscono - per sentito dire - solo il già dato, e che adoperano come fonti - per inerzia - principalmente gli altri giornali. Esemplare è la vicenda che ha riguardato Marco Revelli. Sempre il Corriere della Sera, un paio di settimane fa, ha raccontato di un'assemblea torinese sul caso Turigliatto, cui anche Marco ha partecipato. Il messaggio è che Revelli è parte attiva nella lotta di correnti in Rifondazione. L'interessato manda subito una lettera, ma è inutile: subito dopo l'Espresso e la Stampa raccontano di un Revelli che si appresta a fondare un «partitino comunista molto radicale». Come possa venire in mente a qualcuno che l'autore di «Oltre il Novecento» possa partecipare a «partitini comunisti» lo sa solo Iddio. Tanto più che proprio in quei giorni Revelli pubblica su Carta, e in stralcio sul manifesto, una lettera a Fausto Bertinotti che muove una critica dal versante opposto a quello delle estreme sinistre assortite.
Ora mi è arrivato l'invito alla presentazione del libro di Bertinotti, «La città degli uomini», volume che riassume un percorso intellettuale che ha incontrato la nonviolenza e la critica del potere (poi, ciascuno può pensare quel che vuole di come Bertinotti e Rifondazione oggi stanno nelle istituzioni). A presentare il libro, Paolo Mieli. Ossia il dottor Jeckill, lo storico e fine conoscitore dei movimenti culturali nella sinistra. Il Mieli mister Hyde, intanto, confeziona sul Corriere un racconto rozzo e non veritiero di quel che si muove dalle nostre parti. Godendo della più totale impunità.
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